I parenti del boss Mancuso “spiavano” i giudici dal bar vicino al Tribunale di Milano
Tra gli arrestati anche Luigi Aquilano, genero del capobastone Antonio. «Ho preso dai ticket i nomi delle toghe e ho letto le loro storie»

MILANO C’è anche Luigi Aquilano, il genero del boss Antonio Mancuso vertice della cosca di Limbadi, tra i tre arrestati di oggi al termine dell’inchiesta coordinata dal pm della Dda di Milano Alessandra Cerreti che ha visto perquisizioni in tutta Italia e un avviso di conclusione indagine per 27 persone. È quanto emerge dall’ordinanza del gip milanese Lidia Castellucci che ha disposto il carcere anche per Arturo Garofalo, legato a Cosa Nostra con riferimento ai “cugini” Fontana dell’Acquasanta di Palermo e per Christian Cucumazzo, già detenuto a Siracusa, e ritenuto vicino alla Sacra Corona Unita, con il clan Strisciuglio di Bari, e l’obbligo di firma per Viola Moretti, “mandante” del recupero crediti per una somma di 44 mila euro nei confronti di un imprenditore con cui aveva avuto in passato una relazione amorosa.
I quattro sono stati destinatari della misura cautelare in particolare per questo episodio di estorsione a cui si aggiungono alcuni episodi di droga. Il giudice che, come si legge nell’ordinanza, ha operato un «notevole ridimensionamento del quadro indiziario», non ha riconosciuto i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso e di narcotraffico contestati dalla Procura nella chiusura delle indagini, e ha quindi respinto 26 richieste di misura cautelare avanzate dal pm. «Tirando le fila delle considerazioni che si sono rassegnate – scrive il gip Castellucci – le risultanze della presente indagine se, da un lato, confermano la presenza sul territorio lombardo di soggetti legati da vincoli familiari con la famiglia ‘ndranghetista Mancuso, dall’altro non hanno documentato l’esistenza, fuori dalle aree di origine, di un’associazione mafiosa connotata da un impegno reciproco e costante, funzionalmente orientato alla struttura e alla attività dell’organizzazione criminosa».
«Ho preso i ticket dei giudici e mi sono andata a leggere le storie»
Luigi Aquilano, 44enne, avrebbe gestito un bar in via Manara, proprio a fianco al Palazzo di Giustizia di Milano, e da quel locale Rosaria Mancuso, moglie di Aquilano (non indagata) e «figlia del capobastone» della cosca Antonio Mancuso, 84 anni, avrebbe assunto «informazioni» su «alcuni magistrati» che lo frequentavano. Il particolare emerge dalle 850 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano Lidia Castellucci. Quel bar, come risulta dagli atti, sarebbe stato acquistato nel 2018 da una società di Aquilano e rivenduto nel dicembre 2020. La circostanza che si trovasse «proprio di fronte all’ingresso di via Manara del Palazzo di Giustizia» faceva sì che fosse frequentato «da magistrati, avvocati, appartenenti» alle forze dell’ordine «e personale impiegato negli uffici giudiziari». E da un’intercettazione del gennaio 2019 «è emerso come Rosaria Mancuso, approfittando delle generalità riportate sui ticket» dei buoni pasto «avesse consultato fonti aperte per informarsi sulla storia e sulla carriera professionale dei magistrati che sono habituè del loro bar». E diceva: «Guarda oggi ho preso i ticket di tutti i nomi dei giudici quelli che vengono e mi sono andata a leggere le storie (…) la bionda invece ha fatto processi importanti… e poi uno che è venuto stamattina… praticamente sono andata a vedere… sai in quale processo faceva parte? In quello Why Not! (…) siamo proprio circondati!». Tra l’altro, il “capobastone” del clan Antonio Mancuso in un’intercettazione si preoccupava per la “posizione” di quel bar: «Lavoriamo pure in un punto delicato».