Delitto Congiusta, i pm: ergastolo per Costa
REGGIO CALABRIA Il boss Tommaso Costa è il mandante dell’omicidio del giovane imprenditore sidernese Gianluca Congiusta e per questo deve essere condannato all’ergastolo. È identica a quella che già…

REGGIO CALABRIA Il boss Tommaso Costa è il mandante dell’omicidio del giovane imprenditore sidernese Gianluca Congiusta e per questo deve essere condannato all’ergastolo. È identica a quella che già quattro anni fa i giudici della Corte d’assise d’appello avevano accolto la richiesta di condanna avanzata oggi dai pm Antonio De Bernardo e Domenico Galletta al termine della loro requisitoria nel processo bis per l’omicidio Congiusta. Un procedimento tornato all’esame dei giudici per ordine della Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso dei legali del boss Costa.
Nel marzo 2013, i giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria avevano identificato in Tommaso Costa il mandante dell’omicidio di Gianluca Congiusta, vittima innocente della strategia con cui il boss puntava a strappare ai rivali Commisso l’egemonia criminale, conquistata negli anni sanguinosi della faida di Siderno. Una guerra che aveva visto la famiglia Costa perdere uomini, territorio e ricchezze, ma non soccombere, e ripresentarsi anni dopo con il volto e la mente di Tommaso Costa, determinato a tessere una rete di alleanze con i clan emergenti, destinata a mettere in difficoltà la consorteria rivale dei Commisso. Una strategia segreta, e che tale doveva restare, fino a quando il nuovo cartello non fosse stato pronto allo scontro. Per questo la determinazione di Gianluca a rivelare il contenuto della lettera estorsiva, inviata dai clan dell’emergente cartello al suocero, andava fermata. Per questo Gianluca doveva essere eliminato. I Commisso non potevano e non dovevano capire cosa Costa stesse architettando, ma soprattutto nessuno, nel regime di terrore imposto dall’emergente boss, doveva permettersi di trasgredire al suo volere. Per questo, la sera del 24 maggio del 2005 Gianluca Congiusta è stato ucciso con un unico, devastante, colpo di pistola alla testa. Questa la tesi della Dda di Reggio Calabria che ha convinto tanto i giudici di primo come di secondo grado, ma che non ha superato lo scoglio della Cassazione.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it