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L'ultima chance per la politica calabrese

Una Calabria che, capace di esprimere un ministro come Marco Minniti di indiscussa qualità politica, tanto da essere ben visto persino a premier del Paese, non riesce in casa a vincere una partita….

Pubblicato il: 01/09/2017 – 9:55
L'ultima chance per la politica calabrese

Una Calabria che, capace di esprimere un ministro come Marco Minniti di indiscussa qualità politica, tanto da essere ben visto persino a premier del Paese, non riesce in casa a vincere una partita. Neppure a pareggiarla. Spesso a non giocarla neppure.
E già, perché ciò che si colleziona ogni giorno nella nostra (già) bella terra, violata nelle sue ricchezze naturali tanto da farla divenire invivibile per i calabresi e invisa ai turisti, offende la più comune intelligenza e la sua immagine, ormai ovunque non più spendibile.
Una politica sempre più inadeguata a gestire la Regione. Una sanità che non c’è neppure sulla carta, nonostante un commissariamento della durata record di sette anni e tanti soldi disponibili prima del suo esordio che avrebbero potuto fare rivoltare la Calabria della (non) salute come un calzino. Un turismo dimenticato nell’ultimo cassetto, così come una politica dei trasporti abbandonata a se stessa, nonostante un assessore che chiunque ci invidierebbe per il bagaglio di competenze possedute. Un sociale del quale non è possibile neppure rintracciare le tracce. Una politica del lavoro, la solita, fatta di promesse buttate lì inorganicamente. Stessa cosa per l’agricoltura e cura del territorio violato dalle fiamme tanto quanto vilipeso dalle idee che non si sono mai avute per saperlo organizzare. Anche la cultura non scherza, tranne che nel buttare i soldi al vento. Tutto questo genera una confusione che fa danni a ripetizione, senza però che i danneggiatori comprendano come attenuare il loro sadismo e i danneggiati facciano qualcosa per cambiare.
Così facendo tutto rimane uguale, con tanti bravi sindaci al palo e alla ricerca di ciò che non trovano. I loro bilanci, infatti, scoppiano, pieni zeppi degli errori fatti, di frequente, dai loro predecessori. Poi ci sono quelli meno bravi, che continuano a fare come Ferrini in “Quelli della notte”: non capiscono ma si adeguano come quelli di sempre, magari fingendo salubrità contabile e declinando magnifiche prospettive. Anche qui, una verità da fare emergere nell’interesse collettivo.
E dire che le regole per cambiare ci sono tutte. Prime fra tutte quelle elettorali, per le quali occorrerebbe attendere le scadenze naturali, a meno di un clamoroso atto di coraggio politico. La scelta di chi si chiama fuori per fare sì che le cose che vanno male possano andare meglio con il rinnovato contributo dei partiti e dei calabresi, che – si spera – abbiano entrambi capito quanti danni hanno prodotto con le scelte di ieri.
La seconda apparterrebbe alla autoregolamentazione responsabile della politica che governa la Regione, di qui a poco chiamata a decidere (finalmente) sulle partecipate e ad approvare un bilancio consolidato che sono in pochissimi a crederci. I sintomi del bisogno ci sono tutti. Un Consiglio regionale denudato delle sue funzioni, che quando le esercita lo fa malissimo, oramai allo sbando, perché incapace persino di svolgere autonomamente il suo ruolo di darsi i propri riferimenti istituzionali. Da qui, il rinvio di tutto, finanche del rimpasto della Giunta regionale (rectius, del rimpiazzo dell’assessora dimissionaria).
Insomma, nella Cattedrale della politica regionale si vive un clima da «osteria» ove tutti – prescindendo se alterati o meno dai fumi del potere, per taluni inaspettato e per tal’altri contrattualizzato – tra una «bicchierata» e l’altra difendono la seggiola. Ove (quasi) nessuno è capace di esercitare il mandato per il quale è stato eletto rimborsando gli elettori dei loro diritti. Prioritariamente, quello di godere finalmente di ciò che la Costituzione assicura loro e che l’attuale politica regionale rapina quotidianamente, supponendo che con le chiacchiere (quelle che il Banco di Napoli non impegna unitamente alla vecchie tabacchiere) si sopperisca ai diritti sociali negati, alle opportunità del lavoro dei giovani tradite, alla corruzione dilagante, ad una burocrazia che fa fatica, alle occupazioni indebite di poltrone esercitate finanche dalla manovalanza e a tutto quanto sarebbe troppo lungo elencare.
Che Marco Minniti ci dia una mano. Che gli eletti sappiano finalmente adempiere, pretendendo politicamente, di recitare un ruolo dignitoso, corrispondente alle aspettative di chi li ha eletti.
Insomma, che il Nostro contribuisca a farci vincere la lotteria, a condizione che i nostri si premurino di acquistare il relativo biglietto!

 

 

 

*docente

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