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La ‘Ndrangheta e le Afriche: quello che conosciamo

«La presenza delle ‘ndrine in Africa per ora appare largamente aneddotica e disgiunta». Proviamo a unire i puntini della pista cifrata tenendo in osservazione le notizie certificate e sicure

Pubblicato il: 17/01/2024 – 7:04
di Paride Leporace
La ‘Ndrangheta e le Afriche: quello che conosciamo

COSENZA L’Africa in questa definizione è un luogo comune. Andrebbe sempre declinato al plurale: Les Afriques. Un po’ come la Calabria che si divide nelle Calabrie. Con la differenza che parliamo di un continente. A testimonianza i ragionamenti di Hervè Renard, allenatore francese giramondo che ha guidato le squadre di Zambia, Angola, Costa d’Avorio, Marocco prima di approdare nelle ricca Arabia Saudita degli sceicchi: «Ho lavorato in paesi francofoni, anglofoni e dove si parla portoghese. Ci sono similitudini e peculiarità. Dal resto anche in Europa l’Italia non è la Svezia o no?». Certo.
La digressione pallonara per sviscerare i rapporti e i traffici nel continente africano, da molti dati scontati e molto differenziati secondo le diverse aree geografiche. Ha ben ragionato sulla complessità di analisi la criminologa Anna Sergi evidenziando che: «L’ignoranza geografica e l’assenza di dati direttamente dal territorio sono probabilmente tra i fattori che hanno contribuito alla mancata sistematizzazione dei dati sulla presenza della ‘ndrangheta nei vari territori. La presenza delle ‘ndrine in Africa per ora appare largamente aneddotica e disgiunta». Proviamo a unire i puntini della pista cifrata tenendo in osservazione le notizie certificate e sicure. Certo c’è un passaggio della relazione della Dia del 2022 che scrive: «Negli ultimi anni anche alcune aree dell’Africa occidentale e, in particolare, la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana, sono divenute per le cosche di ‘ndrangheta uno snodo logistico sempre più strategico per i traffici di stupefacenti».

Bartolo Bruzzaniti
Bartolo Bruzzaniti

Bartolo Bruzzaniti

Un nome è abbastanza rilevatore del fenomeno; un africoto di casa nel continente africano. Bartolo Bruzzaniti, 48 anni, arrestato in Libano ed estradato in Italia ai primi di agosto del 2023. Il narcotrafficante calabrese ha un fratello, Antonio, anch’egli finito nelle maglie delle inchieste italiane e spesso di stanza ad Abidjan, capitale della Costa d’Avorio. Bartolo, l’africoto d’Africa ad Abidjan si presentava come uomo d’affari italiani. Sul profilo LinkedIn compare ancora la sua foto, le indicazioni di uomo d’affari con diploma da geometra, e da altre fonti si apprende che era direttore e business development per “Pasta e Pizza”, celebre insegna della ristorazione italiana ivoriana che gode di entusiastiche recensioni sui siti dedicati. Per i fratelli Bruzzaniti le questioni sono precipitate dopo due clamorosi sequestri di cocaina avvenuti tra l’aprile e il febbraio del 2022 quando ad Abidjan nella città portuale di San Pedro vengono sequestrate due tonnellate di cocaina pura per un valore di circa 69 milioni di dollari.
Nell’ambito delle indagini sui narcotrafficanti africoti sono emersi ulteriori riscontri sul Bruzzaniti africano. È abbastanza nota tra gli addetti ai lavori una conversazione del 2020 in chat che recita: «Io sono forte in Africa e lì posso dirvi che se fate come vi dico e senza via vai non vi prendono…ma io in Africa so quali tasti toccare». E ripeterà nel 2021, come rivela l’operazione “Zio” nel 2022 della Dda di Napoli con protagonista il pentito Raffaele Imperiale: «Compa’, io ‘sti giorni vado in Africa pure così vediamo di aprire fronte serio pure lì. Compa’ lì le mie attività valgono soldi e le ho fatte io pezzo per pezzo. Abbiamo catena ristoranti compa’, e pizzerie». Ma la questione si stava allargando considerati i denari a disposizione, infatti dalla stessa operazione apprendiamo che Bruzzaniti dice all’investitore di denaro sporco Imperiale: «Le case come le vedete? E una cosa buona? Questo è uno dei tanti progetti che stiamo valutando. Se mi esce il colpo sto vedendo per un terreno davanti all’oceano, compa’, che è veramente un paradiso se riesco a prenderlo faccio due ville una per me è una per voi. Tengo diploma di geometra».

È evidente che le Afriche sono diventate terreno di approdo della rotta globale del narcotraffico e che spesso gli investimenti dei profitti vengono gestiti in loco grazie all’assenza di legislazioni d’emergenza. Abbiamo consultato un recente report dell’Onu, dipartimento droga e crimine, che dopo la fine della pandemia indica come approdi certi le destinazioni principali dei paesi costieri e insulari (Capo Verde, o le isole Bijagos appartenenti alla Guinea-Bissau) dell’Africa Occidentale; dall’altro la regione intorno al Sudafrica, coinvolgendo, oltre al porto di Durban, anche porti mozambicani (soprattutto nel nord del paese, come Nacala e Pemba, proprio in zone prossime), tanzaniani (Dar-es-Salaam) e angolani (Luanda). Per la via aerea gli hub principali sono rappresentati dall’aeroporto di Addis Abeba in Etiopia – in costante crescita e con collegamenti verso Europa, America, Asia e quasi tutti i paesi africani – insieme a quello di Nairobi, in Kenya. (IL REPORT).

La nuova rotta africana

È un cambiamento di rotta che il giornalista d’inchiesta, Andrea Pamparana, aveva ben identificato nel 2011 nel suo libro “Malacarne-Uomini di ‘ndrangheta” testo che tra atti giudiziari e fiction aveva ben compreso la mutazione. Non più viaggi diretti tra Sudamerica ed Europa, ma lo smistamento africano nei porti del golfo di Guinea e nell’Africa Occidentale per poi proseguire via terra verso i paesi del Magreb per essere ancora una volta smistati su pescherecci che raggiungevano le coste meridionali dell’Italia. La distanza tra il porto di San Paolo del Brasile e Conakry in Guinea somma 2160 miglia, mentre quella precedente con il Portogallo era di 3150. L’analisi dei costi benefici per l’organizzazione era nettamente favorevole alle Afriche. La Guinea è una nazione a democrazia ridotta che ha registrato negli ultimi vent’anni 17 colpi di stato militari e si ritrova ancora senza parlamento. Da un’inchiesta della Dda di Catanzaro è stato documentato l’abboccamento tra Malam Bacai Sanhá junior: figlio dell’ex presidente della Guinea che incontra in Germania Claudio Franco Cardamone, consigliore della cosca Forastefano della Sibaritide, per valutare affari di diamanti e considerare anche transiti di cocaina verso la Guinea. È il 27 settembre del 2021 la data di quel pranzo di lavoro. Era stato fissato un nuovo appuntamento ma Sanhá viene fermato dalla polizia tedesca e l’affare sarebbe saltato. Sanhá secondo, media tedeschi, nel 2022 è stato arrestato in Tanzania e si troverebbe sotto processo negli Usa.

Massimo Mariani e Jürgen Stock

Rotte moderne e antiche, quella tra Calabria e Africa. Il viceprocuratore nazionale Antimafia, Vincenzo Macrì, già negli anni ’80 indica la presenza di un locale di ‘ndrangheta in Sudafrica. Ma sulla vicenda non si hanno grandi conoscenze, al netto dei soliti ingenti sequestri che si sono registrati da quelle parti. C’è ancora tanto da investigare per conoscere la ‘ndrangheta africana. Quattro anni fa, sbarcò a Reggio Calabria, in prefettura, il segretario generale di Interpol, Jürgen Stock per lanciare I-Can (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta) progetto di attacco globale alla ‘ndrangheta. Sulle sponde e nei territori delle Afriche quel progetto ci sembra abbia ancora molto da dispiegarsi. Tra le 11 polizie mondiali del progetto nessuna è africana.

(Foto Guillermo Lagaria/AFP)

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