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Ecomostro di Pellaro, Italia condannata per la confisca

La Corte europea dei diritti umani boccia l’intervento dopo il ricorso della società che aveva realizzato gli appartamenti sequestrati nel 2000 a Reggio Calabria. Per i giudici di Strasburgo le aut…

Pubblicato il: 28/06/2018 – 17:47
Ecomostro di Pellaro, Italia condannata per la confisca

STRASBURGO La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con una sentenza non appellabile, ha stabilito che le autorità italiane non avrebbero dovuto procedere con la confisca di numerosi terreni per costruzione abusiva senza una previa condanna dei responsabili: la sentenza riguarda Punta Perotti (Bari), Golfo Aranci (Olbia), Testa di Cane e Fiumarella di Pellaro (Reggio Calabria). Per i giudici le autorità italiane hanno violato il diritto al rispetto della proprietà privata.
La sentenza ha, dunque, anche un chiaro riferimento calabrese. Nell’atto, la Corte di Strasburgo definisce la misura di confisca attuata nei confronti di 4 società (Giem Srl, Hotel Promotion Bureau Srl, Rita Sarda Srl e Falgest Srl) e una persona (Filippo Gironda) come «sproporzionata», riservandosi tuttavia di decidere in un secondo momento sull’ammontare del risarcimento, anche per dare tempo – 3 mesi – al governo e ai ricorrenti la possibilità di raggiungere un accordo sulla cifra.
La condanna per la violazione del diritto al rispetto della proprietà privata discende direttamente da altre violazioni che, secondo la Corte, le autorità italiane hanno commesso nei confronti dei ricorrenti. In particolare, nei confronti delle quattro società, tutte a responsabilità limitata, i giudici evidenziano che «queste non sono mai state imputate in alcun processo sul reato di abusivismo» in quanto la legge in vigore non lo consentiva in base al principio “societas delinquere non potest”.
Per quanto riguarda invece Filippo Gironda, la Corte afferma che l’Italia non ha rispettato il suo diritto alla presunzione d’innocenza. L’uomo, scrive la Corte, «è stato dichiarato colpevole, in sostanza, dalla Corte di Cassazione, nonostante il fatto che i processi per il reato imputatogli fosse finito per prescrizione».
In generale la Corte osserva anche che i fatti sembrano contraddire la tesi secondo la quale le confische in questione hanno «effettivamente contribuito alla protezione dell’ambiente», cioè l’obiettivo dichiarato dallo Stato italiano. Infine i togati di Strasburgo osservano che l’applicazione automatica della confisca in caso di abusivismo prevista dalla legge italiana «è chiaramente inadatta dato che non permette ai tribunali di definire quali strumenti sono i più appropriati in relazione alle circostanze specifiche del caso».
«Certamente è una sentenza che restituisce giustizia alle persone ma nulla può, purtroppo, in ordine all’utilizzo degli immobili che in questi anni sono stati oggetto di gravi atti di vandalismo che comportano ingenti danni economici». Lo ha detto Giuseppe Falduto, uno dei soci della Falgest srl e del centro commerciale “Porto Bolaro”, in relazione al pronunciamento della Corte di Giustizia europea, in composizione plenaria, che ha accolto il ricorso delle società “Falgest srl” e “Gironda” alle quali erano stati sequestrati 40 appartamenti nel 2000 in località “Punta Pellaro”, nella periferia sud di Reggio Calabria.
Le unità abitative facevano parte di un residence turistico, quasi ultimato. Le imprese erano state denunciate per presunti abusi edilizi in relazione alla destinazione d’uso degli immobili, costruzioni sequestrate dal giudice di primo grado, nonostante l’assoluzione penale dei responsabili delle due aziende. In Appello, i giudici avevano non solo confermato l’innocenza degli imprenditori, ma liberato gli immobili anche dal gravame della confisca. Il Procuratore Generale, avverso l’assoluzione, aveva però avanzato ricorso in Cassazione e la Suprema Corte, ribaltando la sentenza di secondo grado, aveva la sentenza di primo grado, ripristinando anche la misura della confisca del bene. Da qui, i titolari delle due imprese, assistiti dall’avvocato Andrea Saccucci, hanno proposto ricorso alla Corte di Giustizia europea che ha sancito adesso con la sua sentenza l’impossibilità dell’applicazione della confisca in mancanza di una condanna penale definitiva.

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