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Da “Padre Pio” ai colletti bianchi, le condanne per il clan Bonavota – NOMI

Pene pesanti anche gli imprenditori legati al “locale” della cosca di Sant’Onofrio in Piemonte. Più di 13 anni al re dei videopoker Buono

Pubblicato il: 21/07/2023 – 7:35
Da “Padre Pio” ai colletti bianchi, le condanne per il clan Bonavota – NOMI

TORINO A far più rumore è la condanna del re dei videopoker di Carmagnola, Antonio Buono: 13 anni e 6 mesi dopo l’assoluzione in primo grado. Ma è in generale la sentenza di Appello del processo Carminius/Fenice a rappresentare un colpo durissimo per il clan Bonavota di stanza nella cintura sud di Torino. Una cosca potente – con le mani in affari lucrosi e un’ala militare temibile – che ha colonizzato questa parte di Piemonte partendo da Sant’Onofio. Altro colletto bianco assolto in primo grado e condannato ieri è Alessandro Longo (8 anni e 6 mesi), imprenditore del settore automobilistico.
Poi conferme con qualche sconto di pena. A partire da quel Salvatore Arona che, secondo il pentito Andrea Mantella a Carmagnola «è rispettato come un santo o Padre Pio»: per lui la condanna è a 17 anni di carcere. Sentenze pesanti anche per i suoi fratelli Raffaele (12 anni e 8 mesi) e Francesco (16 anni e 2 mesi). Pezzi di una ‘ndrina che allungava la propria ombra anche su Moncalieri. E come tutti i “locali” del Nord puntava agli affari. Pene importanti – riporta La Stampa – per Antonino Defina (12 anni e 6 mesi), affiliato e colletto bianco, nonché un imprenditore attivo su più fronti: dal mercato delle auto agli investimenti immobiliari. Ma anche nel settore del divertimento: nel 2014 rileva un ex tempio della movida: lo Chez Nous, discoteca di Moncalieri. Lo fa con una società, la Swapping, che non pare avere operatività eppure muove 215mila euro senza stipulare mutui. È uno degli investimenti che attiva le indagini del Gico della guardia di finanza, visti i redditi irrisori dichiarati da Defina.
Condannato a 7 anni Mario Burlò, pioniere dell’outsourcing, imprenditore nel ramo del “Facility managment”. Le altre condanne: Enza Colavito, collaboratrice di Roberto Rosso (politico condannato ieri a 5 anni), 4 anni; Angiolino Petullà (10 anni e 4 mesi), Nazareno Fratea (10 anni e 8 mesi); Ivan Corvino (6 anni e 8 mesi) con imputazione derubricata a concorso esterno.
Tra gli accusatori del clan c’era anche Andrea Mantella. Era stato il pentito a spiegare che «a Carmagnola come in Calabria si facevano le stesse cose; la famiglia Arone e il clan Bonavota di Sant’Onofrio sono la stessa cosa: stessa fazione, stessa potenza. E guarda caso in questo paese ci sono tradizioni della Calabria, compresa la tradizionale “Affruntata”». E questo perché «i Bonavota sono a Carmagnola e quindi si fa, i Bonavota sono a Toronto e si fa. Guarda caso». (redazione@corrierecal.it)

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