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WATERFRONT | Imprese al servizio della 'ndrangheta: 22 gare pilotate, 63 misure cautelari – VIDEO E NOMI
Tra loro imprenditori e pubblici ufficiali tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d’asta. Ai vertici del sodalizio c’erano Fr…
Pubblicato il: 28/05/2020 – 10:35
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REGGIO CALABRIA Grazie all’operazione “Waterfront” portata a termine all’alba di oggi da oltre 500 finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, unitamente al Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata ed ai colleghi dei rispettivi Comandi Provinciali, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri, sono stati emessi provvedimenti cautelari e personali, nei confronti di 63 persone. Tra loro imprenditori e pubblici ufficiali tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d’asta, frode in pubbliche forniture, truffa aggravata per il conseguimento di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Un cartello illecito composto da molteplici imprese, capace di aggiudicarsi – attraverso turbative d’asta aggravate dall’agevolazione mafiosa – almeno 22 gare ad evidenza pubblica, in sistematica frode ai danni della Regione Calabria e della Comunità Europea. Tra gli imprenditori finiti ai domiciliari c’è anche Giorgio Ottavio Barbieri, già coinvolto nelle operazioni Cumbertazione (che ha alcuni punti in comune con l’inchiesta “Waterfront”) e Lande Desolate.
GLI ARRESTI Ai domiciliari in tutto sono finite 14 persone: Francesco Bagalà cl. 77, Francesco Bagalà cl. 90, Giorgio Morabito, Angela Nicoletta, Carlo Cittadini, Giorgio Ottavio Barbieri, Cristiano Zuliani, Francesco Migliore, Filippo Migliore, Alessio La Corte, Vito La Greca, Francesco Mangione, Giovanni Fiordaliso; Domenico Gallo. Per 20 soggetti, invece, è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria: Pierluigi Risola, Antonino Crea, Michele Gabriele, Santo Fedele, Giuseppe Currenti, Francesco Fedele, Bruno Polifroni, Santo Custureri, Luigi Bagalà, Alessandra Campisi, Caterina De Giuseppe, Marzia Granchi, Pietro Pileggi, Antonino Quattrone, Domenico Coppola, Santo Gagliostro, Vincenzo Bressi, Maria Alati, Luca Giachetti, Simona Castiglione.
29 divieti temporanei di esercitare attività imprenditoriale, nei confronti di: Andrea Amato, Antonio Barbaro, Francesco Ciambriello, Antonio Cilona, Sergio Cittadini, Giuseppe Cosentino, Demetrio De Angelis, Francesco Deraco, Gianluca Fiore, Iacopo Granchi, Rossano Granchi, Angelo Sebastiano Locatelli, Giuseppe Loprete, Leonardo Maiolo, Mattia Mattogno, Domenico Maugeri, Ludovica Giuseppina Miceli, Giovanni Oliveri, Giuseppe Patrice Oliveri, Antonino Papalia, Alessandro Piccirilli, Francesco Pileggi, Fortunato Igor Pisano, Vincenzo Polifroni, Carlo Pollaccia, Giovanni Romano, Agostino Ruberto, Giovanni Todarello, Francesca Trunfio.
GLI APPALTI TRUCCATI Le gare turbate e investigate dai militari del G.I.C.O., bandite tra il 2007 e il 2016 dalle stazioni appaltanti dei Comuni di Gioia Tauro e Rosarno, nonché dalla S.U.A.P. (Stazione Unica Appaltante) di Reggio Calabria, hanno riguardato appalti per un valore complessivo superiore a 100 milioni di euro. Nel dettaglio, le indagini – corroborate da consulenze tecniche all’uopo disposte dalla DDA – hanno accertato la turbativa di 15 gare d’appalto – tra il 2014 e il 2016 – indette per la realizzazione di grandi opere pubbliche nei comuni di Polistena, Rizziconi, Gioia Tauro, Gerace, Reggio Calabria, Santo Stefano in Aspromonte, Maropati, Grotteria, Galatro, San Giorgio Morgeto, Siderno, per un valore di oltre 58 milioni di euro. Al riguardo, è stato individuato un illecito cartello costituito da 43 imprese aventi sede in diverse regioni – articolato in cordate (calabrese, romana, toscana, siciliana e campana) – che hanno partecipato – a vario titolo – ai pubblici incanti investigati, determinandone indebitamente l’esito, attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate, garantendo, in tal modo, l’aggiudicazione degli appalti a una delle imprese del cartello. Anche laddove il richiamato cartello non fosse riuscito vincitore, venivano messe in atto manovre – sotto forma del subappalto o della procedura di nolo – al fine di controllare la gara e la conseguente esecuzione dei lavori affidata, comunque, alle imprese delle varie cordate.
Sarebbero state truccate, inoltre, altre 7 gare d’appalto, conseguenti allo stanziamento – tra il 2007 e 2013 – di fondi comunitari per un importo complessivo di circa 42 milioni di euro, destinati alla riqualificazione delle aree urbane di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando, e dei relativi lungomare, in attuazione di Progetti Integrati di Sviluppo Urbano (P.I.S.U.) previsti dal “POR Calabria FESR 2007/2013 Asse VIII Città Obiettivo Specifico 8.1. “Città e Città ed Aree Urbane”. Le predette condotte delittuose sono risultate aggravate dalla finalità di agevolare l’attività della ‘ndrangheta, nella sua articolazione denominata cosca “Piromalli” di Gioia Tauro (RC) che si è assicurata una rilevante “tangente ambientale”, garantendo la realizzazione dei lavori.
BAGALÀ E MORABITO Ai vertici di tale sodalizio, le risultanze investigative hanno posto Francesco Bagalà, cl. ‘77, e Giorgio Morabito i quali, con l’ausilio di Francesco Bagalà, cl. ‘90, hanno realizzato una serie di numerosi reati contro la pubblica amministrazione, nonché contro l’industria ed il commercio, al fine di appropriarsi di ingenti risorse pubbliche costituite dai fondi comunitari (P.I.S.U.), i quali, piuttosto che essere destinati ad una riqualificazione del waterfront di Gioia Tauro, hanno consentito un ingente lucro ai danni degli enti pubblici interessati. Il ruolo di imprenditori “collusi” dei Bagalà, era già emerso in maniera chiara dalle risultanze del procedimento cd. “Cumbertazione”, conclusa nel 2017 dal G.I.C.O. con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti di 27 persone, per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere semplice e aggravata, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici, nonché di provvedimenti cautelari reali su decine di imprese. Anche Morabito, da diverse concordanti dichiarazioni – ampiamente riscontrate – in considerazione del suo spessore criminale, aveva rapporti di “vicinanza” con i referenti della cosca sulla marina di Gioia Tauro. Per l’esecuzione dei lavori, Giorgio Morabito, quale imprenditore “colluso” e procuratore speciale delle ditte romane e siciliane appartenenti al cartello illecito, ha consentito l’assunzione – nei cantieri dal medesimo gestiti e/o alle dipendenze delle imprese aggiudicatarie – di maestranze segnalate dal referente dei “Piromalli”, nonché l’utilizzazione di mezzi meccanici e di un deposito riconducibili ad altri imprenditori vicini ad ambienti criminali mafiosi.
COINVOLTI 4 IMPRENDITORI AGRIGENTINI Ci sono anche imprenditori agrigentini coinvolti nella maxi operazione “Waterfront” – coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria – ed eseguita alle prime luci dell’alba dalla Guardia di Finanza che ha coinvolto 63 persone. Quattro di loro sono “vecchie conoscenze” in quanto già raggiunti da ordinanza di custodia cautelare nel gennaio 2017 nel primo filone d’inchiesta (operazione “Cumbertazione”) che aveva fatto luce sull’influenza nel settore degli appalti della potente famiglia di ‘ndrangheta dei Piromalli: si tratta degli imprenditori di Cammarata Francesco Migliore, 59 anni e Filippo Migliore, 50 anni (ex presidente del Kamarat calcio ed ex consigliere comunale), e gli imprenditori di Santo Stefano Quisquina Alessio La Corte, 36 anni e Vito La Greca, 39 anni. Tutti sono finiti agli arresti domiciliari questa mattina.
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