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l’udienza

Chieste due condanne a 12 anni e 8 mesi per le “nuove leve” del clan Serraino

A Reggio Calabria requisitoria del pm nel processo scaturito dall’operazione “Pedigree 3” per gli imputati Doldo e Russo

Pubblicato il: 19/07/2022 – 21:17
Chieste due condanne a 12 anni e 8 mesi per le “nuove leve” del clan Serraino

REGGIO CALABRIA La Dda di Reggio Calabria ha chiesto due condanne, entrambe a 12 anni e 8 mesi di reclusione, per Domenico Russo e Francesco Doldo, ritenuti dai magistrati antimafia esponenti della cosca Serraino. La requisitoria del sostituto procuratore Walter Ignazitto è arrivata nel processo con rito abbreviato nato dall’inchiesta “Pedigree Tre”, una delle operazioni con le quali la Procura antimafia ha acceso i riflettori sull’insorgenza delle giovani generazioni dei clan di Reggio Calabria. In questo caso l’obiettivo è la cosca attiva nelle aree collinari della città, con proiezioni fino a Santo Stefano d’Aspromonte.

Le attività della cosca Serraino

Doldo e Russo, secondo gli inquirenti, farebbero parte del sodalizio criminale; le indagini svolte dalla Squadra Mobile della Dda di Reggio Calabria si sono avvalse anche delle dichiarazioni di alcune persone arrestate nelle precedenti operazioni (Pedigree e Pedigree 2), che nel frattempo hanno scelto di collaborare con la giustizia. I collaboratori di giustizia hanno indicato tra le attività dei Serraino estorsioni a imprenditori e commercianti locali, l’imposizione con violenza e minaccia di beni e servizi e l’impiego dei proventi delle attività delittuose in esercizi commerciali nel campo della ristorazione e della vendita di frutta, intestati a prestanomi.

I rapporti degli imputati con l’ex capo clan Francesco Russo

Secondo l’accusa Doldo, pur non essendo stato formalmente “battezzato”, sarebbe un membro del clan, al quale avrebbe fornito un prezioso contributo rendendosi disponibile per conservare e custodire armi e mettendo a disposizione gli uffici della sua agenzia di assicurazioni per riunioni di ‘ndrangheta. Doldo avrebbe avuto uno stretto rapporto con Francesco “Ciccio” Russo, detto u “scazzu”, capo della cosca Serraino sino al suo arresto dell’ottobre 2020. L’odierno imputato si sarebbe attivato per individuare un’autovettura da destinare al trasporto dei familiari di Francesco Russo, ristretto in carcere dopo l’esecuzione dell’ordinanza emessa a suo carico nel procedimento Pedigree 2; per ricercare somme di denaro, su sollecitazione di Domenico Russo, da destinare al pagamento delle spese legali in favore del detenuto Francesco (Ciccio) Russo, all’epoca esponente di vertice della consorteria mafiosa. Russo, dal canto suo, avrebbe fornito nel tempo, sempre secondo gli investigatori, “sistematica e fattiva collaborazione” al padre Francesco, detto “Ciccio lo scalzo”, che a sua volta era stato indicato dai collaboratori di Giustizia come storico componente della cosca Serraino con il ruolo direttivo di “capo società” che aveva presieduto i riti di affiliazione e che, dopo la sua recente scarcerazione nel 2017, aveva mantenuto un ruolo apicale, interloquendo direttamente con il capo della ‘ndrina Nino Serraino.

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