VIBO VALENTIA C’è uno spaccato di ‘ndrangheta nel territorio di Varese, con dinamiche e logiche tipiche tra imprenditori ed esponenti dei clan locali, rappresentato dal locale di Legnano-Lonate Pozzolo. Come è emerso dall’inchiesta della Dda di Milano, i rapporti tra l’imprenditore Enrico Barone (cl. ’69) finito in carcere nel blitz della Guardia di Finanza di Milano e Salvatore “Turi” Mancuso, uno degli esponenti in Lombardia del potente clan di ‘ndrangheta di Limbadi «costituiscono la premessa in ordine all’ipotesi accusatoria per cui parte della redditività prodotta da Barone, attraverso l’illecita attività cui era dedicata l’associazione, ha visto come proprio destino i componenti e familiari dei componenti del potente locale di Legnano-Lonate Pozzolo».
Locale guidato dal boss Vincenzo Rispoli. E non un caso se, proprio Barone, secondo quanto ricostruito nell’inchiesta, si preoccupasse di elargire denaro alla moglie. La vicenda è stata ricostruita attraverso una intercettazione ambientale del 13 dicembre 2020 nell’ufficio di Enrico Barone nel corso di un incontro insieme a Salvatore Longo e Maurizio Ponzoni, anche lui finito in manette. Gran parte della conversazione è incentrata sul processo “Krimisa” in corso di celebrazione e nel quale le famiglie Rispoli e Filippelli avevano un ruolo centrale. «(…) ieri sono passato da Michela che ti saluta… Michela la moglie di Enzo» dice Ponzoni a Barone. Il riferimento è alla moglie del boss Rispoli. Barone, dopo aver compreso, spiega che quest’anno non potrà fare il “cestino” a nessuno ma il socio lo tranquillizza. «(…) no no… l’ho già fatto io, non ti preoccupare, già portato io i saluti, ho già fatto tutto io». «No – spiega Barone – ogni tanto qualche cosina gliela mandavamo» ma Ponzoni lo rassicura ancora: «(…) dico quest’anno sono pochi perché siamo tutti nei guai… no no, ringrazia tutti (…) lui l’hanno trasferito a L’Aquila, la figlia l’hanno trasferita a Latina». Ed i riferimenti sono corretti: Enzo è effettivamente il boss Vincenzo Rispoli, detenuto a L’Aquila e la figlia, Chicca, era detenuto all’epoca nel carcere di Latina.
Dalle ricostruzioni investigative sono emersi anche gli aiuti di Barone anche nei confronti di un’altra importante famiglia di ‘ndrangheta vibonese, i Tripodi di Porto Salvo, attraverso la “Cooperativa Service a rl”, amministrata di fatto da Enrico Barone (cl. ’69). Dall’analisi dei dipendenti della società, infatti, è stato rilevato che, dal 27 settembre al 9 ottobre 2018 è stato assunto Pietro Michele Tripodi, fratello di Nicola Tripodi (cl. ’48), condannato in via definitiva per appartenenza ad associazione mafiosa. Per gli inquirenti è un’assunzione meramente formale, visto che Pietro Michele Tripodi, in quello stesso periodo, era stabilmente residente a Vibo Valentia e sotto contratto con un’azienda vibonese mentre Nicola era in carcere. E dalle indagini tecniche gli inquirenti hanno rilevato quelli che sono stati i rapporti, anche di natura finanziaria, che, fino ad un certo periodo, hanno legato i fratelli Barone con la famiglia dei Tripodi. «(…) 100 milioni di lire e 50 mila euro, glieli ho portati a Mimmo, io sono stato a finanziarlo, gli ho dato un casino di soldi ai Tripodi, tutto la famiglia Barone pagava (…) un clan, per Porto Salvo è un clan» «comandano loro, là comandano loro (…) sempre sotto a gualche altro clan». A parlare in una conversazione intercettata è Enrico Barone il 18 giugno 2020, nel suo ufficio. «Quando c’è stato il fidanzamento di Carmine c’è stato un macello giù (…) Carmine gliel’ha lasciata bella e buona, dalla sera alla mattina».
Nella stessa conversazione emerge come il fratello di Enrico Barone, Carmine, in passato sia stato anche fidanzato con una figlia di uno dei Tripodi, Nicola, che però non ha più sposato, circostanza che ha creato problemi fra loro: «Io ero fidanzato con la figlia di Nicola… proprio fidanzato. La vita ci ha divisi, io sono venuto al Nord, io dovevo sposarmi pure perché noi abitiamo attaccati, proprio attaccati». Oltre alle questioni sentimentali, dalla conversazione gli inquirenti riescono a ricostruire anche un altro episodio risalente alla fine del 2019 quando Enrico Barone si è recato in Calabria e, nell’occasione, ha incontrato uno dei fratelli Tripodi che, a quanto dice, avrebbe assunto il comando della cosca. «(…) ma come mai ha detto ti vedo freddo…ma che cosa vi abbiamo fatto… ma quando mai gli ho detto io, problemi no Salvato’ (…) ha detto, ma tu lo sai che sei in strada come noi… se c’è qualche problema diccelo… gli ho detto: no… non c’è proprio niente… io c’ho tanti di quei problemi, ho il problema che se ci riuniamo ci arrestano a tutti e due…così abbiamo concluso». (g.curcio@corrierecal.it)
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