Continua a tenere banco la vertenza Sant’Anna Hospital. In una lettera, il cardiochirurgo Alessandro Testa chiede al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, di richiamare i funzionari dello Stato al loro dovere.
«Mi rivolgo a lei – questo il testo della missiva – in qualità di capo del governo e avvocato del popolo, confidando che saprà comprendere la gravità della tragedia abbattutasi sul Sant’Anna Hospital e sui cittadini calabresi. La struttura in cui lavoro da 8 anni produce un volume di attività clinico chirurgica maggiore della somma degli altri due centri calabresi pubblici, Reggio Calabria e Policlinico Universitario di Catanzaro, con numeri e certificazioni Agenas che ne sanciscono eccellenza e capacità di rispondere alla domanda della popolazione calabrese. Oltre il 40% dei LEA cardiovascolari intercettati dal S. Anna Hospital rendono questo centro un presidio imprescindibile, che in questi anni ha operato nella direzione di ridurre al minimo l’emigrazione sanitaria. I pazienti cardiovascolari calabresi sanno che, oltre ai due centri pubblici che per motivi strutturali hanno capacità limitate, troveranno da noi una risposta pronta e adeguata. A dispetto dei tanti grandi professori o presunti tali che scendono da colonizzatori per drenare pazienti al nord, spesso verso centri meno affidabili rispetto al nostro, siamo riusciti a incidere significativamente su questo miserabile mercato. Miserabile, sì, signor Presidente, perché la maggior parte dei nostri pazienti vive ai limiti dell’indigenza, ha spesso difficoltà a trovare i soldi per i biglietti del pullman o del treno: pensionati, braccianti agricoli, disoccupati che vivono grazie alla pensione dei genitori e genitori che mantengono intere famiglie col proprio lavoro. I ricchi trovano facilmente la strada per Roma o Milano, i poveri devono chiedere a qualcuno che li porti in auto in ospedale. Miserabile, perché a questi cittadini viene fatto credere che solo altrove troveranno cure adeguate. Miserabile perché i diritti costituzionali dovrebbero essere garantiti e non pietiti come elemosina».
«Altrettanto miserabile – scrive ancora Testa – è la condizione di una delle aziende più floride e finanziariamente solide della regione, che da un anno si vede negati i compensi a fronte di attività prestate in regime di accreditamento. Parliamo di oltre venti milioni di euro, costi di gestione pari a circa due milioni e mezzo al mese cui la clinica ha potuto sin qui far fronte grazie appunto alla propria cassa. Ma i soldi non crescono sugli alberi e persistendo il rifiuto della troika commissariale Asp di erogare il dovuto, il direttore sanitario si è visto costretto a bloccare l’attività. Di colpo, quattro pazienti al giorno non hanno potuto essere operati, decine di essi non hanno potuto sottoporsi a indagini strumentali cardiologiche e molti di essi, ne ho personale notizia, sono già partiti per altre regioni. Sì, signor Presidente, perché un cittadino calabrese che non possa essere curato al S. Anna difficilmente troverà spazio altrove in regione, o potrà trovarlo solo a costo di lunghissime attese. L’ormai nutrita schiera di pazienti in attesa, siamo oltre il centinaio, non sa come fare, ignora come muoversi per curarsi».
«Chi deve dar loro risposta? – si chiede il cardiochirurgo – I commissari ASP che hanno in cassa l’ossigeno di cui il S. Anna ha disperatamente bisogno per riprendere l’attività e pagare gli oltre 300 dipendenti che ora sono letteralmente in strada a dimostrare? Il commissario Longo, plenipotenziario governativo per la sanità? Il presidente facente funzione? Il presidente della provincia? Il sindaco? Il prefetto? Finora, signor Presidente, nessuno ha dato risposte e lo scrivo in senso letterale: decine di pec inviate in questi mesi e ripetutamente alle parti summenzionate non hanno mai ricevuto risposta. Il famoso muro di gomma, la porta chiusa, il telefono fuori posto. Nell’unica occasione in cui qualcuno ha parlato coi lavoratori del S. Anna ha mentito e preso in giro, promettendo soluzioni che non aveva nessuna intenzione di trovare ed avendo per giunta una pec di rifiuto dell’accreditamento spedita da uno dei tanti uffici ASP la sera di natale, come regalo per il lavoro svolto. Chi di questi deve dare risposte, signor Presidente?»
«Dalla politica regionale – riporta la lettera – non ci aspettiamo nulla, a partire dalla sua dirigenza. I consiglieri regionali, anche quelli che a parole hanno espresso vicinanza, sono privi di reale potere visto che alla riunione indetta ieri né il commissario Longo né i commissari ASP hanno ritenuto di partecipare. Ecco, a loro non chiediamo più nulla, e abbiamo capito che non possiamo chiederlo neanche alla deputazione parlamentare calabrese che, sempre a parole in una nutrita conference call, ha espresso la volontà di far qualcosa. Parole parole parole. Chiediamo invece ai suoi commissari, alle donne e agli uomini che il Suo governo ha nominato per gestire la sanità, di dare le risposte per quali sono pagati. Essi sono , lo hanno ripetutamente detto e con orgoglio, servitori dello stato. Mi chiedo quale stato servano, questi boiardi arroccati nei loro uffici, mi chiedo se siamo noi cittadini e lavoratori, se sia il suo governo o semplicemente servano se stessi e la loro figura resa onnipotente da meccanismi assurdi che li rendono funzionari di se stessi. L’etat c’est moi, e questi novelli Luigi XIV si comportano di conseguenza».
«Le chiedo, signor Presidente, di richiamare i suoi funzionari ai loro doveri. Mi faccio tramite dei tanti lavoratori del S. Anna Hospital di Catanzaro affinché esorti commissari, subcommissari, subcomandanti e luogotenenti a un moto di coscienza: che facciano il loro dovere, risolvano i problemi oppure rimettano il loro mandato e lascino il posto a chi è più volenteroso e capace. I cittadini calabresi – conclude Alessandro testa – sono stufi di dirigenti con l’uniforme da poliziotto. Lei si farebbe curare da un questore? Vorrebbe che l’ospedale in cui si dovesse trovare fosse diretto da un generale dei carabinieri? Non vorrebbe un manager onesto e competente, un medico con esperienza direzionale? Questi sono temi che, dopo 11 anni di commissariamento disastroso, andranno prima o poi affrontati. Oggi dobbiamo fare con quello che abbiamo, purtroppo. Confido che vorrà sentire i suoi commissari».
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