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Gratteri: «Riforma Cartabia figlia di una magistratura indebolita»

Il procuratore capo di Catanzaro a La7 contro le nuove misure sulla Giustizia. Scontro in tv sulla vicenda Oliverio: «Non personalizzo i processi»

Pubblicato il: 08/09/2021 – 1:50
di Roberto De Santo
Gratteri: «Riforma Cartabia figlia di una magistratura indebolita»

CATANZARO «Il termine di improcedibilità dovrebbe sparire da questa riforma». È quanto ha affermato Nicola Gratteri ospite di Giovanni Floris su “di Martedì” in onda su La7 a proposito della riforma Cartabia e per semplificare la sua contrarietà ad alcune modifiche che introduce il pacchetto di misure che porta il nome del ministro della Giustizia, il procuratore capo di Catanzaro fa un esempio: «Guardi è come se fossi sull’autostrada Napoli-Roma e mi venga imposto il termine di due ore per percorrere il tratto. Ma se succede un incidente a Frosinone e vengo bloccato per tre ore, mi viene detto che non posso più ripartire. Anche se io devo andare a Roma». Gratteri poi ne fa un altro di paragone: «È come se stessi dall’oncologo e ci fossero 30 persone da visitare quella mattina, il medico fa in tempo a visitarne 20 mentre le altre 10 non potranno più essere visitate».
Floris, poi chiede di ribaltare la posizione valutando lo stato di chi è in attesa di giudizio stando in carcere. Una domanda a cui Gratteri risponde sibillino: «Da sempre i processi con detenuti hanno la priorità». E per evitare che i soggetti restino in attesa di lunghi procedimenti, Gratteri propone: «Meglio ritornare al vecchio, alla prescrizione. Quella che c’era prima della riforma Bonafede ed anche prima di quella introdotta da Orlando». Secondo il procuratore capo, «il vecchio sistema è certamente meno dannoso di quello» che è previsto dalla riforma Cartabia.

Tensioni tra Gratteri e Barbano sul caso Oliverio

Lo scontro in diretta tv tra Gratteri e Barbano
Lo scontro in diretta tv tra Gratteri e Barbano

Tensione negli studi dopo l’intervento di Alessandro Barbano, codirettore del Corriere dello Sport che ricorda l’inchiesta per corruzione e abuso d’ufficio in cui finì l’allora governatore della Calabria Mario Oliverio e poi conclusasi con l’archiviazione dello stesso. Una ricostruzione che manda su tutte le furie il procuratore capo di Catanzaro, che alla domanda diretta se ci fosse un accanimento nei confronti di Oliverio ha replicato stizzito: «Io non personalizzo i processi. Io faccio il mio lavoro: sono un pubblico ministero e per questo chiedo al Gip le misure». E sull’insistenza di Barbano se si fosse posto il dubbio o meno di un suo pregiudizio nei confronti dell’ex governatore, Gratteri ha attaccato frontalmente ricordando gli scandali avvenuti poi a Catanzaro sulle decisioni “aggiustate”. Tensione che si è innalzata di più quando Barbano ha ricordato altri procedimenti in cui la tesi accusatoria sposata da Gratteri sarebbe stata poi non confermata da giudizi. «È falso – tuona il procuratore capo -. Lei legge solo certi giornali e dunque non è ben informato. Deve avere la pazienza di leggere tutti i giornali».

«Abbiamo una magistratura molto debole»

Il confronto tv tra il procuratore capo Gratteri e il direttore dell'Espresso Marco Damilano
Il confronto tv tra il procuratore capo Gratteri e il direttore dell’Espresso Marco Damilano

Scontro molto forte ricomposto poi dall’intervento del direttore dell’Espresso Marco Damilano che ha riportato il tema del dibattito sulla riforma Cartabia. Alla riflessione che le nuove norme in qualche modo ricalcano quanto era stato previsto dal pacchetto di norme proposte dall’ex ministro Alfano, poi bloccato per l’intervento dell’Anm, dalla politica e dalla società civile perché ritenute leggi ad personam. Mentre ora quelle stesse norme sono state approvate in Parlamento, Gratteri ha risposto: «Abbiamo una magistratura molto debole».
Secondo il procuratore capo, per questo è stato possibile introdurre quelle norme: «Dopo 30 anni la politica ha risposto a quello che secondo alcuni era giudicato lo “strapotere della magistratura”». Dunque una sorta di “rivalsa” della politica sulla magistratura che porta a dire allo stesso Gratteri: «Questa norma non riesco a capirla diversamente».
«Io penso – ha chiarito poi Gratteri – che questa riforma non serve alla giustizia. Aumenterà i problemi e complicherà la possibilità di amministrare bene il settore». Floris poi ritorna sull’affermazione dello stesso procuratore sull’indebolimento della magistratura. Una domanda alla quale Gratteri risponde: «Sono stati fatti degli errori e quindi ovviamente gli errori si pagano».

«L’Europa ha chiesto di ridurre i tempi dei processi non di non farli»

Gratteri alle sollecitazioni sollevate su alcuni punti della Riforma, ha poi spiegato la differenza tra prescrizione ed improcedibilità: «Mentre nella prescrizione c’è un termine naturale per svolgere i processi, qui invece si stabilisce che se non si concludono entro 2 anni, non c’è più nulla da fare. Neppure se c’è una condanna in primo grado».
Alla provocazione del direttore di Libero Pietro Senaldi che sulla riforma Cartabia afferma: «Ve la siete meritata» perché interviene su una situazione della giustizia «pietosa» e che ha portato l’Europa a imporre interventi, Gratteri ha replicato: «L’Europa ha chiesto di ridurre i tempi dei processi non di non farli». E ancora: «Si ci è chiesto perché prima della “ghigliottina” Cartabia non si è proceduto ad altre riforme. Alla depenalizzazione». «Cosa serve – ha affermato Gratteri – fare un processo ad esempio ad un soggetto fermato in auto in stato di ebrezza. Dovrebbe andare davanti ad un prefetto dove gli verrà contestata magari una multa senza andare in aula ad ingolfare il sistema». Secondo Gratteri, sono queste le riforme che andavano fatte.

«La riforma del Csm così come pensata dal referendum non serve a nulla»

La trasmissione poi si è spostata sul tema del referendum sulla Giustizia proposto da diversi partiti anche, ricorda Floris da alcuni leader come Matteo Renzi o Salvini «che si professavano suoi amici». «La riforma del Csm così come è stata pensata nel Referendum – ha sostenuto Gratteri – non serve a nulla. Occorre il sorteggio puro altrimenti le correnti avranno sempre il sopravvento». Poi la domanda di Damilano sulle elezioni in Calabria e sul livello di pulizia avviato dai partiti in vista della competizione elettorale. In particolare, il direttore dell’Espresso ha ricordato il codice varato dalla commissione Antimafia e la richiesta fatta ai partiti di presentare le liste tenendo conto delle loro valutazioni. Una domanda che ha stimolato Gratteri a rispondere: «Serve a poco perché la commissione Antimafia può chiederci se un certo soggetto ha una condanna o è indagato. Ma non risolve il problema perché il capomafia può mettere come prestanome nella lista un giovane incensurato che però risponderà alle logiche della mafia». Secondo Gratteri, «sta solo alla sensibilità e alla correttezza dei partiti» affrontare e risolvere il problema.

«Divisione delle carriere preludio del passaggio dei pm nelle mani dell’esecutivo»

Sulla divisione delle carriere immaginata anche dal referendum, Gratteri: «Serve solo a spostare i duemila pubblici ministeri» per preparare il prossimo passaggio che, secondo il procuratore capo sarà quello «di portarli sotto la sfera dell’esecutivo. Così sarà la politica a dettare l’agenda».
Anche Barbano è ritornato sul tema della mancata separazione delle carriere puntando l’attenzione sul sistema che dovrebbe portare i pm anche a cercare prove a discarico dell’imputato. Una riflessione che ha portato lo stesso codirettore a chiedere a Gratteri se nella sua esperienza abbia adottato o meno questo sistema di garanzia. «Mi è capitato – ha detto con toni forti il procuratore capo -. Non conosce la mia storia di magistrato diversamente non farebbe queste affermazioni». «A me è capitato di chiedere anche l’assoluzione».

«Meraviglia il silenzio dell’Anm»

Infine invito di Senaldi a riflettere sull’obbligatorietà della azione penale e sulla mancanza di azioni da parte dell’Associazione nazionale magistrati dopo le recenti vicende che hanno sconvolto la magistratura. Inviti ai quali Gratteri ha risposto laconicamente «Io penso che l’obbligatorietà dell’azione penale serva». Sulle proposte per accelerare i tempi della giustizia, il procuratore capo ha ribadito di credere che «serva una forte opera di depenalizzazione e un processo di digitalizzazione». Così come di «avere più uomini e più mezzi» al servizio della giustizia. Mentre sui casi avvenuti all’interno della magistratura, Gratteri ha detto: «Meraviglia che l’Anm sia in silenzio e non prenda posizione». (r.desanto@corriercal.it)

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