LAMEZIA TERME Le accuse formulate nei suoi confronti (estorsione ai danni di 14 dipendenti) sono senza dubbio gravi per un imprenditore molto in vista che, tra l’altro, ha anche un ruolo di primo piano nel mondo dell’agricoltura calabrese. Statti però si dice estraneo e, pur convinto «che i processi si facciano in Tribunale e non sui media», fornisce al Corriere della Calabria la sua versione dei fatti perché ritiene «doveroso» fare alcune precisazioni su quanto emerso dal nuovo filone d’indagine.
Statti, le nuove accuse sembrano ancora più pesanti delle precedenti e ne rappresentano di fatto un’evoluzione.
«Il nuovo procedimento, di fatto, ripropone gli stessi contenuti per i quali sia il Tribunale del Riesame per ben due volte, che la Suprema Corte di Cassazione, hanno ritenuto la legittimità del rapporto tra l’impresa Statti ed i dipendenti, la regolarità dei pagamenti, l’insussistenza di minacce o di ingiusto profitto, la liceità del provvedimento di conciliazione, insomma l’insussistenza dei reati che mi vengono contestati. Nonostante ciò e sulla base degli stessi elementi – ribadisco già ritenuti insussistenti – viene riformulata ora, a seguito di una parziale duplicazione del fascicolo processuale e non sulla base di nuove indagini, rispetto a quanto già contenuto nel procedimento per cui è stato chiesto dalla Procura il rinvio a giudizio il 26 novembre dello scorso anno, una nuova richiesta di sequestro».
Le si contesta di aver fatto sottoscrivere ai suoi dipendenti atti di conciliazione, con cui rinunciavano ad ogni pretesa nei confronti del datore di lavoro, approfittando della loro sudditanza psicologica. Non è così?
«Non ritengo di poter entrare nel merito della vicenda processuale, ma ripeto: il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha già ritenuto legittimo il procedimento di conciliazione e la Corte di Cassazione ha confermato tale decisione il 26 marzo scorso. Tengo però a precisare che non esistono né sono mai esistiti conflitti tra me ed i miei dipendenti, fino a quando sono stato presidente della società e anche attualmente che non ricopro più questa carica. Non mi risultano conflitti di alcun tipo con i dipendenti. Sa perché? Molti di loro sono nati e cresciuti nella nostra azienda e con loro ho condiviso la mia infanzia, i traguardi raggiunti e, ora, questo momento di estrema difficoltà. Rispetto alla mia condotta morale, poi, chi mi conosce sa che sono stato sempre rispettoso delle leggi, come del resto accertato dai tantissimi controlli e dalle innumerevoli ispezioni effettuate nell’azienda nel corso degli anni senza che mai sia stato rilevato nulla, come risulta dalla mole di documenti già prodotti all’Autorità giudiziaria».
Come sta vivendo l’indagine cui è sottoposto alla luce del ruolo in Confagricoltura?
«La decisione di autosospendermi nell’immediatezza del provvedimento del giugno 2017 era stata dettata dal profondo senso di responsabilità e dal rispetto che nutro nei confronti dell’organizzazione che rappresento in Calabria, dei miei colleghi presidenti provinciali oltre che dell’intera base associativa. Ho deciso di continuare, infatti, solo dopo la sentenza del Riesame nel settembre 2017 che, di fatto, annullava il provvedimento emesso nei miei confronti ma anche perché, ieri come oggi, sento tutta la loro vicinanza». (redazione@corrierecal.it)
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