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«Guerra globale: il default della banca della Silicon Valley»

«Ci hanno raccontato che con le sanzioni la Russia sarebbe fallita in poche settimane, il popolo russo si sarebbe ribellato, Putin sarebbe stato destituito. E invece sono le classi basse e medie d…

Pubblicato il: 13/03/2023 – 7:44
di Francesco Bevilacqua
«Guerra globale: il default della banca della Silicon Valley»

«Ci hanno raccontato che con le sanzioni la Russia sarebbe fallita in poche settimane, il popolo russo si sarebbe ribellato, Putin sarebbe stato destituito. E invece sono le classi basse e medie delle società occidentali (ma anche le imprese) ad essere in grave difficoltà; sono i popoli dell’occidente che protestano (vedi i tre milioni di francesi in piazza contro la riforma delle pensioni per salvare i conti pubblici); sono i nostri leader ad essere mandati a casa senza troppi complimenti non appena se ne presenta l’occasione. Ci sono poi notizie da far tremare i polsi che vengono quasi nascoste. Come quella della californiana Banca della Silicon Valley (SVB) andata in default nei giorni scorsi. I precedenti significativi di un fallimento bancario di questa portata, furono quelli di Washington Mutual nel 2008, all’epoca della tragica “crisi del subprime”, e di Lehman Brothers, sempre nel 2008 e sempre negli USA che determinò il tracollo dell’economia mondiale.
Federico Rampini – novello guerrafondaio e fustigatore delle economie anti-occidentali – appena la sera prima della notizia del fallimento di SVB, aveva sentenziato, durante il talk show di Barbara Palombelli, che le economie occidentali avevano retto perfettamente l’onda di ritorno delle sanzioni alla Russia. Forse Rampini misura l’economia occidentale dalle cifre a sei zeri del suo reddito. Cosicché gli aumenti irreversibili dei prezzi di materie prime, energia, generi di prima necessità per Rampini sono acqua fresca: tanto lui vende solo opinioni a caro prezzo. Non ha fatto in tempo ad imbonirci con la sua inossidabile fiducia nell’economia occidentale, che eccolo smentito dal fallimento della SVB, la banca delle grandi multinazionali delle nuove tecnologie, quella che finanzia le start up del settore high-tech. Sino ad appena un anno fa SVB aveva una valutazione di 44 miliardi di dollari, ma, a seguito dell’inflazione scatenata anche dalle sanzioni contro la Russia ed all’aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve americana, perfino per un colosso finanziario come la banca californiana si è dovuto dichiarare il fallimento.
Una cosa, a questo punto, è certa: la terza guerra mondiale è già in atto; è una guerra globale e non si combatte nelle forme convenzionali. O almeno, queste sono limitate al territorio dell’Ucraina, dove pare abbiano fatto, oltre ai morti, ai feriti ed ai profughi, già 127 miliardi di euro di danni (ma sono stime largamente al ribasso). Il resto della guerra – che è la più gran parte – si combatte sui mercati finanziari, nelle banche centrali, fra gli oligarchi americani, russi, cinesi, arabi e degli altri paesi più ricchi e potenti. Il tutto, ovviamente, in danno delle persone comuni, che subiscono l’esponenziale diminuzione del potere d’acquisto dei loro redditi, un continuo taglio del welfare e dei servizi pubblici essenziali, un aumento della spesa militare, il dilagare di migrazioni bibliche dai paesi poveri verso quelli ricchi.
Quel che Rampini & co. non vogliono dire è che la guerra russo-ucraina è solo uno specchietto per le allodole. Il vero oggetto del contendere sono, infatti, i grandi mercati asiatici (da sole India e Cina contano metà dei consumatori mondiali), le cosiddette terre rare (che nascondono i giacimenti minerari che servono per le nuove tecnologie), le produzioni di microchip a basso costo senza le quali si fermerebbero anche le grandi industrie della Silicon Valley. Il problema non è dunque l’Ucraina ma, come Rampini ben sa avendoci scritto un libro, la Cina, cui l’establishment americano (senza distinzioni politiche) vorrebbe dare una spallata definitiva. Il tutto condito con la solita fola dell’esportazione della democrazia e della libertà. Gli oligarchi occidentali devono essere davvero alla frutta se, per risollevare le sorti delle loro consorterie finanziarie, corrono il rischio di spingerci sempre di più nel tunnel di una guerra globale già in corso e della quale non si intravede la fine».

*Avvocato e scrittore

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