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La riflessione

«Il caso Lucano e i “giudici” autoproclamati»

L’uomo di legge, il “magistrato” Antonio Spirlì ha emesso la sua sentenza: Mimmo Lucano è colpevole e va condannato!Quando nella vita tutto diventa facile e tutto appare dovuto, allora è possibile…

Pubblicato il: 04/10/2021 – 10:26
di Franco Scrima*
«Il caso Lucano e i “giudici” autoproclamati»

L’uomo di legge, il “magistrato” Antonio Spirlì ha emesso la sua sentenza: Mimmo Lucano è colpevole e va condannato!
Quando nella vita tutto diventa facile e tutto appare dovuto, allora è possibile anche ergersi a giudice e condannare un uomo il cui torto è stato quello di spendersi per aiutare un gruppo di disperati che avevano sfidato il mare pur di raggiungere un Paese che potesse assicurare loro pace e di che sfamarsi.
Antonio Ricchio, su Gazzetta del Sud, ha definito le dichiarazioni di Spirlì (il cosiddetto “facente funzioni” da Presidente della Regione Calabria) “abrasive”. È la sintesi della repulsione con la quale la società civile ha reagito alla condanna di Mimmo Lucano a tredici anni e due mesi, considerata dall’opinione pubblica abnorme, pur nel rispetto dell’alta funzione della Magistratura.
Men che meno possono essere accettate le dichiarazioni incaute di Spirlì che, da perfetto esecutore del pensiero salviniano, è come sprofondato in una cloaca nella quale non ha potuto che trovare le parole che ha usato per gioire nel sottolineare la condanna di Mimmo Lucano.
Sarebbero milioni gli euro che, secondo Spirlì, la Rai avrebbe «buttato nel cesso» per pagare la fiction su Riace a seguito dell’accoglienza dei migranti. Probabilmente in quel «cesso» meriterebbero di finire altre persone (o pseudo tali) magari abituate a guardarsi intorno per carpire le presunte debolezze del prossimo, ma senza curarsi delle loro condizioni di vita. E Spirlì, che si trova a vestire i panni impropri della più alta carica politico-amministrativa della Calabria, avrebbe fatto bene a tacere piuttosto che salire sul piedistallo per emanare “suoni” senza costrutto.
Cosa dirà il “facente funzioni”, il quale dimentica che i gradi di giudizio nel nostro Paese sono tre e, dunque, se la sentenza del Tribunale di Locri venisse annullata o riformulata? Avrà gli “attributi” per ritirarsi lui dall’incarico cui aspira chiedendo scusa a Lucano e ai calabresi, nonostante si senta forte del sostegno del suo mentore?
Mimmo Lucano, secondo i giudici del Tribunale di Locri, ha agito da profittatore e, come tale, va condannato. Se però in altri gradi di giudizio si dovesse riconoscere la sua onestà e il suo senso di “pietas” nell’avere accolto i tanti disperati che tendevano la mano dopo essere approdati sulla costa calabrese, costretti a lasciare il loro paese con nel cuore la speranza di poter raggiungere “terre” sicure, cosa direbbe Spirlì? Si cospargerà la testa di cenere? Chiederà perdono per le parole al vetriolo, a dir poco discutibili pronunciate da una persona che rappresenta la Calabria?
Spirlì, come il suo segretario di partito, ha dimenticato che l’Italia ha condotto una guerra di liberazione per affrancarsi dalla dittatura fascista e affermare la democrazia nel Paese. E la democrazia pretende che, fino a sentenza definitiva, prevalga la presunzione di innocenza. Ma a Spirlì, evidentemente, è sfuggito che si tratta di un principio del diritto penale secondo cui un imputato è considerato non colpevole sino a sentenza definitiva, vale a dire fino all’esito del terzo grado di giudizio che compete, per fortuna, alla Suprema Corte di Cassazione e non ad altri.
*giornalista

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