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In Calabria si muore più facilmente: colpa della cattiva sanità

La Calabria è la regione in Italia con il più alto tasso di mortalità infantile (4,7 per mille per nati vivi). L’età media alla morte in Calabria è inferiore rispetto alla media nazionale con una …

Pubblicato il: 26/04/2017 – 10:10
In Calabria si muore più facilmente: colpa della cattiva sanità

La Calabria è la regione in Italia con il più alto tasso di mortalità infantile (4,7 per mille per nati vivi). L’età media alla morte in Calabria è inferiore rispetto alla media nazionale con una punta negativa a Crotone che è tra le 10 province italiane in cui si muore più giovani. Sono dati che certificano che la programmazione sanitaria in Calabria è stata sempre un’incompiuta. Il Sistema sanitario regionale, stretto dai vincoli del piano di rientro, non riesce a fare un salto di qualità, se non con poche eccezioni, non riesce a garantire sostanzialmente i Lea e i Lep, genera differenze insostenibili in termini di equità fra la popolazione. Guardando, ad esempio, la provincia di Reggio Calabria in relazione a due servizi essenziali come quello dei punti nascita e della rete di emergenza-urgenza per le patologie cardiologiche notiamo che, in relazione ai punti nascita, i tempi per raggiungere un centro dove partorire superano oggi, per almeno un terzo della popolazione residente, i 60-90 minuti e che il 40% della popolazione della provincia nel caso di emergenza di tipo cardiologico si troverebbe nell’impossibilità oggettiva di raggiungere entro 60 minuti, tempo che gli studi epidemiologici rilevano essere quello che garantisce un più basso tasso di mortalità e di morbilità, un centro attrezzato per la terapia emodinamica, ma anche nell’impossibilità sostanziale di raggiungere lo stesso centro in massimo 120 minuti che costituisce il limite superiore al di sopra del quale il rischio di un evento avverso cresce esponenzialmente. 
Ciò significa che la rete emergenza-urgenza e la rete dei punti nascita come è attualmente realizzata è assolutamente inadeguata a garantire la salute di una fetta consistente della popolazione e, nello stesso tempo, di fatto crea cittadini di serie A e cittadini di serie B. 
La probabilità infatti di sopravvivere ad un infarto è almeno 10 volte superiore per chi viene colpito da questo evento nel centro storico di Reggio Calabria piuttosto che nel Comune di Roccaforte del Greco. Lo stesso ragionamento è valido per i rischi di disabilità permanenti per il nascituro nel caso delle emergenze ostetriche.
Come può quindi tollerarsi in un paese civile la situazione che due cittadini che pagano le stesse tasse e che hanno uguali diritti e uguali doveri siano poi di fatto discriminati in una maniera così forte in relazione ad uno dei diritti più importanti quale è il diritto alla salute e il diritto all’accesso alle cure?
Una riflessione su questo tema sarebbe doverosa anche per evitare che il taglio della spesa sanitaria, giustificato formalmente con la necessità di ridurre gli sprechi, non si traduca in un taglio dei diritti dei cittadini il cui costi sociale è misurato in un maggior numero di morti e in un maggior numero di invalidi.
I dati sulla mortalità su esposti altro non sono che la certificazione plastica del sostanziale fallimento della politica sanitarie regionali degli ultimi venti anni nell’assicurare una sanità di qualità e, soprattutto, uguale per tutti e accessibile a tutti. 
Il superamento della logica, ormai inaccettabile, del piano di rientro è il primo passo per la costruzione di una sanità moderna e soprattutto uguale per tutti in Calabria.

*Docente Università Mediterranea Reggio C.

 

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