COSENZA Raffaele Bortoliero racconta le vicende di molti giovani che avevano sogni e nutrivano aspirazioni, guardando al futuro con ottimismo e speranza. Storie di giovani vite spezzate. L’incontro con i familiari ha condotto l’autore a descriverne la disperazione, la solitudine, la sofferenza, il grido di dolore. Ma anche la necessità di giustizia. Il suo libro “Non si può morire di lavoro” è stato presentato nella sede cosentina della Cgil.
«E’ una mattanza, c’è la mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro, non c’è una reale conoscenza del rischio e il pericolo molte volte viene sottovalutato», racconta l’autore al Corriere della Calabria. Bortoliero è figlio di un minatore ed ha ricoperto numerosi incarichi nella pubblica amministrazione, negli Enti locali e nei consorzi. Conosce bene i cantieri, li ha vissuti e ne ha toccato con mano inefficienze e lacune. «Spesso la causa delle morti sul lavoro sono legate alla distorsione delle protezioni di sicurezza dei macchinari nei cantieri, non si seguono le dovute norme: dalle impalcature all’imbragatura». «Sono almeno due o tre i lavoratori che perdono la vita ogni giorno, è diventata una cosa talmente ordinaria che c’è il rischio di una sorta di indifferenza collettiva. Io cerco di denunciare le storture del sistema, nel mio libro inchiesta racconto le storie di otto ragazzi, ho incontrato i familiari delle vittime». L’autore ha anche avuto modo di ascoltare le parole di magistrati e inquirenti in un testo che sottolinea come il tema della sicurezza si evidentemente e colpevolmente sottovalutato. «Mancano formazione e informazione. Le scuole devono attivarsi».
«La situazione è drammatica e dinanzi al numero elevato di morti, in molti continuano a considerare la sicurezza un costo e non un investimento», dice Umberto Calabrone segretario generale Cgil Cosenza. Che solleva un’altra questione, quella relativa agli scarsi controlli. «Abbiamo un problema sui controlli, noi chiediamo da tempo una collaborazione ma la Spisal e gli ispettorati del lavoro possono fare poco senza personale. Anche i concorsi, se penso all’ispettorato del lavoro a Cosenza, sono quasi inesistenti così come le assunzioni». (f.b.)
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