Solo nel mese di luglio sono andati in fumo migliaia di ettari di vegetazione, comprese zone particolarmente pregiate per la biodiversità come l’Oasi del lago Angitola, nel Vibonese. Eppure per la Regione Calabria il pericolo è rappresentato da gazze e cornacchie. È la situazione paradossale fotografata dal Wwf calabrese, che commenta con amaro sarcasmo la decisione dei piani alti della Cittadella di aprire la caccia in anticipo, il 2, 3 e 10 settembre, e di posticiparne la chiusura al 10 febbraio. Un provvedimento «grave» e «irresponsabile» contro cui il Wwf ha presentato un ricorso al Tar chiedendo l’annullamento (previa sospensione) del calendario venatorio. Secondo gli ambientalisti, insomma, gli animali che popolano i boschi calabresi sono già stati duramente colpiti dagli incendi e dalla siccità, una situazione drammatica a cui l’ampliamento del periodo di caccia potrebbe dare il colpo di grazia.
Che il quadro attuale sia catastrofico, infatti, lo conferma anche la circostanza che la Regione abbia chiesto lo stato di calamità naturale per i danni incommensurabili subiti dal comparto agricolo e della zootecnia: «In parole povere, per la Regione Calabria – scrive il Wwf – gli incendi e la siccità fanno male ai pomodori, alle zucchine, alle pecore e alle vacche, mentre sono un incentivo alla riproduzione e alla sopravvivenza di tortore, colombacci o quaglie, evidentemente considerati alla stregua dell’Araba Fenice che risorgeva dalle sue ceneri».
Il Wwf nazionale ha già inviato al ministro dell’Ambiente e a tutti i presidenti di Regione una lettera in cui si chiede: «l’esclusione di qualsiasi ipotesi di apertura anticipata della caccia a qualsiasi specie; il divieto di attività venatoria per tutto il mese di settembre per consentire agli habitat e alla fauna di recuperare condizioni fisiologiche soddisfacenti; una verifica dopo il mese di settembre per valutare la situazione; un’azione capillare di contrasto al bracconaggio».
Un’iniziativa che assume particolare valore in Calabria, dove l’emergenza incendi continua a flagellare ampie aree del territorio compreso tra il Pollino e lo Stretto. Nella lettera ai governatori il Wwf spiega: «Un comprensibile allarme è stato lanciato anche dalle associazioni degli agricoltori per lo stato di difficoltà in cui versano gli animali da allevamento, a causa del caldo, della scarsità di acqua, di pascoli, di fieno. Se questa è la condizione degli animali allevati, curati dall’uomo, è altamente plausibile che il patrimonio faunistico nazionale si trovi in larga misura in una condizione di stress che lo rende altamente vulnerabile rispetto ad ulteriori diverse pressioni». «La situazione sarà ancora peggiore – aggiungono gli ambientalisti – per gli uccelli migratori che, da questo mese, iniziano il viaggio verso l’Africa. Questi troveranno, in particolare nelle regioni del Centro e del Sud, in molte delle tradizionali aree di sosta e alimentazione situazioni altamente mutate e critiche (boschi distrutti dagli incendi, fiumi e zone umide in secca, diffusa siccità, inaridimento). I numerosi incendi di questo anno, così come gli incendi degli anni passati, comportano una riduzione degli spazi di caccia poiché le aree percorse da incendi devono essere per legge sottratte all’attività venatoria: questo comporta che un numero più elevato di cacciatori si concentri nelle restanti aree aperte alla caccia».
Il ricorso del Wwf Calabria, rappresentato dall’avvocato Angelo Calzone, è stato depositato giovedì mattina al Tar di Catanzaro, e i giudici amministrativi hanno fissato per il 14 settembre l’udienza sulla sospensiva, non ritenendo di emettere il decreto “inaudita altera parte”, come invece avevano chiesto i legali del Wwf.
s. pel.
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