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TRASH | Il clan De Stefano "padrone" dei rifiuti: 5 fermi a Reggio

REGGIO CALABRIA Finiscono nuovamente in manette e con la pesante accusa di estorsione pluriaggravata Orazio De Stefano e il nipote Paolo Rosario, insieme ad altri tre esponenti di spicco del noto c…

Pubblicato il: 11/05/2017 – 5:30
TRASH | Il clan De Stefano "padrone" dei rifiuti: 5 fermi a Reggio

REGGIO CALABRIA Finiscono nuovamente in manette e con la pesante accusa di estorsione pluriaggravata Orazio De Stefano e il nipote Paolo Rosario, insieme ad altri tre esponenti di spicco del noto casato mafioso di Archi. Sono tutti accusati di aver messo le mani sulla società di smaltimento rifiuti Fata Morgana, fallita negli anni scorsi, che a Reggio, come in altri Comuni del circondario gestiva la raccolta differenziata. Fra le attività c’erano anche la costruzione di impianti per il trattamento, valorizzazione e la collocazione temporanea e definitiva dei rifiuti, la bonifica dei siti contaminati da attività di smaltimento di rifiuti, manutenzione e altri servizi. 
Secondo quanto emerso dall’indagine, il clan avrebbe di fatto controllato la società, così come alcune società a capitale privato operanti nell’indotto, ed in particolare nella fabbricazione e manutenzione dei mezzi utilizzati per la raccolta dei rifiuti, imponendo il pagamento di ingenti somme di denaro a titolo di estorsione, la scelta di fornitori compiacenti e l’assunzione di personale gradito.

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(L’intervista al capo della Squadra mobile Rattà)

LA SCALA GERARCHICA A dettare la linea strategica, sostengono gli inquirenti, era Orazio De Stefano,catturato nel 2004 dopo 16 anni di latitanza, e attuale vertice della linea gerarchica del clan, cui era stata delegata l’infiltrazione del settore della raccolta dei rifiuti e la stipula di patti spartitori con altre cosche della ‘ndrangheta coinvolte nello stesso settore. Era lui che impartiva le direttive strategiche ai sodali dell’organizzazione che controllava il comparto rifiuti. Immediatamente sotto di lui c’era il nipote Paolo Rosario, incaricato di gestire gli aspetti operativi delle attività di infiltrazione della cosca nel settore della raccolta rifiuti; di tenere direttamente i rapporti con le parti offese, tra i quali il direttore operativo della società partecipata Fata Morgana S.p.a., di avanzare richieste estorsive; di riscuoterne le somme, nonché di impartire disposizioni agli altri affiliati al fine di porre in essere azioni correlate alla consumazione delle attività estorsive.

LA PREZIOSA COLLABORAZIONE DI AIELLO A mettere gli inquirenti sulle tracce dei De Stefano e a spiegare in dettaglio come abbiano messo le mani sul lucrativo settore dei rifiuti è stato il pentito Salvatore Aiello, cugino di Orazio De Stefano, forse anche per questo diventato responsabile tecnico della società Fata Morgana per il triennio 2007-2010. Ma sulla pista i segugi della Dda lavorano da tempo. Il settore di business delle municipalizzate è sempre stato considerato cruciale non solo per gli enormi flussi di danaro pubblico finiti nelle casse dei clan, piuttosto che nei servizi alla cittadinanza, ma soprattutto per la definizione degli equilibri stabiliti all’indomani della seconda guerra di ‘ndrangheta.
Proprio sulla spartizione delle partecipate, infatti – hanno già svelato diverse inchieste, confortate da sentenze anche definitive – è stata consolidata la nuova architettura criminale governata dal direttorio di clan, che dalla fine della seconda guerra di ‘ndrangheta è stato arbitro e beneficiario di appalti, lavori, estorsioni e strategie.

IL PIZZO I soggetti fermati sono, inoltre, accusati di estorsione aggravata e continuata in concorso, per avere, mediante violenza e minaccia, costretto Salvatore Aiello a consegnare, a partire dall’anno 2002, una somma pari 1.000-2.000 euro circa per ciascuna commessa e, a partire dall’anno 2005, una somma pari a 15.000 euro mensili agli esponenti della cosca De Stefano che si occupavano di raccogliere le estorsioni. Inoltre, Fata Morgana era obbligata a concludere contratti con fornitori di beni e servizi indicate dal clan; e avrebbe assunto almeno sei persone su espressa indicazione degli uomini della cosca. 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

 

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