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Gratteri: «Cosche pronte alla guerra, non potevamo aspettare»

Conferenza stampa dopo l’operazione della Dda di Catanzaro che ha bloccato i piani sanguinari del clan di Petilia Policastro. «Gli indagati parlano di frigoriferi e congelatori dismessi pieni di ar…

Pubblicato il: 25/01/2021 – 12:44
Gratteri: «Cosche pronte alla guerra, non potevamo aspettare»

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO «Avevano già dissotterrato le armi e si accingevano a usarle a compiere un omicidio. Non potevamo aspettare altrimenti l’indagine sarebbe proseguita». Per questa ragione, ha spiegato il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri è stato necessario procedere con il fermo nei confronti di 12 persone ritenute appartenenti alla locale di Petilia Policastro, legata al Crimine di Cirò e con forti addentellati anche con le cosche di Isola Capo Rizzuto (qui nomi e dettagli). «Nel corso di questa indagine, fatta molto bene dai carabinieri di Crotone e coordinata dai pm Paolo Sirleo, Domenico Guarascio e Pasquale Mandolfino, abbiamo più volte documentato dei riti di affiliazione, riunioni di ‘ndrangheta, e il fatto che i soldi di molte estorsioni fatte a villaggi come il Palumbo Sila o imprenditori dell’alto crotonese venivano poi versati nella bacinella del sodalizio», ha spiegato il procuratore. «Nel corso delle intercettazioni – ha detto Gratteri – si parla di una grande disponibilità di armi, tra le quali mitra e kalashnikov. Gli indagati parlano di frigoriferi e congelatori dismessi pieni di armi, sotterrati e a disposizione dell’organizzazione».
L’OMICIDIO VONA «Questa indagine ci ha consentito di operare un’azione di contrasto nel territorio presilano che è un territorio particolarmente difficile sul piano orografico, particolare che tende a facilitare le cosche che credevano di poter operare indisturbate», ha spiegato il colonnello Gabriel Mambor, comandante della provinciale di Crotone. Tra le altre cose è stata fatta luce sull’omicidio dell’allevatore Massimo Vona, 44 anni, scomparso il 30 ottobre 2018. «Si parla – ha detto Mambor – di una risoluzione interna alla locale di Petilia Policastro nei confronti di una persona, Vona, che si comprende dalle indagini, era diventata particolarmente difficile da gestire». Di Massimo Vona non è stato ritrovato il corpo ma al principio del 2018 venne solo ritrovata la sua auto carbonizzata vicino a Petlia Policastro. «Vona già da qualche mese prima della scomparsa era stato oggetto di azioni intimidatrici, come l’incendio della sua stalla nel corso del quale erano morti parecchi animali. Vona si era attivato, attraverso i contatti che aveva nella locale di Petilia per individuare i colpevoli senza rendersi conto che si era rivolto proprio alle persone che da diverso tempo ordivano queste trame finalizzate a ridimensionarlo. Il giorno della scomparsa era stato convocato con la scusa di portarlo al cospetto degli autori dell’incendio della stalla. Un altro episodio che si è ritorto contro Vona è stato il suo intervento nei confronti di un esercente perché non licenziasse una dipendente sua amica. Vona, ha spiegato Mambor, non sapeva che «in realtà questa sua conoscente stava per essere licenziata per fare posto a persone gradite agli amici della locale di Petilia».
LE ESTORSIONI A VILLAGGIO PALUMBO I carabinieri hanno inoltre documentato una serie di estorsioni a Villaggio Palumbo, nella Sila crotonese, episodi di usura e recupero crediti condotti con modalità violente ed è emersa «la rete di contatti che l’organizzazione aveva intessuto con cosche importanti come quella di Cirò Marina e Isola Capo Rizzuto. Sono stati documentati, inoltre, – ha detto il comandante – riti di affiliazione con il sequestro di documentazione che attesta le procedure liturgiche per questi riti».
«Abbiamo testimoniato l’influenza della ‘ndrangheta petilina nella zona», ha spiegato il comandante della Compagnia di Petilia, Giuseppe Del Sole. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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