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‘Ndrangheta a Rosarno, la rabbia di Palaia per i tributi chiesti dal Comune mentre era in carcere. «Vengo con un’accetta»

A Francesco Benito Palaia, uscito dal carcere ad aprile 2018, è stata recapitata una lettera con gli arretrati di acqua e rifiuti. «Mi sento preso per il c***!»

Pubblicato il: 13/12/2022 – 19:51
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta a Rosarno, la rabbia di Palaia per i tributi chiesti dal Comune mentre era in carcere. «Vengo con un’accetta»

REGGIO CALABRIA «No! Picchio al Sindaco questa è la differenza» «o almeno che a chi si occupa di queste cose». È furioso al telefono Francesco Benito Palaia, finito in carcere nell’operazione “Blu notte” della Dda di Reggio Calabria. I militari lo intercettano mentre il 22 agosto 2019 discute animatamente al telefono con un imprenditore lucano, lamentandosi del fatto che il Comune di Rosarno gli avesse mandato una lettera con la quale, in sostanza, chiedeva il pagamento degli arretrati dei tributi dovuti per i servizi di gestione del servizio idrico e della raccolta rifiuti con riferimento all’ultimo quinquennio ovvero 2015, 2016, 2017 e 2018, quando sia lui che la moglie Emanuela Bellocco, però, erano detenuti.

«Vengo al Comune con un’accetta»

Dopo le lamentele con l’imprenditore, Palaia si mette in contatto con la società S.te.p. S.r.l., agenzia che si occupava della riscossione crediti per conto del Comune di Rosarno. Quella che gli inquirenti riescono ad intercettare è una conversazione per lo più ricca di minacce – più o meno velate – sia nei confronti dell’operatore dell’agenzia che stava in quel momento parlando con lui e, più in generale, nei confronti dell’agenzia di riscossione del Comune e del sindaco di Rosarno. «Senti una cosa, sono Palaia. Mi è arrivata, mi avete mandato l’acqua a casa, ve la posso, posso parlare con te?» chiede Palaia all’operatore, e continua: «(…) state superando il limite, allora, non tu personalmente il Comune eeeh! Ma se io sono 7 anni che sono carcerato e sono uscito 7 mesi fa io, perché devo pagarti l’acqua e l’immondizia del 2014 – 2015 – 2016 – 2017 e 2018, se io sono uscito il 18 aprile del 2018, mi spieghi come voi fate a fare l’acqua 400 euro?». E ancora: «Perché io vorrei pagarli però se tu mi dai una risposta plausibile prima che vengo con una accetta al Comune». Palaia al telefono parla di presa in giro e, rivolgendosi ancora all’operatore, spiega: «Ascoltami, come cittadino no. A parte che io non voto, quindi io il voto non lo davo sicuro al sindaco nostro». «Lo so che le leggi le fai tu, io voglio una spiegazione plausibile perché mi sento preso per il c**o!».

L’intervento del cugino assessore

Le minacce di Palaia pronunciate al telefono hanno l’esito voluto ovvero intimidire il Comune di Rosarno. Qualche giorno dopo, il 22 agosto 2019, gli inquirenti registrano la visita a casa sua da parte di Giuseppe Palaia (cl. ’83), all’epoca assessore esterno del Comune di Rosarno con delega ai Lavori Pubblici ed al Personale, nonché parente di Francesco Benito Palaia detenuto ai domiciliari, comunque non indagato in questa inchiesta. Ben consapevole dello stato restrittivo, l’assessore resta comunque fuori dall’abitazione, comunicando dal balcone. L’esito della conversazione tra i due è stato poi raccontato in una successiva conversazione del 29 agosto tra Benito Francesco Palaia e un altro soggetto. «Quello del Comune – racconta Palaia – chiama mio cugino e dice “ma mi ha chiamato un certo, così così, penso che è parente tuo”. L’ha guardato mio cugino e gli fa “hai trovato proprio la persona giusta”. “Se tu gli dici che gliela rateizzi, quello viene qua e ti picchia!”». Divertito Palaia racconta ancora: «Guarda che lui ancora insisteva con la rateizzazione, ma se io alla casa non c’ero (…) c’è una legge, che loro secondo me la sanno (…) al momento che tu manchi di casa per un arresto, la residenza è nel carcere che tu ti trovi». Un atteggiamento – per gli inquirenti – palesemente minaccioso e utile ad incutere timore, forte anche del suo ascende criminale. (g.curcio@corrierecal.it)

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