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il verdetto

Processo “Valle dell’Esaro”, riconosciuta l’associazione semplice. La sentenza – NOMI

Prime condanne per il “gruppo Presta” e i presunti sodali del clan del cosentino. Ventitré anni e 10 mesi inflitti ad Antonio Presta

Pubblicato il: 20/12/2023 – 20:40
di Fabio Benincasa
Processo “Valle dell’Esaro”, riconosciuta l’associazione semplice. La sentenza – NOMI

COSENZA Il tribunale di Cosenza, in composizione collegiale (presidente Carmen Ciarcia) ha pronunciato, dopo le ultime arringhe difensive, la sentenza nei confronti degli imputati del processo scaturito dall’inchiesta denominata “Valle dell’Esaro“. I giudici, dopo oltre 8 ore di camera di consiglio, hanno inflitto pene che vanno dai 6 anni e gli 8 mesi ai 23 anni e 10 mesi inflitti ad Antonio Presta. Mano pesante anche per Mario Sollazzo, condannato a 17 anni e un mese, Giuseppe Presta, 15 anni, Cristian Ferraro, 13 anni 6 mesi, Mario Palermo, condannato a 13 anni e 4 mesi e Antonio Giannetta, condannato a 12 anni.

Le condanne

Armando Antonucci, 15 anni 6 mesi
Lorenzo Arciuolo, 6 anni e 8 mesi
Alessandro Avenoso, 6 anni e 10 mesi
Domenico Caputo, assolto
Domenico Cesare Cardamone, 10 anni e 1 mese
Augusto Cardamone, 6 anni e 8 mesi
Sergio Cassiano, 6 anni e 9 mesi
Francesco Ciliberti, 15 anni
Rocco D’Agostino, 6 anni e 10 mesi
Damiano Diodati, 6 anni e 8 mesi
Cristian Ferraro, 13 anni 6 mesi
Giampaolo Ferraro, 6 anni e 10 mesi
Giuseppe Ferraro, 6 anni e 10 mesi
Michele Fusaro, 6 anni e 9 mesi
Roberto Eugenio Gallo, 6 anni e 8 mesi
Cristian Garita, assolto
Giovanni Garofalo, 6 anni e 9 mesi
Fabio Giannelli, 6 anni e 10 mesi
Antonio Giannetta, 12 anni
Luigi Gioiello, 6 anni e 8 mesi
Remo Graziadio, 6 anni e 8 mesi
Erik Grillo, 6 anni e 9 mesi
Francesco Iantorno (classe ’78), 6 anni e 9 mesi
Francesco Iantorno (classe ’84), 6 anni 8 mesi
Roberto Iantorno, 10 anni e 1 mese
Francesco Lamanna, assolto
Raffaele Lanza, assolto
Gianfranco Mariotta, assolto
Mauro Marsico, 6 anni e 9 mesi
Attilio Martorelli, 10 anni
Salvatore Miraglia, assolto
Saverio Morelli, assolto
Antonio Orsini, 6 anni e 8 mesi
Massimo Orsini, 7 anni
Filippo Orsino, 6 anni e 9 mesi
Antonio Pacifico, 6 anni e 8 mesi
Giuseppe Palermo, 6 anni e 8 nesi
Mario Palermo, 13 anni e 4 mesi
Marco Patitutcci, 10 anni
Giovanni Domenico Petta, assolto
Antonio Postorivo, 10 anni e 1 mese
Antonio Presta, 23 anni 10 mesi
Roberto Presta, 8 anni 10 mesi
Giuseppe Presta, 15 anni
Sonia Presta, assolto
Giovanni Sangineto, 6 anni e 10 mesi
Vincenzo Santamaria, 6 anni e 9 mesi
Alessandro Scalise, assolto
Mario Sollazzo, 17 anni 1 mese
Raffaele Sollazzo, 6 anni e 9 mesi
Sandro Vomero, assolto

Le mani sulla Valle dell’Esaro

Il pm della Dda di Catanzaro, Alessandro Riello, nel corso del dibattimento e della lunga requisitoria ha ripercorso le tappe dell’inchiesta conclusa contro il presunto “gruppo Presta” e sostenuto – in più occasioni – l’esistenza di una presunta organizzazione criminale egemone nella Valle dell’Esaro ed attiva a Tarsia, AltomonteSpezzano Albanese, San Lorenzo del Vallo e Roggiano Gravina ma con connessioni anche nel reggino. Una circostanza, quest’ultima, emessa nel corso dell’indagine e ribadita in aula dal pentito Roberto Presta, uno dei vertici del clan. «Mi occupavo del traffico di stupefacenti, acquistando la droga da mio fratello Antonio Presta che mi indicava dove andare a ritirare, di volta in volta, lo stupefacente dalla persona preposta. Mi mandava a San Lorenzo del Vallo ad incontrare Antonio Giannetta proveniente dalla provincia di Reggio Calabria. «Vi erano altri fornitori di cocaina oltre a Giannetta, tutti della provincia di Reggio Calabria, ma io non li ho mai visti», ha sostenuto il pentito.

Stipendi, bacinella e spaccio di droga

Il pm Riello ha avuto modo – nella requisitoria – di citare alcuni elementi che certificherebbero l’esistenza dell’associazione criminale. La presenza di soggetti stipendiati, come sostenuto – anche in questo caso – dal collaboratore di giustizia Roberto Presta. «Gli stipendi erano da 1.000 a 1.500 euro al mese e il resto veniva reinvestito. Io lo prendevo saltuariamente e mio fratello decideva a chi concederlo». Altro elemento significativo per l’accusa è stata la presenza della bacinella, la cassa comune. «Acquistavano cocaina o erba da noi ad un prezzo e la vendevano ad un altro e poi avevamo la “bacinella” dove finiva tutto il guadagno della droga e con quei soldi si pagavano gli stipendi. Se c’era da fare un affare per l’acquisto di un immobile venivano usati quei soldi», ha sostenuto il pentito. E poi la droga, vero core business del presunto gruppo criminale. «La droga non è oro, lo diventa nel momento in cui c’è qualcuno disposto ad acquistarla». (f.benincasa@corrierecal.it)

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