REGGIO CALABRIA Stefano Musolino, segretario di Magistratura Democratica, è procuratore aggiunto della Repubblica di Reggio Calabria. Musolino, 55 anni, ha svolto in passato il ruolo sia di pubblico ministero che di giudice. Dal 2006 al 2010, anno in cui ha fatto rientro alla Procura della Repubblica di Reggio, è stato sostituto procuratore a Palmi. Come sostituto della Dda di Reggio Calabria, ha condotto varie inchieste contro la ‘ndrangheta che hanno portato alla condanna di numerosi boss e gregari delle cosche reggine. Intervistato da “Il Manifesto“, Musolino si sofferma sulla figura del «magistrato burocrate». «Un magistrato quando fa le sue scelte si ispira sempre ai valori della Costituzione e dei trattati internazionali, quello che non interpreta le norme in questo contesto, evidentemente, non fa bene il suo lavoro. Schiacciarsi sull’efficientismo è un errore grave: chi coltiva più la propria carriera che le persone che vogliono ottenere giustizia, coltiva in realtà un’idea contraria alla Costituzione». Il segretario di Magistratura Democratica cita una frase famosa di Piero Calamandrei, «la Costituzione è una polemica contro il presente». «Quando arriva una maggioranza che vuole mettere in crisi i diritti fondamentali – dice – la magistratura ha il preciso compito di difenderli».
La separazione delle carriere è un altro tema rovente affrontato nel corso dell’intervista rilasciata al quotidiano “Il Manifesto“. Per il magistrato la «riforma prospettata è un attacco all’autonomia e all’indipendenza della magistratura e questo va ben al di là della separazione delle carriere. Che comunque è sbagliata». E Musolino cita il “caso” della maxi operazione antimafia di Milano contro Cosa Nostra, Camorra e ‘ndrangheta. «Quello che è successo a Milano è un sintomo evidente di quello che rischiamo. Il pm in alcuni casi non è indifferente al risultato della sua inchiesta e quindi risulta poco attento alla ricerca della verità, schiacciandosi su una prospettiva di polizia giudiziaria, cioè sulla repressione pura e semplice. Il pm – conclude – non dovrebbe necessariamente mirare alle condanne, può accadere di indagare e di non chiederne».
x
x