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‘Ndrangheta, capitali illeciti e narcotraffico: così le ‘ndrine calabresi hanno conquistato Roma

Dati emersi dalla relazione del I semestre 2022 della Dia. Sono 600 le operazioni finanziarie sospette. Due blitz e decine di arresti lo scorso anno

Pubblicato il: 15/04/2023 – 7:05
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, capitali illeciti e narcotraffico: così le ‘ndrine calabresi hanno conquistato Roma

ROMA Nel Lazio il panorama criminale sarebbe particolarmente composito per la presenza di tutte le tradizionali matrici mafiose e di locali formazioni criminali «ad alcune delle quali è stato anche riconosciuto il requisito della mafiosità». Lo scrive la Direzione investigativa antimafia nella I relazione semestrale del 2022. A Roma, in particolare, la criminalità organizzata nel corso degli ultimi anni sta provando ad affinare le proprie capacità di reinvestimento dei proventi illeciti grazie anche agli stretti rapporti di collaborazione con professionisti e imprenditori compiacenti. Perché «oltre ai noti interessi illeciti come il traffico e lo spaccio di stupefacenti, le estorsioni e l’usura» è scritto «realizzati spesso con condotte intimidatorie, nelle aree della Regione economicamente più vivaci, le organizzazioni mafiose sono prevalentemente orientate verso operazioni di riciclaggio sempre più complesse e sofisticate». 

Transizioni finanziarie anomale

Un importante segnale in questa direzione arriva dal sensibile incremento dei profili di anomalia riscontrati nelle movimentazioni e nelle transazioni finanziarie. In linea con questa tendenza, il Lazio nel primo semestre del 2022 «ha fatto registrare oltre 600 segnalazioni di operazioni sospette in più rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente». In particolare, la città metropolitana di Roma presenta dati in costante aumento «che potrebbero, in alcuni casi, essere riconducibili ad operatività finanziarie volte a dissimulare attività di riciclaggio». Ma, spiegano dalla Dia, oltre alle opportunità offerte per la diversificazione delle attività economiche e per la facilità di dissimulare la presenza nel vasto territorio, l’area laziale «appare alle organizzazioni criminali estremamente interessante per le operazioni di reinvestimento dei capitali illeciti in quanto, a livello regionale, non emerge una realtà criminale in grado di imporsi o prevalere stabilmente sulle altre anche perché i vari clan presenti sul territorio tendono, di fatto, a “non farsi la guerra”, preferendo mantenere un sostanziale equilibrio che giova a tutti.

Le ‘ndrine a Roma

È in questo scenario, dunque, che i locali della ‘ndrangheta calabrese sono riusciti negli anni a ritagliarsi spazi sempre più importanti. Ne è una prova – secondo la Dia – l’operazione del 16 febbraio del 2022 conclusa dai Carabinieri di Roma con l’esecuzione di 65 misure restrittive emesse dal Tribunale capitolino, su richiesta della distrettuale antimafia con la quale è stata disvelata «la capillare gestione di diverse attività illecite nei Comuni di Anzio e Nettuno da parte di alcune ‘ndrine calabresi e la strategia attuata per acquisire il controllo del litorale a sud di Roma». L’operazione “Tritone” avrebbe, quindi, comprovato l’operatività di un “locale” di ‘ndrangheta, originario di Santa Cristina d’Aspromonte dedito al narcotraffico internazionale e in grado di esercitare una notevole influenza all’interno delle amministrazioni comunali di Anzio e Nettuno, nonché il diretto coinvolgimento di soggetti appartenenti a famiglie mafiose provenienti anche della zona ionica di Guardavalle, nel Catanzarese. Il gruppo criminale perseguiva i propri interessi illeciti tramite la gestione e il controllo di attività economiche in vari settori: dall’ittico alla panificazione, dalla gestione dei rifiuti al movimento terra, attuando una strategia di controllo del territorio anche con il ricorso a condotte criminali di maggior allarme sociale. L’inchiesta della Dda di Roma ha, inoltre, fatto emergere l’esistenza di due associazioni ‘ndranghetiste finalizzate al narcotraffico, all’interno delle quali avrebbero rivestito un ruolo egemonico esponenti delle famiglie Madaffari e Gallace, «dotate di considerevoli disponibilità finanziarie e in grado di importare dal Sud America ingenti quantitativi di cocaina».

La diarchia Alvaro-Carzo

Altro colpo alla ‘ndrangheta capitolina è stata, poi, l’operazione “Propaggine” del 10 maggio 2022 con il supporto della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di finanza. I provvedimenti restrittivi, emessi dal gip del Tribunale di Roma e da quello di Reggio Calabria, hanno colpito complessivamente 77 soggetti oltre al sequestro preventivo di 12 società ed imprese individuali, di recentissima costituzione e fittiziamente intestate, del valore complessivo di 100 milioni di euro. L’inchiesta della Dda di Roma ha permesso di ricostruire, in questo caso, la presenza nella capitale del locale di Cosoleto che, funzionalmente dipendente da quello di Sinopoli, aveva deciso di collocare due esponenti della cosca Alvaro e Carzo nella Capitale dove, oltre alla gestione diarchica delle famiglie calabresi, sarebbe stato costituito per la prima volta il locale di Roma. Ciascuno dei rappresentanti era, secondo l’inchiesta, a capo di un ramo del sodalizio ma entrambi «avevano paritetici compiti di decisione, pianificazione ed individuazione delle azioni delittuose da compiere, degli obiettivi da perseguire e delle vittime da colpire». Uno dei due leader – così come riportato anche nella relazione della Dia – era divenuto, nel tempo, un punto di riferimento anche per affiliati ad altre cosche con progettualità di investimento economico nel territorio romano. Gli inquirenti sono riusciti a documentare contatti con esponenti di vertice della cosca Farao-Marincola di Cirò e del clan Fasciani di Ostia della cui collaborazione il suddetto leader si serviva per riscuotere i crediti riscendenti dalle attività fittiziamente intestate a terzi compiacenti ma che, di fatto, gestiva in prima persona. Non meno marginale, infine, la posizione di altri indagati nell’operazione “Propaggine” i quali, in possesso della dote di “Società Maggiore” avrebbero fornito un costante contributo operativo all’associazione in piena aderenza alle direttive impartite dai due capi.

La mappa della ‘ndrangheta a Roma

Relativamente alla presenza a Roma di altri sodalizi di matrice ‘ndranghetista, si conferma l’operatività delle ‘ndrine Tegano, Labate e De Stefano attive in diversi quartieri del Capoluogo calabrese, Nirta, Strangio, Pelle-Vottari e Pizzata di San Luca, Pesce e Bellocco di Rosarno, Marando di Platì, Gallico di Palmi, Molè e Piromalli di Gioia Tauro, Bruzzoniti di Africo, Mammoliti di Oppido Mamertina, Cataldo di Locri, oltre alle già menzionate ‘ndrine Alvaro-Carzo di Sinopoli. A queste si aggiungono anche gruppi originari del vibonese, quali i Fiarè di San Gregorio d’Ippona, federati ai Mancuso di Limbadi, i Bonavota, gli Anello e i Piscopisani, mentre tra le compagini originarie della provincia di Catanzaro si segnalano le ‘ndrine Gallace-Novella di Guardavalle, storicamente attive anche nell’area di Anzio e Nettuno. Nella zona di Roma Nord è stata accertata la presenza anche di appartenenti e/o contigui alla ‘ndrina Morabito di Africo Nuovo e, in particolare, nei Comuni di Morlupo, Rignano Flaminio, Riano, Castelnuovo di Porto e Capena. Nell’area dei Castelli Romani, invece, convergono gli interessi di soggetti organici alle ‘ndrine Molè di Gioia Tauro e Mazzagatti di Oppido Mamertina, prevalentemente interessati alle strutture ricettive e al mercato immobiliare. (g.curcio@corrierecal.it)

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