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Minniti premia il sogno di Manraj

«Non mi sento né italiano, né indiano. Sono entrambe le cose. Sono Manraj». Di ritorno dai due giorni di permesso che seguono il giuramento ufficiale da carabiniere allievo, Manraj Singh sembra quasi…

Pubblicato il: 21/06/2017 – 9:11
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Minniti premia il sogno di Manraj

«Non mi sento né italiano, né indiano. Sono entrambe le cose. Sono Manraj». Di ritorno dai due giorni di permesso che seguono il giuramento ufficiale da carabiniere allievo, Manraj Singh sembra quasi stupito dal clamore mediatico che il suo diploma ha suscitato. È stato il più bravo del corso, per questo sabato è stato il comandante generale dell’Arma, il generale Tullio Del Sette, ad appuntargli gli alamari sulla giubba alla presenza del ministro dell’Interno Marco Minniti. Quel momento è diventato una foto che ha fatto il giro del web, ma lui – ragazzone con mani e occhi grandi incastrati in una faccia da bambino – non sembra farci caso.

SOGNI E SIMBOLI Per lui, quegli alamari sono “solo” la concretizzazione di un sogno coltivato fin da adolescente, ma nell’Italia che ancora si aggroviglia attorno ad una legge di civiltà come lo ius soli sono un manifesto. Perché Manraj è diventato il simbolo di quello che potrebbe normalmente essere, ma oggi è eccezione. Figlio di genitori indiani, Manraj è diventato italiano a 18 anni. «I miei sono del Punjab, la parte Nord Ovest dell’India. Mio papà è qui da una trentina d’anni. In India faceva l’agricoltore ma voleva una vita diversa, migliore, per questo ha deciso di emigrare. È stato per otto anni in Libano, dopo ha deciso di venire qui. E cinque anni dopo l’ha raggiunto mia madre». All’epoca, stavano ad Anzio. «Ed è lì che sono nato io. Poi, quando avevo dieci anni ci siamo trasferiti in Veneto».

UNA CASA TRA VENETO E ARMA Del Veneto, il ragazzo ha la cadenza, i modi di dire. In Veneto ha vissuto un’adolescenza serena e senza troppi problemi, se non – ricorda – «un unico episodio spiacevole. Giocando a calcio a scuola, c’è stato un avversario che mi ha rivolto un commento poco carino, ma nulla di più grave. Con gli insegnanti, i compagni non c’è mai stato alcun problema». In Veneto ha capito quale fosse il suo obiettivo di vita, perché – dice – «da noi, al Nord, c’è sempre stata un’alta considerazione dei carabinieri. Vengono visti come l’istituzione più vicina. L’arma la si trova dappertutto, i carabinieri sono dappertutto e questo per me è il modo migliore per tutelare i cittadini». Un obiettivo che lui vuole perseguire nel campo della tutela dell’alimentare (e non solo) made in Italy.

IL VALORE DELLE DIFFERENZE «A me piacerebbe far parte dei Nas, mi appassiona il lavoro di contrasto alle contraffazioni, ai malfunzionamenti all’interno delle aziende, nei luoghi di stoccaggio delle merci. Ho lavorato in un’azienda che si occupava di imbottigliamento di vini, già conosco le normative hcccp e quelle che riguardano il trattamento dei generi alimentari e mi piacerebbe approfondire e specializzarmi in questo campo». Ma questo non è l’unico bagaglio che Manraj possa mettere a disposizione. «Ho origini indiane, la cultura della mia famiglia è indiana, ma sono cresciuto in Italia. Ho fatto mie tutte le culture cui appartengo. Questo mi ha permesso di apprezzare e valorizzare le differenze, mi ha aiutato a vedere le cose da diversi punti di vista. E penso sia una cosa che possa essere utile. Di certo, cercherò di dare tutto quello che ho per il bene dell’Arma e per il bene dell’Italia».

a. c.

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