COSENZA La partita che si gioca sul Superbonus guarda molto da vicino il settore delle costruzioni che grazie a questa misura – introdotta a maggio del 2020 dal Governo Conte – ha visto decollare utili e occupazione. In una stagione particolarmente delicata per un comparto entrato in sofferenza già prima della crisi pandemica e che l’esplosione dell’emergenza sanitaria ne ha accentuato la crisi. Proprio dopo il varo di quella misura l’intera filiera produttiva ha registrato una straordinaria rinascita, trasformata nel corso dei mesi in un vero e proprio boom del settore capace di imprimere un deciso contributo alla ripresa post pandemica dell’intera economia italiana.
I numeri in questo senso restituiscono un’evidenza plastica: nel corso del 2021 il contributo del settore delle costruzioni alla formazione del Pil del Paese, è stato pari al 27%. Negli ultimi due anni quel contributo è stato pari a circa un terzo del valore della crescita del Prodotto interno lordo dell’economia italiana. Così il settore si è tramutato in una sorta di “motore” della ripresa economica italiana e questo grazie alle misure introdotte in Italia per facilitare le ristrutturazioni edilizie in chiave di efficientamento energetico degli edifici, usufruendo di una serie di misure agevolative per i cittadini.
Ma quella misura che finora ha previsto sgravi del 110% – ora ridotta al 90% dopo le modifiche introdotte dal governo Meloni – se da un verso è risultata anticiclica per il comparto delle costruzioni che ha appunto registrato un boom, ha anche innescato fenomeni affatto positivi per l’economia generale.
Si tratta in particolare di fenomeni distorsivi ed inflazionistici. Questi ultimi legati all’impennata straordinaria dei prezzi dei materiali che hanno alzato in modo esponenziale il costo delle ristrutturazioni e anche le spese sostenute da imprese e cittadini per acquistare singoli prodotti di questo comparto produttivo. Inoltre quella misura si sta rivelando con il tempo, insostenibile per le casse dello Stato. Basti pensare che a novembre scorso ha superato, stando ai dati dell’Enea, la soglia dei 63,92 miliardi l’onere a carico delle finanze pubbliche.
Questo senza centrare pienamente l’obiettivo per il quale era nata questa misura: cioè la riduzione delle emissioni da anidrite carbonica. Secondo uno studio Nomisma, «il Superbonus terminerà con un risultato molto deludente, perché sarà riqualificato meno dello 0,5% del patrimonio residenziale». Obiettivo, quello della riqualificazione edilizia, che doveva essere realizzato grazie all’efficientamento energetico degli edifici soprattutto dei grandi condomini popolari. Il Superbonus, numeri alla mano, è stato viceversa utilizzato da proprietari di edifici unifamiliari o funzionalmente indipendenti.
Si tratta dunque di unità abitative private detenute per lo più da cittadini con una fascia di reddito più elevato. Senza contare il numero di frodi accertate dalle forze dell’ordine per crediti inesistenti legati al Superbonus edilizio.
Dunque se queste criticità, hanno spinto il Governo Meloni a rivedere fin da subito il Superbonus, nel contempo resta innegabile la necessità di non “smontare” uno strumento che si è rivelato determinante per sostenere un settore strategico per l’economia italiana. Un comparto che pesa in maniera rilevante anche per il sistema economico calabrese e che per questo guarda con la massima attenzione alle prossime modifiche in cantiere sul Superbonus.
Sono i numeri che dimostrano quanto l’introduzione delle misure agevolative in tema di riqualificazione degli edifici sono state determinanti per la ripresa del comparto delle costruzioni in Calabria. E non solo. Dal 2019, periodo pre Covid, al 2022 è infatti cresciuto in modo rilevante il numero delle imprese che operano in questa filiera produttiva.
Stando ai dati forniti dal sistema Movimprese di InfoCamere-Unioncamere, in esclusiva per il Corriere della Calabria, in questo lasso di tempo che coincide con il varo del superbonus in edilizia si è registrato un incremento di 4,6 punti percentuali del numero di imprese registrate. Un tasso decisamente superiore alla media nazionale che si è fermata all’1,6%. In numeri assoluti, le imprese registrate nelle Camere di Commercio calabresi sono passate da 21.333 di settembre 2019 a 22.312 del settembre scorso. Si tratta, per oltre la metà di imprese individuali (52,9%) seguite da società di capitale (34,5%), società di persone (9,3%) ed altre forme (3,2%).
Ed anche in termini di occupazione, quel sistema di incentivazione si è rivelato particolarmente positivo per la filiera delle costruzioni calabresi. A questo proposito, vengono in soccorso i dati dell’ultima rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat. Nella elaborazione fatta da Bankitalia, emerge infatti che a fronte di una flessione del 15,6% degli occupati registrati nel 2020 nel settore delle costruzioni, lo scorso anno (dopo il varo del superbonus) c’è stata un’impennata delle assunzioni di oltre 40 punti percentuali. Decisamente più alta di qualsiasi altro comparto economico.
Un trend che si è protratto anche quest’anno.
Nel secondo trimestre del 2022, stando sempre ai dati Istat, la crescita dell’occupazione nella filiera delle costruzioni calabresi è stata pari al 24,5%. Anche in questo caso superiore a tutti gli altri settori che semmai hanno anche registrato una flessione.
Ed è stata anche Bankitalia ad evidenziare il quadro favorevole che interessa il comparto edile calabrese per il 2022. Secondo il sondaggio avviato dagli analisti della Banca d’Italia, oltre la metà delle imprese del settore si attende un aumento del valore della produzione quest’anno. «L’andamento è stato più favorevole nel comparto residenziale, che ha ancora tratto vantaggio dalle agevolazioni fiscali introdotte dal DL 34/2020 (decreto “rilancio”), anche se una quota elevata delle aziende intervistate ha lamentato l’incertezza normativa e le difficoltà di cessione del credito d’imposta quali fattori di ostacolo all’attività».
E per comprendere da vicino il valore degli investimenti generati dal Superbonus in Calabria è utile osservare da vicino i dati forniti dall’Enea e dal ministero della Transizione ecologica (oggi ministero dell’Ambiente della Sicurezza energetica). Passando a setaccio l’ultimo report, emerge che fino a novembre scorso sono state 11.850 le opere di riqualificazione asseverate per un totale di investimenti ammessi a detrazione di oltre due miliardi di cui il 71,2% di lavori già realizzati. Con questi numeri, risulta ottava regione per mole di risorse ammesse a detrazione. Dunque un volume di risorse che spiega largamente l’apporto che questa misura ha garantito allo sviluppo del settore delle costruzioni e al conseguente sostegno alla ripresa dell’economia complessiva della regione.
Ma dai dati del rapporto, emergono anche alcune criticità. Ad iniziare dal costo sostenuto dalla Stato per finanziare questa misura in Calabria. Ebbene considerando solo i progetti ammessi fino a novembre scorso, questi genereranno circa 2,215 miliardi di oneri a carico della finanza pubblica di cui oltre 1,577 già maturati.
E poi l’altro dato che spicca è quello relativo all’impatto della misura sul livello di riqualificazione degli edifici. Anche qui, in linea con quanto successo nel resto del Paese, emerge che la gran parte degli interventi finanziati hanno riguardato immobili unifamiliari: oltre sei opere ammesse su dieci (62,7%). A cui si aggiungono le unità immobiliari indipendenti che riguardano oltre un quarto dei lavori programmati (esattamente il 25,3%). Mentre le opere finalizzata ad efficientare gli edifici sono state appena il 12% dell’intero pacchetto di interventi fin qui messi in cantiere. Opere queste ultime che avrebbero viceversa avuto maggiore impatto in termini di riduzione delle emissioni di anidrite carbonica. Il principale obiettivo a base della misura. E sono le opere che hanno avuto un investimento medio, maggiore: oltre 577mila euro contro i 118mila degli edifici unifamiliari e i 104mila degli immobili indipendenti. Dati che consentono di comprendere la necessità di effettuare modifiche alla misura contemplando costi e benefici anche per l’economia complessiva della regione.
«Volendo utilizzare per la Calabria l’effetto moltiplicatore stimato da Nomisma per l’intero comparto nazionale, potremmo dire che l’impatto economico complessivo generato dall’Ecobonus 110% nella nostra regione è di circa 6 miliardi di euro (equivalente al 7% del Pil cumulato calabrese nel triennio 2020-22)». Così Francesco Aiello, docente di Politica economica all’Università della Calabria e presidente di OpenCalabria, stima l’apporto che la misura ha garantito alla filiera delle costruzioni e conseguentemente all’economia calabrese, ma con alcuni rilievi. Secondo il docente, il superbonus avrebbe favorito imprese relativamente grandi creando un effetto distorsivo per l’economia, con costi troppo elevati per la finanza pubblica: «Questa formula di incentivi è molto distorsiva».
Ora il governo punta a modificare quel sistema di incentivi, con quali effetti sulla rete di imprese calabresi del settore?
«È plausibile che gli interventi si ridurranno drasticamente anche perché l’eccessiva domanda osservata dal 2020 ha esaurito la capacità fiscale delle banche, le quali tendono a rifiutare le cessioni del credito. È ammissibile, quindi, pensare che in tale nicchia del mercato delle costruzioni rimarranno le imprese più grandi e più capitalizzate, in grado di gestire sia la fiscalità legata all’eco-bonus sia la riduzione dei profitti dovuta alla crisi dei costi dell’energia e delle materie prime. Tutto ciò dipende dal fatto che gli investimenti medi attivati dall’Ecobonus 110% ammontano in Calabria a 577 milioni di Euro per i condomini e 120 milioni di euro per gli edifici unifamiliari. Si tratta, evidentemente, di progetti che possono essere realizzati solo da imprese relativamente grandi e con un buon livello di capitalizzazione».
Potrebbero portare ad una riduzione dell’occupazione in Calabria?
«Nel 2021 le attivazioni nette (nuovi contratti, meno cessazioni) di posizioni lavorative nel settore delle costruzioni sono state circa 4.200 unità. È difficile sapere quanti di questi nuovi contratti siano stati direttamente trainati dell’Ecobonus, ma è certo che con le nuove regole fiscali, lo strumento sarà meno attrattivo e, quindi, osserveremo meno occupazione settoriale».
Questa misura è riuscita a migliorare l’efficienza energetica degli edifici?
«I singoli beneficiari se ne avvantaggiano in modo certo, perché a fronte di un investimento a costo praticamente nullo, registreranno una riduzione della bolletta energetica. Su base collettiva, sarebbe importante capire se i progetti in Calabria abbiano riguardato immobili a bassa o a relativa alta classe energetica. È evidente che i benefici sociali sono elevati se i 12mila interventi asseverati in Calabria hanno interessato edifici a bassa classe energetica. Temo, tuttavia, che molti interventi abbiano migliorato la posizione di immobili già efficienti».
Ma quelle misure si sono anche rivelate dannose per l’economia calabrese, ad iniziare dall’innalzamento dei costi delle materie prime. Secondo lei quali sono stati i principali limiti?
«È un problema che riguarda l’intero Paese: un eco-bonus al 110% droga il mercato. La domanda di materie prime è esplosa con un conseguente innalzamento dei prezzi che ha danneggiato le attività settoriali diverse da quelle sussidiate. Un danno per la collettività che deve essere contabilizzato da qualsiasi analisi di valutazione degli effetti netti del Superbonus 110%».
Quali modifiche ritiene possano essere utili per rispondere da un verso allo sviluppo del settore in Calabria, all’efficientamento energetico degli edifici e nel contempo a ridurre le storture che si sono verificate?
«La transizione ecologica genererà indubbi vantaggi per la collettività in termini di riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti ed è corretto pensare che gli Stati si prendano carico di una quota rilevante dei costi necessari per perseguire questi obiettivi. Tuttavia, i privati (imprese e famiglie) si avvantaggiano da queste politiche poiché pagheranno meno per l’approvvigionamento energetico. L’esperienza del bonus 110% dimostra che per la finanza pubblica non è sostenibile immaginare interventi a “costo zero” per i privati e che questa formula di incentivi è molto distorsiva. Se ne deduce che è utile prevedere una partecipazione dei privati ai costi dell’efficientamento energetico degli immobili. Stiamo andando in questa direzione e, pertanto, il Super Ecobonus 110% rimarrà da ricordare come un caso da non replicare se l’obiettivo della politica economica è di sostenere l’esternalità positiva dell’uso della risorsa ambiente». (r.desanto@corrierecal.it)
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