CATANZARO «Mi è stato affidato l’incarico dalla signora Virginia Gargano di procedere con le più opportune ed approfondite iniziative presso le diverse sedi giudiziarie eventualmente competenti a tutela dell’onore e della reputazione, sua e dei suoi figli, gravemente lesi dalle ricostruzioni e descrizioni contenute nel libro “Faccia da Mostro” scritto dal giornalista Lirio Abbate, anticipate su L’Espresso e La Repubblica e amplificate dalla trasmissione “Atlantide” su La7 del 5 maggio scorso nonché su altre testate». Lo afferma l’avvocato Gianpaolo Catanzariti a “Il Dubbio”, che così ricostruisce la vicenda. «Tutto – scrive “Il Dubbio” – è partito dal libro “Faccia da mostro” scritto dal giornalista Lirio Abbate, il cui contenuto è stato anticipato dall’Espresso e poi amplificato da altre testate giornalistiche e addirittura dalla trasmissione in prima serata sul La7, condotta da Andrea Purgatori. Il punto non è tanto Giovanni Aiello, morto di crepacuore nel 2017, mai incriminato, ma oramai certificato – senza passare per alcun processo – come l’uomo dei servizi segreti deviati che sarebbe stato il vero artefice delle stragi di mafia e addirittura dell’omicidio del piccolo Claudio Domino. Un uomo contro il quale non è stata trovata alcuna prova. La sua presunta responsabilità è basata sulle dichiarazioni di taluni pentiti che non hanno mai ricoperto alcun ruolo apicale nell’organizzazione mafiosa. Su Aiello, infatti, hanno aperto e chiuso le inchieste con un nulla di fatto per poterlo incriminare. L’ultima richiesta di archiviazione è del 2018, a firma dell’allora sostituto procuratore Luciani della procura di Caltanissetta. Ha demolito le dichiarazioni discordanti e prive di ogni logica di quei pentiti che hanno addirittura parlato della presenza di Aiello, alias “Faccia da mostro”, durante la fase esecutiva della strage di Capaci. Ma – si legge ancora nel sservizio del “Dubbio” – non è questo il punto. Oramai Aiello è morto, quindi diventa lecito sbizzarrirsi sulla sua figura. Il libro di Abbate fa nome e cognome di una donna, Virginia Gargano, dipingendola come ex appartenente a Gladio e vicina a “Faccia da mostro”. Cose non dimostrate, almeno per ora. Anzi, il profilo sembrerebbe non combaciare con le cosiddette testimonianze, ma il fatto di aver dato in pasto all’opinione pubblica il nome di una donna che, secondo la tesi del libro, sarebbe appartenuta alla Gladio (non è vero, ed è dimostrato) e avrebbe partecipato a tutte le stragi mafiose, è qualcosa che dovrebbe essere inaccettabile in uno Stato di diritto». A tal proposito – prosegue “Il Dubbio” – «è intervenuto il legale della donna, l’avvocato Gianpaolo Catanzariti. L’avvocato Catanzariti prosegue: “Dalla verità della notizia non si può prescindere neppure nel nome del cosiddetto “giornalismo d’inchiesta”. Non è accettabile che possa essere calpestata la dignità di una donna e madre, esponendola alla gogna mediatica, attribuendo le sue generalità ad una o più persone ancora oggi ignote sebbene oggetto di attività investigative nell’ambito di procedimenti penali, peraltro del tutto sconosciuti alla mia assistita e magari (o sicuramente) non riconducibili alla stessa”. Infine conclude: “Allusioni, parziali ricostruzioni e suggestioni, destinate a restare e resistere nel tempo e ben al di là di una diversa verità, saranno, perciò, oggetto di doverose iniziative legali. Per quanto sinora avvenuto e per quanto ancora potrà essere in futuro riportato”».
x
x