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“maestrale carthago”

‘Ndrangheta e sanità, diciassette anni di inquinamento mafioso a Vibo Valentia

Indagine conoscitiva segnalava «commistioni criminali». Tra gli assunti “sospetti” c’era Gregorio Coscarella, oggi ritenuto fulcro del “sistema”

Pubblicato il: 04/06/2023 – 14:40
di Pablo Petrasso
‘Ndrangheta e sanità, diciassette anni di inquinamento mafioso a Vibo Valentia

VIBO VALENTIA «Dalle attività svolte è emerso che le aziende vincitrici dell’appalto di somministrazione pasti presso i presidi ospedalieri dell’Asp di Vibo Valentia, (nonché presso le mense scolastiche del comune capoluogo) hanno sempre utilizzato personale dipendente risultato poi essere direttamente collegato alla consorteria criminale operante nel territorio di san Gregorio d’Ippona denominata cosca Gasparro-Fiarè». Un’agenzia Agi di qualche anno fa riporta un virgolettato che pare tratto dall’inchiesta “Maestrale-Carthago” della Dda di Catanzaro. È, invece, un estratto della relazione che ha portato allo scioglimento dell’Asp di Vibo Valentia nel 2010. Il commissariamento e i tredici anni trascorsi non hanno cambiato molto, forse nulla. Una delle figure chiave dell’infiltrazione della ‘ndrangheta nella sanità del Vibonese è – secondo i magistrati che firmano l’inchiesta – il procuratore Nicola Gratteri e i pm Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Buzzelli – Gregorio Coscarella, nipote di Filippo e Rosario Fiarè. Il primo, oggi deceduto, era un boss; il secondo, coinvolto nell’inchiesta Rima, ha riportato «una condanna in via definitiva e con il ruolo di elemento di vertice della struttura di ‘ndrangheta di San Gregorio D’Ippona», secondo quanto si legge nel decreto di fermo.

L’indagine conoscitiva del 2006 sull’Azienda ospedaliera

Quel clan aveva radici profonde negli appalti della sanità addirittura da prima che il governo decretasse la mancata agibilità per mafia dell’Azienda sanitaria. È nel 2006 che l’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante getta uno sguardo nei conti e nei documenti dell’Azienda ospedaliera di Vibo Valentia. Ferrante, all’epoca Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito, riceve la delega dalla Commissione parlamentare antimafia e affida un’indagine conoscitiva al Nucleo speciale tutela pubblica amministrazione della Guardia di finanza. È la Dda di Catanzaro a sottolineare come in quella ricognizione «siano emerse diverse e gravi criticità che, anche in virtù dell’odierna attività di indagine, sono più che mai attuali». Diciassette anni di commistioni mafiose e sacche di sanità amministrate più secondo logiche criminali (e politiche) che per garantire diritti. Le conclusioni di quella relazione vengono riprese dai pm. In quindici punti raccontano lo sfascio della legalità e molte delle contestazioni sono diventate un classico delle indagini sulla presenza dei clan nelle aziende del sistema sanitario. «Presenza di esponenti della criminalità organizzata tra il personale dipendente di ditte aggiudicatrici di appalti», il ricorso massiccio «alla trattativa privata diretta», gli appalti frazionati, le proroghe di contratti «in elusione dell’obbligo di gara e dell’obbligo di produrre la prevista certificazione antimafia», cartelli di imprese che dominano le commesse, dirigenti «che hanno favorito l’aggiudicazione di taluni appalti a ditte riconducibili direttamente o indirettamente a esponenti di spicco della criminalità organizzata locale».

Coscarella assunto già nel 2006 nella ditta che gestiva le mense ospedaliere

La relazione del prefetto Ferrante evidenzia che l’appalto delle mense ospedaliere per la ristorazione ai degenti ricoverati è affidato con procedura di urgenza dal 1997 a una ditta nella quale «risultavano assunti soggetti pregiudicati o comunque collegati alla criminalità organizzata locale». Tra questi ci sono anche Gregorio Coscarella, allora appena 23enne, e un suo stretto congiunto. Di Coscarella si segnala soltanto la parentela con il boss Fiarè e il fatto sia stato «più volte sottoposto a controlli di polizia unitamente a soggetti pregiudicati del Vibonese, affiliati alla cosca Fiarè-Gasparro». Cattive frequentazioni. Diciassette anni dopo, Coscarella è un 40enne che fa il bello e il cattivo tempo negli appalti delle mense ospedaliere dell’Asp di Vibo. Per la Dda di Catanzaro il suo potere deriva da legami criminali mai recisi. Dall’operazione “Rima” sarebbero emersi i contatti con le dinamiche criminali della cosca e un’interfaccia con lo zio Rosario, che avrebbe tenuto informato «su quanto accadeva sul territorio di San Gregorio D’Ippona, dal punto di vista criminale, anche nel periodo in cui quest’ultimo si trovava detenuto».

Dipendente non dichiarato nel 2006. Prima dell’arresto lavorava nelle mense

Con gli anni, quel giovane sarebbe diventato «fulcro dei rapporti tra la criminalità organizzata e le ditte aggiudicatarie di appalti pubblici gravitanti i presidi Ospedalieri del Vibonese», una posizione «mascherata da fittizi contratti lavorativi instaurati col solo scopo di giustificare» la sua presenza all’interno delle società. Un modus operandi collaudato, come abbiamo visto. Ed emerso nel 2006 grazie al lavoro della Guardia di finanza sul campo. La presenza di Coscarella, infatti, viene rilevata durante i controlli chiesti dal prefetto Ferrante ai militari. Il suo nome, infatti, non risulta tra quelli forniti dalla società né tantomeno dalla banca dati Inps. Un dipendente “fantasma”.
Diciassette anni dopo, Gregorio Coscarella e quello stesso congiunto (non indagato nell’inchiesta Maestrale) risultano «entrambi assunti (Coscarella è stato successivamente sospeso, ndr) nell’azienda aggiudicataria dell’appalto del servizio di ristorazione per l’Azienda ospedaliera di Vibo Valentia (si tratta della Dussman, ndr)». E «proprio la gestione del predetto appalto e la corposa mole di intercettazioni sul tema, forniscono una importante chiave di lettura non solo dell’intera vicenda, ma anche del totale condizionamento da parte della criminalità organizzata dell’Asp di Vibo Valentia».

I pentiti: «È un prestanome dei Fiarè» che «gestisce la mensa dello Iazzolino»

Fin dal principio della propria collaborazione con la giustizia, l’ex boss scissionista del Vibonese Andrea Mantella inquadra Coscarella tra le persone vicine alle cosche. In un verbale più recente, del febbraio 2023, lo riconosce nuovamente in foto e sottolinea che «gestiva la mensa dell’ospedale Iazzolino di Vibo Valentia ed è vicino nonché parente dei Fiarè». Lo definisce «un prestanome dei Fiarè» che avrebbe «in gestione la cucina dell’ospedale di Vibo Valentia e un laboratorio di cucina sito a Vena di Ionadi».
Anche un altro pentito, Bartolomeo Arena, conferma in un interrogatorio del 7 dicembre 2022: «Non sono a conoscenza della affiliazione o meno alla ‘ndrangheta di questo Gregorio Coscarella, ma so che era inserito in dinamiche criminali, nel senso che lui si rapportava agli ‘ndranghetisti quale soggetto collegato agli zii Filippo e Rosario Fiarè; negli ambienti criminali si sapeva che quello che lui diceva e faceva era riconducibile alla volontà degli zii (…) So che i Coscarella gestivano ‘ndranghetisticamente la mensa dell’ospedale di Vibo Valentia, nel senso che esercitavano sulle questioni relative alla mensa (assunzioni, forniture) un potere che gli derivava direttamente dalla appartenenza alla famiglia Fiarè di San Gregorio. Questo lo sapevo per certo, non per via deduttiva (molti assunti nella mensa dell’ospedale sono in effetti di San Gregorio e sono stati assunti da loro), ma in quanto appartenente alla ‘ndrangheta era una cosa che conoscevo direttamente. So anche che ad un certo punto Mantella Andrea ed il cugino Salvatore Mantella avevano tentato di “entrare” nella mensa chiedendo il pizzo ad una ditta che lavorava lì. Non ricordo bene la vicenda ma so che questa ditta, tramite gli Iannazzo, poi in effetti chiese protezione a Saverio Razionale. Non credo, però, che Mantella volesse mettersi in contrasto con questi Coscarella». (p.petrasso@corrierecal.it)

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