RENDE Tanto tuonò che piovve. E dopo anni di terremoti giudiziari Rende sperimenta per la prima volta nella sua storia l’onta dello scioglimento del proprio consiglio comunale. Nella serata di martedì 27 giugno, infatti, il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’interno Matteo Piantedosi, ha deliberato lo scioglimento e l’affidamento della gestione del Comune, per la durata di diciotto mesi, a una Commissione straordinaria, ai sensi dell’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, numero 267.
La decisione, paventata da settimane, aleggiava Oltrecampagnano fin dal giorno in cui la commissione d’accesso si è insediata nelle stanze dell’amministrazione comunale per svolgere un lungo lavoro di esame documentale che si è concluso lo scorso 23 marzo. Chiamati a verificare l’eventuale presenza di condizionamenti o infiltrazioni dei clan nella gestione dell’amministrazione comunale, Antonio Reppucci, Prefetto a riposo, Giuseppe Zanfini, Dirigente del Commissariato di Polizia di Paola, e il Tenente colonnello Dario Pini, Comandante del Reparto Operativo del Comando Provinciale Carabinieri di Cosenza. Una scelta, quella di scandagliare gli atti del Comune, presa dalla prefetta di Cosenza, Vittoria Ciaramella, che aveva effettuato le nomine dei commissari a seguito dell’operazione denominata “Reset”, coordinata dalla Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri. Un’inchiesta che ha portato al coinvolgimento di pezzi del municipio rendese. Su tutti il sindaco Marcello Manna, finito nel registro degli indagati (e successivamente tra coloro per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio). Il primo cittadino, sospeso dalla Prefettura, a seguito dell’inchiesta è indagato per scambio politico-mafioso dalla Distrettuale di Catanzaro.
È l’ombra del “gruppo D’Ambrosio” a insidiare il Comune di Rende. Segmento della confederazione bruzia della ‘Ndrangheta, il gruppo è una gemmazione della cosca Lanzino che, da anni, tenta di infiltrarsi nelle attività economiche della città. Nell’inchiesta Reset è documentato il tentativo della “famiglia” di assicurarsi la gestione del bar nel Palazzetto dello Sport di Rende: i membri del clan parlano di incontri con il sindaco Manna per definire la questione. Per la Dda di Catanzaro il gruppo D’Ambrosio è ragionevolmente certo di “aggiudicarsi” la gestione del palazzetto («ti ho fatto la campagna elettorale, le promesse sono promesse») e, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, «la conferma degli incontri tra i D’Ambrosio e il Manna» verrebbe «ulteriormente offerta dalla telefonata di Massimo D’Ambrosio allo studio Manna per fissare un appuntamento, precisando che si erano già visti e che con il Manna erano rimasti d’accordo che si sarebbero rivisti dopo 7-8 giorni. Peraltro, va evidenziato che alla domanda della segretaria sulle ragioni della richiesta di appuntamento il D’Ambrosio precisava che si trattava di una “pratica” di cui Manna era già al corrente». Il primo cittadino, oggi sospeso, ha sempre negato ogni coinvolgimento nelle vicende prospettate dall’accusa. (redazione@corrierecal.it)
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