LAMEZIA TERME «Mi sono fatto la casa». A parlare è Antonio Vacatello, 58 anni, considerato il capo ‘ndrina a Vibo Marina del locale di Zungri capeggiato da Giuseppe Antonio Accorinti. Secondo le indagini che sono confluite nel maxi processo Rinascita-Scott, Vacatello esercitava «il diretto ed assoluto controllo della zona di Vibo Marina», compreso l’appropriarsi dell’abitazione di una persona che era in debito con lui. Se ne vanta con Valerio Navarra, l’armiere della cosca di Zungri, al quale dice, appunto «mi sono fatto la casa».
Gli uomini del Norm della Compagnia di Vibo Valentia avevano pure scoperto che, durante una perquisizione alla ricerca di armi, che Vacatello aveva fatto un allaccio abusivo alla rete elettrica «dovuto al fatto che non essendo lui il proprietario non poteva fare neanche un contratto di fornitura, di fornitura Enel», spiega il tenente colonnello Valerio Palmieri, che ha guidato per molti anni il Nucleo investigativo della Provinciale di Vibo Valentia.
L’appartamento era stato pure sequestrato dalla banca ma Vacatello non dà pena: «All’asta non ci va nessuno, perché non si presenta nessuno», dice a Navarra. A settembre 2018 si presenta dai carabinieri la parte offesa che denuncia l’appropriazione dell’abitazione fatta da Vacatello e spiega che sull’appartamento c’era anche un mutuo «che nella forma contrattuale della prima acquisizione doveva essere in capo a Vacatello, che in realtà non ha più onorato, quindi si è trovata la signora senza casa e con il mutuo comunque da pagare fino ad arrivare a questo pignoramento da parte della banca, che però non ha avuto esito, perché Vacatello dice: “Io sto da venti anni e nessuno tanto si presenterà”». Secondo il colonnello il fatto coincide con quanto già già messo in campo dal boss di Zungri, Accorinti, il quale quando gli interessa un terreno, sa che «basta mandare un segnale che interessa a lui e non si presenta nessuno, nessuno all’asta».
Il colonnello Palmieri spiega che Giuseppe Antonio Accorinti «controlla una grossa, ma veramente grossa porzione di territorio della provincia (di Vibo, ndr) che coincide con quasi tutto il Monte Poro, quindi parte da Vibo Marina, Briatico, arriva fino a Parghelia attraverso Zambrone». «Nell’attività investigativa – dice il teste – sono emersi evidenti elementi di controllo sugli abitati in particolare di Briatico, di Cessaniti e di Vibo Marina». A dare problemi ad Accorinti è stato il territorio di Filandari «perché pur avendo un soggetto di riferimento come Cichello Domenico e avendolo scelto come luogo per passare la maggior parte del suo stato di clandestinità» a Filandari sono esplosi i conflitti da quanto è stato scarcerato Leone Soarino che, tra la fine del 2017 e il 2018, entra in conflitto con Accorinti creando nel paese «molte situazioni di tensione, pericolosissime situazioni di tensione», dice Palmieri. Il colonnello spiega che «si era creata una sorta di alleanza o di comunione di intenti da parte di alcuni soggetti di Vibo Valentia e Leone Soriano circa la necessità di eliminare Giuseppe Antonio Accorinti». L’esplodere della faida è stata arginata col fermo di Leone Soriano nel 2018 e con una serie di attività di perquisizione preventiva sui vari soggetti coinvolti in questo stato di tensione e sullo stesso Accorinti. Le attività dei carabinieri hanno permesso di rinvenire numerose armi.
Nelle indagini denominate “Costa pulita” – spiega il colonnello – emerge la figura di Antonino Accorinti, classe ’56, quale figura di rilievo sul territorio di Briatico. Non è parente di Peppone Accorinti, ma tra i due, risulta dalle indagini di Costa Pulita che si sono svolte tra il 2010 e il 2013, esservi un rapporto. «In quel periodo si registrano una situazione di controllo del territorio da parte di una struttura di ‘ndrangheta che fa capo a Nino Accorinti su Briatico, di questa struttura sicuramente ne fa parte Francesco Giuseppe Bonavita detto Pino Ercolino e altri soggetti come i fratelli Melluso e gente che comunque aveva particolare interesse sul territorio, il figlio di Accorinti Nino e altri». Dalle indagini emerge che Nino Accorinti viene più volte convocato da Giuseppe Antonio Accorinti ma si reca da lui malvolentieri. Nella primavera del 2016 vengono effettuati gli arresti di “Costa Pulita” che non coinvolge il boss di Zungri ma «i vertici della struttura o comunque le persone più importanti che contavano sul territorio di Briatico e immediatamente dopo l’unico riferimento rimane Gregorio Niglia, che cresce, come avevano tra l’altro previsto nelle intercettazioni alcuni degli appartenenti al sodalizio che faceva capo ad Nino Accorinti» e diventa un punto di riferimento solido per Giuseppe Antonio Accorinti. Gli investigatori percepiscono dalle conversazioni captate che Nino Accorinti non solo non gradiva essere convocato dal suo omonimo a Zungri ma non amava nemmeno la presenza di Gregorio Niglia, detto Lollo. Nel 2011, per esempio, viene registrata una conversazione nel corso della quale Nino Accorinti «si lamenta del fatto che non gradisce che Lollo sia a conoscenza dei suoi movimenti e dei suoi rapporti con il soggetto che deve incontrare a Zungri, che riteniamo essere Giuseppe Antonio Accorinti». Gli incontri tra i due Accorinti avvenivano al “pagliaio” «perché Giuseppe Antonio Accorinti passava molto tempo in quello che lui indicava il pagliaio, che era il luogo di ricovero degli animali che loro avevano su Zungri». Nelle conversazioni gli stessi sodali di Nino Accorinti riconoscono il potere di Peppone Accorinti, rivela il colonnello Palmieri. Nel 2012 vi è una conversazione intercettata tra Salvatore Prostamo e Giuseppe Granato. «Peppe è come era Nino dieci anni fa», dicono i due, cioè andavano tutti a trovarlo e c’erano molte persone in attesa di essere ricevute. Prostamo fa un parallelismo, dice: «Come quando vanno la domenica dal prete a confessarsi, stanno tutti in fila e aspettano pezzi di ore».
«Aspettano molto tempo per essere ricevuti da Giuseppe Antonio Accorinti – spiega Palmieri -, siamo già nel 2012, lui ha un ruolo molto importante anche rispetto a questi che sono i sodali di Nino Accorinti». Salvatore Prostamo e Giuseppe Granato annotano altri particolari rispetto al potere di Giuseppe Antonio Accorinti: il fatto che un altro vertice della ‘ndrangheta di Briatico, Pino Ercolino, avesse aspettato due ore per farsi ricevere da Accorinti e poi mettono in risalto il timore che il boss di Zungri incute: «Lui se si muove uno spigolo e non lo sa lui gli taglia la testa e prende la motosega». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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