Se c’è un fenomeno che nell’olivicoltura degli ultimi anni può essere messo al centro di attente riflessioni è quello della vera e propria corsa dei sistemi produttivi regionali verso il riconoscimento dei marchi di qualità.
L’Italia vanta già un punto di eccellenza con ben 44 Denominazioni di origine protetta, Dop a tutela di oli di altà qualità; più recentemente, invece, le richieste (e gli ottenuti riconoscimenti) riguardano l’Indicazione Geografica Protetta chiesta per produzioni che coprono interamente le regioni.
Una scelta che ha una logica condivisibile ed una premessa riferita ad un esempio di straordinario successo, in Toscana infatti proprio attraverso l’Igp – alimentato dalle 4.000 tonnellate fornite da ben 9mila produttori – si è definitivamente configurato un sistema che – allo stato – ha imitazioni ma non eguali in Italia.
E tuttavia ai blocchi (quasi) di partenza ci sono tre realtà con numeri che potrebbero essere eccezionali, le Igp di Puglia, Calabria e Sicilia.
Nella nostra regione l’obiettivo è ambizioso e passa attraverso alcune fondamentali azioni, occorre cioè imbottigliare più olio, far associare quanti più produttori possibili e certificare quantità di olio più grandi.
Ecco perché le progettualità, anche a livello territoriale, destinate a sostenere le aziende olivicole, soprattutto quelle giovani, sono essenziali in una logica di prospettiva per lo sviluppo e l’affermazione dell’olivicoltura calabrese.
Come quella messa in campo dal Gal Terre vibonesi e grazie alla quale Filippo Mesiano, giovane imprenditore olivicolo, ha configurato un’azienda olivicola ora capace di imbottigliamento.
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