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«Ci fanno vivere come schiavi», il racconto dei migranti della coop di Lucchino

CATANZARO «Viviamo come schiavi, ci vergogniamo a stare sui marciapiedi o davanti ai negozi per chiedere l’elemosina, nel nostro Paese non lo abbiamo mai fatto ma qui siamo costretti dalle circostanz…

Pubblicato il: 28/07/2017 – 10:05
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«Ci fanno vivere come schiavi», il racconto dei migranti della coop di Lucchino

CATANZARO «Viviamo come schiavi, ci vergogniamo a stare sui marciapiedi o davanti ai negozi per chiedere l’elemosina, nel nostro Paese non lo abbiamo mai fatto ma qui siamo costretti dalle circostanze». Questo raccontavano, il 25 marzo 2016, agli attivisti della campagna “LasciateCIEntrare” gli ospiti della struttura di Feroleto Antico gestita da Salvatore Lucchino, arrestato oggi in quanto accusato di aver dato una mazzetta alla funzionaria della Prefettura, Nerina Renda, per ottenere una convenzione per la gestione dei migranti. Da quella visita è nato uno dei tanti report che i volontari hanno divulgato nel corso della loro campagna in tutta la Calabria. «Li incontriamo lungo la strada provinciale 85, come in processione. Si trascinano stanchi ai bordi della strada a scorrimento veloce, incuranti delle macchine che sfrecciano a pochi centimetri da loro, quasi tutti in ciabatte e con addosso vestiti logori assolutamente inadeguati a proteggerli dalle intemperie», ha inizio il racconto di LasciateCIEntrare. «All’arrivo chiediamo di poter parlare con i migranti “ospiti” del centro, ma il gestore, Salvatore Lucchino – scrivono gli attivisti –, ci nega l’autorizzazione a entrare e ci riceve nell’ufficio, adiacente alla struttura. Afferma che i migranti ospiti del centro, 115 ci dicono, godono di un’ottima accoglienza dal punto di vista materiale. Aggiunge che quasi tutti sono stati diniegati dalla commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato, ma che nei loro confronti è stato preparato il ricorso dall’avvocato del centro, Mario Bevilacqua. Ribadisce la puntualità di erogazione del pocket money mensile ai migranti, il possesso da parte di tutti i ragazzi della tessera sanitaria (il medico curante pare essere il dottore Palmieri) e ci congeda affermando che nel centro gestito da lui tutto funziona alla perfezione». 

SCARPE SPAIATE E POCO CIBO Dopo avere parlato on il gestore, i volontari parlano con gli ospiti del centro di Feroleto. «Totalmente diversa è, invece, la versione dei ragazzi, con i quali ci fermiamo a parlare all’uscita dal centro, lontano da occhi e orecchie indiscreti. Lamentano una serie di disagi legati al mancato rilascio del permesso di soggiorno, in seguito alla presentazione del ricorso avverso alla commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato, e alla mancata erogazione del pocket money da oltre quattro mesi. Ci riferiscono, con evidente senso di vergogna, di avere litigato tra di loro spesso per il cibo, in quanto lo stesso risulterebbe essere insufficiente per quelle che sono le loro esigenze. Ci colpisce, in particolar modo, l’abbigliamento di un ragazzo incontrato lungo la strada provinciale. Indossa ciabatte spaiate, un piede infilato in una ciabatta consumata e l’altro in un infradito di plastica. “We live like slaves, here” ci dicono, “ci vergogniamo a stare sui marciapiedi o davanti ai negozi  per chiedere l’elemosina, nel nostro paese non lo abbiamo mai fatto ma qui siamo costretti dalle circostanze” e ci mostrano un portafogli desolatamente vuoto».

PROTESTE INUTILI I migranti raccontano di avere protestato, di essere entrati in conflitto col gestore che avrebbe chiamato la polizia. «Raccontano di avere protestato, due mesi fa, per la mancata corresponsione del pocket-money, e che il gestore in quell’occasione avrebbe chiamato la polizia la quale sarebbe intervenuta per sedare la protesta traendo in arresto quattro migranti. Riferiscono di non essere in possesso della tessera sanitaria e di non ricevere adeguata assistenza medica. Un ragazzo, inoltre, ci racconta, con evidente difficoltà e angoscia, delle vicissitudini da lui vissute nel paese di origine e durante il suo lungo viaggio fino in Italia. Come lui, molti avrebbero, forse, bisogno di un accompagnamento terapeutico al fine di rielaborare e, possibilmente, superare traumi così profondi, ma, come ci riferisce il Lucchino: “Nessuno dei ragazzi ha di questi problemi, altrimenti me ne avrebbero parlato: le prime persone con cui si confidano sono i dirigenti”».

LA SECONDA VISITA Il 29 marzo successivo gli attivisti tornano a Feroleto. «Anche in questa occasione il gestore ci fa accomodare nel suo ufficio, chiedendoci il motivo delle nostre ripetute visite. Ancora una volta si mostra disponibile a rispondere alle nostre domande, risposte che però non trovano conferma nelle dichiarazioni dei migranti. Ci riferisce che non viene erogato un contributo per il vestiario – “La Prefettura di Catanzaro ci ha detto che non bisogna erogare un contributo per i vestiti ma acquistarli direttamente” –, sembra che non ci siano lavatrici all’interno del centro ma che siano in corso i lavori per la costruzione di uno spazio adibito a lavanderia. Nel frattempo il servizio di lavaggio dei vestiti, delle lenzuola, delle coperte viene erogato, solo ogni 15 giorni, da una lavanderia convenzionata. Facciamo notare al gestore del centro che nel corso delle precedenti nostre visite, in giorni e circostanze diversi, si era evidenziata la mancanza di lenzuola sui materassi e l’abbigliamento inadeguato ai freddi invernali di molti “ospiti”. Lucchino riferisce che si tratta di un’abitudine dei migranti quella di dormire senza lenzuola, e di una loro volontà nel vestirsi con infradito e pantaloncini nel mese di marzo», riportano nel report. «Ci soffermiamo nuovamente a parlare con i migranti all’esterno i quali, però, appaiono timorosi in virtù della presenza del gestore e di numerosi operatori, in particolare del mediatore culturale il quale ci segue ininterrottamente nel nostro giro di visite, intervenendo a difesa della gestione tutte le volte che i migranti provano a esprimere il loro malcontento. La sua volontà di ascoltare i dialoghi tra noi e i ragazzi, viene confermata dalla raccomandazione che rivolge a tutti gli “ospiti” del centro su quanto ci dovessero riferire: “Tutto va bene, gli unici problemi sono legati alla mancanza di alcuni documenti”. Ed è quanto ci raccontano, infatti, tutti gli operatori e i gestori della struttura, compresa la sopraggiunta direttrice Donato, ex dipendente della Prefettura di Catanzaro. Ovviamente, le suddette mancanze, ci riferiscono, sono dovute alla burocrazia e all’inerzia degli enti: lamentano, ad esempio, che, nonostante tutti i ragazzi, a loro dire, avessero ricevuto la tessera sanitaria, l’Asp di Lamezia non ha voluto concedere loro il codice di esenzione del ticket». 

LE VISITE DEL M5S «Un ragazzo, intanto, continua a strofinarsi gli occhi con un fazzoletto nel tentativo di fermarne la lacrimazione, i suoi occhi appaiono particolarmente arrossati, probabilmente per via di una congiuntivite. Riferisce di non avere ricevuto alcuna assistenza medica. Il mediatore interviene affermando che si tratta di una inezia e che quasi tutti soffrono dello stesso problema. Sembra che nelle ultime settimane, e in seguito alla visita del senatore Nicola Morra (M5s) e dell’europarlamentare Laura Ferrara (M5S), siano iniziati i lavori di ristrutturazione del piano terra della struttura, esattamente degli spazi comuni, i quali risultavano inagibili (così come emerso anche nel corso della visita effettuata dai referenti della campagna LasciateCIEntrare un anno fa). In queste aree un cartello su un muro di accesso alla struttura raccomanda a tutti gli ospiti del centro di essere presenti e puntuali durante la distribuzione dei pasti, pena la non corresponsione del pocket-money. Il giorno successivo alla nostra visita veniamo a conoscenza del fatto che nei confronti di tre migranti è stato disposto un ordine di allontanamento e di revoca dell’accoglienza, attraverso un documento del tutto privo di valenza legale. Il timore che si tratti di una rappresaglia nei confronti di coloro che avevano manifestato i disagi nel centro è forte».

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