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Rinascita Scott, il processo al colonnello e all’imprenditore Delfino è stato riunito al troncone principale

Lo ha deciso il Tribunale di Vibo Valentia che ha rigettato le eccezioni di incompetenza territoriale sollevate dalle difese

Pubblicato il: 14/12/2021 – 13:10
di Alessia Truzzolillo
Rinascita Scott, il processo al colonnello e all’imprenditore Delfino è stato riunito al troncone principale

LAMEZIA TERME Il Tribunale di Vibo Valentia – Brigida Cavasino presidente, a latere Gilda Romano e Claudia Caputo – ha deciso questa mattina di riunire al troncone principale del maxiprocesso Rinascita Scott il procedimento che vede imputati il colonello dei carabinieri Giorgio Naselli, l’imprenditore Rocco Delfino, alias “U Rizzu”; anche l’amministratore fittizio Giuseppe Calabretta; Salvatore Delfino, figlio di Rocco e titolare del 33% delle quote della società del padre; Roberto Forgione, socio di minoranza di Rocco Delfino; Ilenia Tripolino, fidanzata del figlio di Rocco Delfino. Il collegio ha rigettato l’eccezione presentata lo scorso 7 dicembre dall’avvocato Giuseppe Fonte, difensore del colonello Naselli, il quale chiedeva che venisse sollevato il conflitto negativo di competenza e si rimettessero gli atti del fascicolo alla Corte di Cassazione per decidere sulle questioni di incompetenza territoriale ravvisate dalla difesa. Anche questo stralcio del processo contro le cosche vibonesi resterà in Calabria ed è ora riunito al procedimento principale del dibattimento che si sta svolgendo nell’aula bunker di Lamezia Terme.

Il troncone Naselli-Delfino

Secondo l’accusa l’imprenditore Rocco Delfino è soggetto affiliato alla ‘ndrangheta ed in particolare alle sue articolazioni territoriali note come cosche “Piromalli” e “Molè’” di Gioia Tauro, alleate ai Mancuso di Limbadi. Delfino nel 2011 costituiva la società Ecotrasporti srl con sede in Palmi, avente come oggetto sociale l’autotrasporto di cose conto terzi e anche il recupero e trattamento dei rifiuti non pericolosi – attribuendo in modo fittizio la titolarità del 33% delle quote della predetta società al figlio Salvatore Delfino. Nel 2016 Rocco Delfino attribuiva in modo fittizio anche la titolarità delle restanti quote societarie al figlio e alla fidanzata Elena Tripolino. Nel 2017 Salvatore Delfino cedeva il 93% delle quote a Giuseppe Calabretta. In seguito, Calabretta e Tripolino, per eludere le misure di prevenzione, in accordo con Rocco Delfino, trasferivano la sede legale della società a prima a Reggio Calabria e poi in provincia Teramo (da qui la ragione da cui nasce l’eccezione di incompetenza territoriale da parte delle difese). Rocco Delfino e i suoi soci, infine, avrebbero messo in atto tutta una serie di reati per superare le problematiche connesse all’interdittiva antimafia e alla possibile adozione di misure di prevenzione, come attribuire fittiziamente la carica di amministratore unico a Elena Tripolino, o trasferire la sede legale della società dalla provincia di Teramo a Chiaravalle Centrale.
Dal canto suo il colonnello Naselli, in accordo con l’avvocato Giancarlo Pittelli (imputato nel troncone principale del processo), abusando della sua qualità di pubblico ufficiale, quale Tenente Colonnello dell’Arma dei Carabinieri con l’incarico di Comandante Provinciale di Teramo, avrebbe acquisito notizie d’ufficio, che dovevano rimanere segrete, sulla società Mc Metalli srl di Rocco Delfino. Naselli avrebbe rivelato che la pratica pendente in Prefettura, conteneva delle criticità. Criticità oggetto di verifiche in corso.

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