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«C’era una volta il commercio»

C’era una volta il commercio. Ma questo non è l’incipit di una delle tante favole che ci sono state lette da bambini, ma una triste realtà. Secondo la consueta analisi dell’Ufficio Studi Confcomme…

Pubblicato il: 03/03/2023 – 9:47
di Domenico Lo Duca
«C’era una volta il commercio»

C’era una volta il commercio. Ma questo non è l’incipit di una delle tante favole che ci sono state lette da bambini, ma una triste realtà. Secondo la consueta analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d’impresa, infatti, negli ultimi 10 anni sono sparite quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre quindicimila imprese di commercio ambulante in Italia, mentre sono in crescita gli alberghi e i ristoranti, senza che però si verifichi l’effetto compensazione con le riduzioni del commercio.
Parlando nello specifico di numeri, nell’analisi emerge che tra il 2012 e il 2022 sono sparite, complessivamente, oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante; in crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275); nello stesso periodo, cresce la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila) e si riducono le attività e gli occupati italiani (rispettivamente -138mila e -148mila).
Concentrando l’analisi sulle 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica risultano più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune, con il Sud caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord.
Cambia anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).
La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa confina con il rischio di desertificazione commerciale delle nostre città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%). Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale.
E in Calabria com’è la situazione?
Non sembra andare meglio per le nostre città già oggetto di una desertificazione complessiva a causa dei fenomeni migratori. Certo la situazione non è allarmante come sul piano nazionale ma tuttavia anch’essa deve essere oggetto di attenzione. Per quanto riguarda il commercio nei centri storici, tutte le principali città della Regione eccetto quella di Crotone mostrano il segno meno in termini di attività presenti. La situazione più complessa è quella legata al centro storico di Reggio Calabria che conta una riduzione di 103 unità. Anche al di fuori del centro storico, il commercio nelle nostre città non sembra vivere un momento particolarmente felice. Le aree urbane di Cosenza, Reggio Calabria e Catanzaro mostrano un segno meno in termini di attività presenti, mentre Crotone e Vibo Valentia mostrano un segno di crescita.

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