“Dov’è la ‘ndrangheta in Italia”. Un’inchiesta, anche video, de Il Post mette in evidenza le infiltrazioni della ‘ndrangheta oltre i confini della Calabria prendendo spunto dalla recente operazione operazione Propaggine, nel corso della quale sono stati arrestati a Roma 43 presunti appartenenti al clan ‘ndranghetista Alvaro di Sinopoli (Reggio Calabria). Secondo la testata giornalistica questa operazione confermerebbe le risultanze emerse dall’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia, che ha certificato – scrive Il Post – «la capacità della mafia calabrese di insediarsi in molte parti d’Italia creando quelle che, nel linguaggio degli affiliati adottato anche da chi fa le indagini, sono chiamate le “locali” (molti, anche nei documenti di polizia e magistratura, declinano al maschile: i locali). Si tratta di filiali create in territori lontani dalla Calabria con il consenso dei boss del clan». Per il Post « oltre alle attività criminali la locale replica nel territorio in cui si insedia riti, usanze, linguaggi di quella che si può chiamare “casa madre”. Le decisioni fondamentali devono essere sempre avallate dalla Provincia o Crimine, come viene chiamata la commissione a cui spetta l’approvazione finale di tutte le attività. Le decisioni vengono prese durante le cosiddette “mangiate”, pranzi che durano tutto il giorno. A Roma – prosegue l’inchiesta della testata – sarebbe la prima volta che viene scoperta la presenza così organizzata di un clan. La criminalità ‘ndranghetista nella capitale c’è da tempo, ma non era mai stata segnalata una locale. Nel Nord Italia, invece, le locali sono molte e sono presenti e attive fin dagli anni Cinquanta quando, con decisioni che si rivelarono poi controproducenti, boss della ‘ndrangheta, ma anche della mafia e della camorra, vennero spediti al soggiorno obbligato in centri del Nord». Per il Post «la presenza della ‘ndrangheta, soprattutto in Lombardia, divenne poi invadente e prominente negli anni Ottanta. Furono gli anni in cui Buccinasco, in provincia di Milano, iniziò a essere chiamata la Platì del Nord, dal nome del paese calabrese dove vivevano i Papalia e i Barbaro. Da lì gestivano affari non solo in Italia ma in tutta Europa: comprarono alberghi, ristoranti, bar e vari tipi di attività commerciale. Furono anche gli anni in cui i clan della ‘ndrangheta guidati da Pepè Flachi strinsero alleanze d’affari nel Nord Italia con la camorra e la banda milanese di Renato Vallanzasca. Dagli anni Ottanta a oggi il giro d’affari criminale della ‘ndrangheta è cresciuto, approfittando anche dell’indebolimento della mafia siciliana contro la quale, dopo le stragi dei primi anni Novanta, si concentrò l’attività di repressione dello Stato. Quelli calabresi – si rimarca nell’inchiesta giornalistica – sono i clan criminali attualmente più forti: la ‘ndrangheta è leader assoluta nel traffico della cocaina, ma è stata anche capace di intrecciare rapporti con funzionari e rappresentanti degli enti locali, sia in Calabria sia in altre parti d’Italia, così come con imprenditori, liberi professionisti, dirigenti d’azienda. Ha scelto di essere un’organizzazione più “silente” per infiltrarsi con maggiore successo nell’economia. L’affermazione della ‘ndrangheta è dovuta anche, come spiega l’ultimo rapporto della Direzione investigativa antimafia sul primo semestre 2021, “alla composizione organizzativa su base familiare sempre coesa all’interno”. È vero anche però che ormai esiste un numero elevato di ‘ndranghetisti divenuti collaboratori di giustizia, grazie ai quali ci sono state importanti operazioni di polizia. La “competitività” della ‘ndrangheta è ancora però forte e solida anche grazie alla notevole capacità, si legge nel rapporto della Dia, “di relazionarsi agevolmente e con egual efficacia sia con le sanguinarie organizzazioni del narcotraffico sudamericano, sia con politici, amministratori, imprenditori e liberi professionisti. La ‘ndrangheta esprime un sempre più elevato livello di infiltrazione nel mondo politico-istituzionale, ricavandone indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche”». Il Post inoltre spiega che «secondo la Dia, con la sua attività di corruzione la ‘ndrangheta arriva a condizionare gli enti locali “sino a controllarne le scelte, pertanto inquinando la gestione della cosa pubblica e talvolta alterando le competizioni elettorali”. La mafia calabrese è anche quella che più riesce ad arruolare nuove leve. Sempre la relazione della Direzione investigativa antimafia parla di una specie di “propaganda criminale” anche attraverso i social network, rivolta specialmente ai giovani disoccupati. La ‘ndrangheta è la più internazionale delle organizzazioni. Opera in Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Austria, Slovacchia, Romania e Malta, nonché in Australia, Canada e Stati Uniti. In Italia sono state censite 47 locali: 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, tre in Liguria, una in Veneto, una in Valle d’Aosta e una in Trentino-Alto Adige. L’organizzazione criminale calabrese, dice la relazione della Dia, “è perfettamente radicata e ben inserita nei centri nevralgici del mondo politico-imprenditoriale anche nei contesti extra regionali e i numeri dimostrano la capacità espansionistica delle cosche e la loro vocazione a duplicarsi secondo gli schemi tipici delle strutture calabresi”. Prova ne sono i tanti consigli comunali sciolti per ingerenze ‘ndranghetiste. Un esempio tra tutti è quello di Saint-Pierre, meno di 3mila abitanti, in Valle d’Aosta, dove secondo le inchieste della magistratura una locale della cosca Nirta-Strangio di San Luca, nella provincia di Reggio Calabria, aveva condizionato i lavori degli amministratori pubblici». Il Post infine cita anche Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, che – spiega la testata – «ha detto recentemente che “la ‘ndrangheta spara meno però corrompe di più, ha sempre più rapporti con il mondo dell’imprenditoria e della politica». Indagini e arresti sembrano confermarlo in tutta Italia, anche se le cosche non hanno smesso di occuparsi di traffico di droga, usura, estorsioni, in generale di marcare il territorio ricorrendo, quando lo ritengano necessario, alla violenza. D’altra parte il settore delle sostanze stupefacenti, come conferma la Dia, “non fa registrare flessioni. E la ‘ndrangheta è considerata dai narcotrafficanti sudamericani l’organizzazione più affidabile, in grado di gestire enormi quantitativi di droga in arrivo nei porti italiani di Gioia Tauro, La Spezia, Genova, Livorno, Vado Ligure».
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