Tentata estorsione da parte di due sacerdoti: rinviati a giudizio
La vittima aveva ricevuto un prestito da don Graziano Maccarrone e don Nico De Luca per un totale di 9000 euro. La pennetta hard, le minacce per farsi ripagare un debito e i riferimenti alla parentel…

LA PENNETTA HARD Nonostante la rassicurazione a pagare da Pasqua 2013, a rate, e così via, a dicembre 2012 don Graziano muta atteggiamento – ricostruisce l’accusa – e chiede al debitore l’immediata restituzione delle somme di denaro, per sé e per don De Luca. Dato che l’uomo non aveva pagato entro il termine stabilito del 31 gennaio 2013, i due sacerdoti pretendono di incontrarlo «per chiarire quanto accaduto» con la figlia con la quale il sacerdote aveva avuto lo scambio di messaggi, foto e indumenti intimi. «Vieni con tuo padre – dice don Maccarone alla ragazza – perché io ho bisogno di dimostrare tutto… e vi dico tutto». Il sacerdote afferma di avere allontanato la ragazza mesi prima, da skype e infine di avere troncato anche con i messaggi. «Allora voglio che tuo padre sappia che anche io ho dei messaggi da parte tua…». Tutto lo scambio avvenuto in quei mesi, avverte don Maccarone, era stato archiviato in una pennetta usb, e lui vuole che anche il padre sappia. Visto che, nonostante tutto, i due prelati non riuscivano a ottenere il denaro richiesto, secondo l’accusa avrebbero deciso di percorrere due strade parallele chiedendo il doppio dell’importo preteso dal debitore. In più avrebbero proferito delle minacce al debitore avvisandolo di stare attento che avrebbe fatto «una brutta fine». Poi don Maccarone si sarebbe rivolto direttamente ai suoi cugini di Nicotera Marina. Se fosse stato per lui, avrebbe detto il segretario del vescovo a don De Luca, avrebbe mandato i parenti a picchiare il debitore ma le persone alle quali si era rivolto gli avrebbero detto che «non è il momento… perché ora il fuoco è troppo alto e ci bruciamo tutti». Poi lo avrebbe invitato a cercare «un compromesso per temporeggiare… e poi interveniamo». IL CUGINO MIO «Il cugino mio… Luigi è quello che è uscito adesso a luglio il capo dei capi». Con queste parole don Graziano Maccarone si rivolgeva Mazzocca che doveva a lui e a don Nicola De Luca, reggente della chiesa della Madonna del Rosario di Tropea, circa 9000 mila euro, esattamente 6.700 euro a Maccarone e 2.050 euro a De Luca. Nel corso di un incontro tra i due sacerdoti e la vittima, a febbraio 2013, don Maccarone mette subito avanti la carta della sua parentela con i Mancuso, dicendo che i soldi che aveva prestato gli erano stati consegnati «dai cugini di Nicotera Marina… non vi dico il cognome… già lo avete capito… sono cugini miei». A testimonianza della propria parentela chiama De Luca: «Digli tu chi sono i miei cugini… così capisce… adesso ci capiamo tutti e due… diglielo». E don De Luca pronto: «I Mancuso». E dato che i Mancuso sono tanti e ognuno appartiene a un capostipite, don Graziano Maccarone diventa più chiaro: «Parenti di Luigi… Eh… siamo nella combriccola… Il cugino mio… Luigi è quello che è uscito adesso a luglio il capo dei capi… no Luni… Luni ormai è quello che era… ma Luigi…». Nel corso dell’udienza di oggi don De Luca è stato interrogato per oltre un’ora e don Maccarone ha fatto spontanee dichiarazioni affermando, tra l’altro di non avere la parentela che millantava con Luigi Mancuso, considerato a capo della criminalità vibonese. Sia Mazzocca che sua figlia saranno sentiti come teste nel maxiprocesso Rinascita-Scott. (a.truzzolillo@corrierecal.it)