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«La Sila, l’Aldilà, Marte ed Elon Musk»

di Francesco Bevilacqua*

Pubblicato il: 04/06/2020 – 8:55
«La Sila, l’Aldilà, Marte ed Elon Musk»

Miei cari, vi scrivo dall’Aldilà per rassicurarvi che qui si sta proprio bene! Un po’ fresco, forse, per essere il 2 di giugno, ma il clima è godibile, ci sono un sacco di alberi, prati, fiori e il cielo è davvero pazzesco. Certo, si tratta di un esperimento-sondaggio di un solo giorno. Le Moire, filatrici del destino, mi hanno segnalato al Padreterno come soggetto campione: sapete, nel mondo del “divino” le varie entità sovrannaturali vanno tutte d’amore e d’accordo; e non sono affatto gelose fra loro come ce le immaginiamo noi. Ringrazio l’Asa (Agenzia di sondaggi dell’Aldilà) per l’occasione che mi viene offerta, in concomitanza con i lavori straordinari di riorganizzazione del mondo ultraterreno per l’eventualità che la pandemia intasi le porte d’ingresso con moltitudini di migranti.
Il Padreterno, però, è preoccupato per il programma aerospaziale di Elon Musk, il quale, in collaborazione con la Nasa, progetta di trasferire su Marte milioni di bipedi terrestri (80.000 solo il primo anno) al modico costo di 500.000 dollari a cranio. Tutto in combinato disposto con la pratica bislacca del “transumanisti”, quegli altri ricconi come Musk che si fanno crioconservare nelle cliniche del freddo americane, russe e cinesi, in attesa che la scienza trovi una “cura” per la morte, che loro considerano una semplice malattia. Lui – il Padreterno – che aveva pensato alla pandemia come metodo spiccio per sfoltire i ranghi degli umani sulla Terra devastata dall’idiozia dei suoi “figli prediletti” (ma Egli nega di aver mai sostenuto una fesseria simile), non vede di buon occhio che l’Homo sapiens sapiens vada a combinare sfracelli anche su un altro pianeta e che pensi di poter vivere in eterno facendo innestare, di tanto in tanto, la propria mente su un nuovo corpo o in una macchina. E dunque vuol capire – sempre il Padreterno -, con il sondaggio di questi giorni, se l’opinione pubblica non preferisca il vecchio metodo della “dipartita serena” – a costo zero – verso il mondo non inquinabile dell’Aldilà.
Dunque, stamane raggiungo il punto d’ingresso dei trapassati indicatomi da Caronte il traghettatore: il Fiume Cecita, alla Foresta della Fossiata, in Sila Grande. E già quando supero il rivo e m’immergo in quell’enorme sacrario di titani (pini, abeti, faggi, ontani, pioppi, aceri) ho limpido il primo messaggio: “caro bipede, qui puoi comprendere che la tua specie non è che uno sputo gettato nel Cosmo; rilassati e non fare lo sbruffone”. Mentre salgo lungo la sterrata, un nugolo di bikers – incarnando esattamente lo sbruffone di cui sopra – scende a rotta di collo, in senso contrario al mio, e per poco non mi appiccica al terreno pietroso come nei cartoons di Wile il coyote. «Occhio!», urlano nell’irrompere dalla curva i muscolosi sovrumani a due ruote aspiranti omicidi-suicidi. Secondo messaggio: «Ora capisci quanto siete fessi voi uomini: avete attorno tanta bellezza e preferite “farvi” con overdose di adrenalina, illudendovi d’essere immortali».
Superato il valico, uscito dal bosco, compaiono i “pascoli del cielo” che ispirarono John Steinbeck, uno dei rari bipedi che si sia innalzato sopra la massa di lobotomizzati terrestri che aspirano a divenire marziani. Macchialonga è una visione, un sogno, un archetipo. Con le praterie vellutate trapunte di milioni di fiori, i monti nereggianti di pini, branchi di cinghiali intenti a grufolare nel terreno. Ci manca solo che vaste praterie siano liberate dalle mucche e tornino a brulicare di cervi, come nell’incipit del romanzo di Steinbeck. E poi quel cielo di cobalto, immenso, infinito: Urano, nato, come scrisse Esiodo nella Teogonia, da Gea, la divinità primeva, la Madre Terra, per partenogenesi, cioè senza un maschio che la fecondasse: mi ricorda una famosa divinità femminile del cristianesimo! Nella vastità del cielo navigano centinaia di placide nubi, in forma di pachidermi imperturbabili. Terzo messaggio: «Uomo, dovunque tu voglia andare, per quanto credi d’essere un grande artefice, bada che nel cielo non potrai mai costruire un’autostrada o un grattacielo».
Salgo poi verso Cozzo del Principe perché è lì che cerco un cammino senza sentiero. Attraverso luoghi oracolari, con vallette e rilievi cosparsi di massi, pini, ginestre. Poi accendo il GPS interiore e navigo nel dedalo indistinto della foresta. Sino a giungere esattamente dove volevo: il poggio roccioso oltre il quale si apre la visione della macchia slabrata, color pistacchio, del Lago Cecita, incorniciata fra pini, graniti, montagne, cielo, nubi. Divengo allora un nativo americano che prega sull’altare degli antenati, ammirando le terre sacre del popolo degli uomini. Dove si vive in armonia, senza insolenza, senza credere di essere i predestinati al dominio del mondo (quarto ed ultimo messaggio). È un momento di estasi mistica, di puro ritorno allo spirito, dimensione dimenticata dai bipedi bofonchianti, che ora, in questo stesso momento, a milioni affollano i luoghi del divertimento coatto e sguaiato, reclamando una libertà che non possiederanno mai. Libertà che è solo quella di obbedire ai comandi automatici di Elon Musk e soci. Grandi visionari, come Aldous Huxley o George Orwell, l’avevano preconizzato. Ed ora la profezia s’avvera. Siedo silenzioso e assorto sulla rupe che domina quella visione primordiale. Attorno a me il letame delle vacche, con gli scarabei e gl’infaticabili insetti che lo decompongono. Penso a tutti quegli umani, nelle città, sulle spiagge, negli ipermercati, nelle tante movide, dove l’unico, implacabile simbolo sacro è l’aperitivo serale. Gente che pensa di salvarsi dal contagio, di sfuggire al destino, di vivere eternamente in un mondo asettico, come pretenderebbero i transumanisti. Al sondaggio del Padreterno rispondo, allora, che preferisco chiamarmi fuori da quella congrega di matti, dalla loro incoscienza, dalla loro prosopopea, dalla loro illusione; e sentirmi, invece, una parte infinitesimale, inguaribilmente effimera e mortale di quell’immensa materia animica che, con la Terra e il Cielo della Sila mi culla, dolcemente, in quest’attimo impagabile d’eternità.
*avvocato, naturalista, scrittore

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