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Saverio Purita, soffocato e bruciato a soli 11 anni nel 1990. Un delitto ancora impunito

Otto anni prima della morte del bambino, il padre Nicola venne trovato carbonizzato nel portabagagli di una Mercedes

Pubblicato il: 16/10/2023 – 6:13
di Francesco Veltri
Saverio Purita, soffocato e bruciato a soli 11 anni nel 1990. Un delitto ancora impunito

Il 23 febbraio 1990 il piccolo Saverio stava giocando per strada, nel centro della sua città, Vibo Valentia. Lo faceva tutti i pomeriggi, raggiungeva piazza Martiri dell’Ungheria e stava lì per ore, davanti al Municipio, tirando calci ad un pallone. Gli piaceva stare soprattutto con i bambini più piccoli di lui. Quella sera, però, Saverio non era tornato a casa al solito orario. Una cosa strana che aveva immediatamente allarmato la madre Silvana e i fratelli più grandi Immacolata e Nazareno. Gli ultimi ad averlo visto – scriverà nei giorni successivi Pantaleone Sergi su la Repubblica –, poco prima delle 20, non avevano notato nulla di anomalo: Saverio stava scherzando con alcuni amici vestiti in maschera per la festa di carnevale che da quelle parti è sempre stata attesa dall’intera comunità. Carri, canti, balli, Saverio che si lascia trasportare dall’entusiasmo dei festeggiamenti per strada e poi più nulla, nessuna notizia per l’intera notte.
Dopo la denuncia di scomparsa effettuata dalla madre, erano scattate le indagini della polizia. Ovvio pensare al padre di Saverio, quel Nicola Purita che otto anni prima, il 24 ottobre del 1982, era stato ucciso barbaramente dalle cosche locali: un colpo di pistola alla testa prima di essere bruciato e rinchiuso nel portabagagli di una Mercedes. Proprio come era accaduto pochi mesi prima in Lombardia al suo socio in affari, Antonio Varone, originario del Reggino. Stesse modalità, stessa crudeltà.

Chi era Nicola Purita?

Nicola Purita aveva iniziato a lavorare poco più che ventenne per l’ospedale civile di Vibo Valentia come responsabile alla manutenzione delle caldaie. Un lavoro onesto che, evidentemente, gli stava stretto. E così, nel 1977 si era trasferito in un piccolo paese del Milanese per diventare improvvisamente socio di alcune imprese edilizie che in poco tempo avevano fruttato decine di miliardi. La morte violenta del suo socio Antonio Varone, avvenuta nel luglio del 1982, lo aveva messo in allarme. Il suo rientro in Calabria, pochi mesi dopo, non era passato inosservato. Ogni giorno girava per strada mostrando gioielli costosi, auto e vestiti di lusso, come a voler dimostrare di avercela fatta, di essere diventato un uomo importante. Dopo appena tre mesi venne ucciso. Gli investigatori ipotizzarono che Purita potesse essere un prestanome di società gestite nel nord Italia dalle cosche di ‘Ndrangheta per ripulire i proventi dei traffici di droga. Ma non venne mai dimostrato.

La macabra scoperta

Nel febbraio del 1990 le indagini sulla scomparsa del piccolo Saverio Purita non lasciano nulla di intentato. Il bambino viene descritto come una persona socievole, gioiosa ma particolare, atipica a causa di un vecchio incidente stradale che gli aveva causato non pochi problemi psichici. Da quel trauma in avanti, il suo carattere era cambiato: parlava spesso con persone più grandi di lui da cui si faceva dare passaggi in auto o in moto. Il 27 febbraio del 1990, dopo quattro giorni di ricerche, Saverio Purita viene ritrovato. Si trova in una pineta nella zona di “Torre Mezza Praia” di Curinga, tra Vibo Valentia e Lamezia Terme. Il suo corpicino è quasi del tutto carbonizzato e la testa è immersa nella sabbia. Il medico legale parla di morte avvenuta per soffocamento. Aveva soltanto 11 anni. Probabilmente quel venerdì Saverio si era fidato della persona sbagliata. Forse un pedofilo, oppure la sua morte era legata a quella del padre, anche lui ritrovato carbonizzato.

Le rivelazioni di Mantella su Nicola e Saverio Purita

Le indagini vanno avanti per mesi, per anni, senza portare a una svolta. Gli indizi sono tanti, ma le prove non escono fuori. Nessuno ha il coraggio di esporsi, di dire quel poco che sa e la storia del bambino di Vibo Valentia scompare dalle cronache e dalla memoria. Trent’anni dopo, però qualcosa sembra muoversi: il pentito Andrea Mantella, parlando, in uno dei suoi tanti interrogatori, dell’omicidio di Nicola Purita, tira fuori anche il nome del piccolo Saverio e rivela chi secondo lui è l’assassino dell’11enne. Le sue rivelazioni su quei delitti che hanno colpito prima il padre e poi il figlio, finiscono nelle pagine di verbale depositate dalla Dda di Catanzaro agli atti del maxiprocesso “Rinascita Scott. Mantella afferma che Nicola Purita era un grosso broker dell’eroina «che trafficava in medicinali a Milano ed era in stretti rapporti con i Fiarè di San Gregorio d’Ippona». Un mancato pagamento a Rosario Fiarè, decretò la sua condanna a morte. A convincerlo a scendere in Calabria e, quindi, a consegnarlo ai Fiarè, sempre secondo la testimonianza di Mantella, fu Carmelo Lo Bianco. Lo fece con un tranello: lo invitò al matrimonio della figlia e lui abboccò. Ma nei suoi racconti, Mantella parla anche della morte del figlio di Nicola Purita. Per il pentito in quel delitto le cosche non c’entrano niente: «È stato un pedofilo che ancora oggi abita a Vibo». Da allora un nuovo silenzio è calato su questa storia. Ad oggi il delitto di Saverio Purita resta impunito. (redazione@corrierecal.it)

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