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«Fratello di latte»

Quando incontrava un asino lo salutava chiamandolo “fratello”. Fratello di latte. Ci teneva a fare sapere che era stato svezzato con il latte d’asina della povera campagna aspromontana. Un modo ir…

Pubblicato il: 26/09/2022 – 8:47
di Bruno Gemelli
«Fratello di latte»

Quando incontrava un asino lo salutava chiamandolo “fratello”. Fratello di latte. Ci teneva a fare sapere che era stato svezzato con il latte d’asina della povera campagna aspromontana. Un modo ironico per non rinnegare le proprie radici. Le tanto bistrattate radici. E già, perché Totò Delfino, cui ricorre il 14mo anniversario della morte, nacque a Platì la cui montagna scorgeva dalla sua casa di Bovalino Marina. La sua penna era vulcanica. La sua specialità era quella di mettere alla berlina la burocrazia che faceva la faccia feroce per rimediare ai propri ridicoli errori.

Antonio Delfino ha avuto una vita intensa. Intanto, era figlio di “Massaru Peppe”, l’epico maresciallo dei Carabinieri di Platì che tracciò un suo personale percorso in cui persino la malandrineria lo rispettava.
Era fratello del generale dei Carabinieri Francesco Delfino, che ha sempre difeso dopo che l’alto ufficiale incappò in un’intricata vicenda giudiziaria che lo vide soccombere. È stato un educatore, svolgendo per lunghi anni il ruolo di preside in una scuola di Bovalino. Fece politica con Riccardo Misasi nella corrente di Base della Democrazia Cristiana. Ma il pubblico lo conobbe soprattutto come giornalista e scrittore. Collaborò con un’infinità di testate nazionali e regionali.
Rideva per non piangere di fronte al saccheggio sistematico dei beni archeologici, annotando: «…per oltre mezzo secolo i resti dell’antica Locri rimasero nel museo di piazza stazione, ornato dalla fontana-insalatiera, dove i cocchieri, nell’infuocata controra, rinfrescavano i cavalli in attesa dei padroni». E ancora: «al funerale di don Pietro Seraca, presidente della nobile Arciconfraternita… il fattore, dignità suprema nella gerarchia contadina di una casa patrizia, vestito a lutto, organizza in tutti i particolari il funerale del padrone. Viene avvisata la banda musicale di Cinquefrondi con il suo capo Rafa di Lana. Niente marce funebri strappalacrime. Lo stesso repertorio usato per il maestro Saripozza portato al cimitero al suono di “Funiculì Funiculà”. Poi tre coppie di cavalli per trainare il carro funebre. Sui nomi da reggere i cordoni della bara scoppiano controversie e interminabili diatribe». Totò Delfino non sopportava i turisti della domenica in visita ai paesi “disgraziati”. Pianse per le tragedie, rise dei tragediatori.

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