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Omicidio Tucci-Chiodo

Strage di via Popilia, la Corte d’appello conferma due ergastoli

Inflitto il massimo della pena a Fiore e Antonio Abbruzzese. Bevilacqua e Berlingeri sono stati condannati a 30 anni, Madio a 12

Pubblicato il: 19/07/2022 – 14:51
di Fabio Benincasa
Strage di via Popilia, la Corte d’appello conferma due ergastoli

COSENZA La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro (presidente Caterina Capitò) ha emesso la sentenza nei confronti degli imputati nel procedimento che mira a far luce sulla “Strage di via Popilia” consumatasi il 9 novembre del 2000 e che costò la vita a Benito Aldo Chiodo Francesco Tucci. Per Fiore Abbruzzese e Antonio Abbruzzese è stato confermato l’ergastolo, mentre sono state comminate pene meno severe per gli altri indagati. Celestino Bevilacqua è stato condannato a 30 anni (a fronte della richiesta di ergastolo), Saverio Madio (difeso dagli avvocati Filippo Cinnante e Aldo Truncè) a 12 anni a fronte di una precedente condanna a 28 anni e sei mesi. Infine, la condanna per Luigi Berlingieri è stata decisa una pena a 30 anni.

La condanna in Corte d’Assise

La Corte d’Assise del Tribunale di Cosenza, per il doppio delitto, aveva condannato all’ergastolo Fiore Abbruzzese, Antonio Abbruzzese e Celestino Bevilacqua mentre Luigi Berlingieri era stato condannato alla pena di 30 anni di reclusione e Saverio Madio alla pena di 28 anni e 6 mesi. Una prima verità giudiziaria messa nero su bianco dal collegio giudicante presieduto da Paola Lucente con a latere il collega Giovanni Garofalo e i giudici popolari.

L’apporto dei pentiti

Determinanti nella costruzione del castello accusatorio sono state certamente le confessioni rese in aula dai collaboratori di giustizia chiamati a testimoniare. Su tutti, l’ex boss dei nomadi “Franchino i Mafarda”. Il pentito ha avuto modo di spiegare come la decisione di uccidere Benito Chiodo fu anticipata dagli attriti tra il gruppo dei nomadi e quello degli italiani, di cui la vittima era esponente. Gli “Zingari”, avevano deciso di estendere il delle attività illecite e oltre al traffico di droga cercarono di accaparrarsi anche il business delle estorsioni. Benito Chiodo avrebbe violato i patti di una presunta alleanza e lo “sgarro” l’avrebbe pagato con la vita. Come riferito dallo stesso collaboratore di giustizia, alla guida della Lancia Thema (che sarebbe stata usata per l’agguato mortale) si trovava Fiore Abbruzzese insieme a Franco Bevilacqua, Gianfranco Iannuzzi (deceduto) e Luigi Berlingieri. Il mandante sarebbe stato Antonio Abbruzzese, mentre Francesco Madio e Celestino Bevilacqua avrebbero svolto un ruolo di supporto al gruppo di fuoco.

I dubbi sull’auto utilizzata

L’auto utilizzata dal sodalizio come sostenuto da “Franchino i Mafarda” è finitnel mirino della difesa, sostenuta dall’avvocato Francesco Boccia. Che nella sua discussione ha dimostrato come la stessa sia stata rottamata subito dopo il dissequestro, in un periodo successivo al pentimento del collaboratore di giustizia. Inoltre, il legale aveva portato all’attenzione della Corte un’altra incongruenza relativa alla dinamica dell’omicidio. Il pentito, infatti, ha sempre parlato di un agguato avvenuto con l’utilizzo di due pistole, mentre dalla prima perizia balistica sarebbe emerso l’utilizzo di una sola arma. (redazione@corrierecal.it)

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