Il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, fulgida figura di primo cittadino, continua ad essere ossessionato dalla sindrome del derby e rischia di offuscare la sua politica in nome del consenso populista.
A prescindere, direbbe Totò, continua a ritenere che Rai Calabria sia stata colpevole di informazione campanilista e sul punto invece la questione è stata chiarita in ogni dettaglio e non è il caso di tornarci. Il sindaco ora ha lanciato una proposta su un antico nervo scoperto quale la presenza della sede regionale Rai a Cosenza e ne chiede una bis nella sua città.
Facciamo ordine con una premessa. Il capoluogo di Regione merita cura giornalistica più avanzata dal servizio pubblico. Una nuova sede regionale bis in tempi grami di bilancio per l’azienda mi sembra una sorta di miraggio. È un bene ricordare che per molti anni, a Catanzaro, era presente un punto di riversaggio Rvm con giornalista che operava in dei locali messi a disposizione dalla Provincia di Catanzaro attraverso il comodato gratuito. All’improvviso l’ente provinciale constatò che quei locali erano necessari alle sue attività e l’esperienza finì. Considerata l’analisi del sindaco, oggi con le nuove tecnologie basta uno zainetto e un giornalista per garantire una buona copertura. In organico Rai in Calabria sono presenti ottimi professionisti e professioniste catanzaresi che di fatto già ricoprono l’incarico con competenza ed entusiasmo. Un locale di Palazzo dei Nobili o della Cittadella potrebbe eventualmente sanare la vertenza. Fiorita punta ad una sede, parcheggi, impiegati e una redazione di tre giornalisti. Mi sembra improbabile sul piano dei costi. Vedremo che deciderà viale Mazzini.
Fiorita, sindaco, docente universitario e scrittore invece cade, male, sulla proposta di un Osservatorio regionale sull’informazione radiotelevisiva a Catanzaro da affidare a Regione, Università Magna Grecia e Corecom al fine di monitorare il pluralismo e il “corretto equilibrio territoriale”. È evidente che l’idea arriva dall’Osservatorio di Pavia che da anni monitora tempo e spazio dei partiti nei tg. Voler imballare le scelte giornalistiche che sono dettate da gerarchie di notiziabilità nella par condicio dei territori calabresi mi sembra abbastanza bizzarro. Se si vuole aprire uno strumento di conoscenza per studiosi, apritelo pure e discuteremo del reale. Evitiamo però il ridicolo di calcolare quanti minuti diamo alla ‘nduja, al morsello e al caciocavallo silano.
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In merito al derby della vergogna voto 10 al deputato lametino Furgiuele della Lega che ha annunciato un’interrogazione al ministro Piantedosi per avere risposte ufficiali su errori, colpe e omissioni della catena di comando di prevenzione delle forze dell’ordine. Ad oggi non abbiamo una versione chiara e ufficiale dei fattacci. Anzi, c’è una notizia ulteriore da nessuno spiegata. Il provvedimento punitivo per le trasferte di oggi emesso in prima battuta nei confronti delle due tifoserie calabresi a Terni e Brescia, è caduto per quella del Catanzaro. Che significa? Cosentini ritenuti colpevoli e catanzaresi innocenti? Catanzaresi poco colpevoli. Non mi pare. In Italia le tragedie spesso finiscono in farsa.
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Una notizia confinata nelle brevi, invece molto grave. A Cosenza, il centro volontario Onco Med di piazza Piccola, nel centro storico, è stato costretto a chiudere. Allocato in una sede messa a disposizione da un mecenate, faro di assistenza nei giorni del Covid, il prezioso avamposto sanitario gratuito è stato costretto a trasferirsi altrove in una sede a pagamento. Perché? I volontari hanno subito due attentati e quattro aggressioni personali. Nel quartiere vive tanta buona gente ma la gramigna non manca. La civile Cosenza, può annunciare Piani e interventi, ma se questa è la convivenza civile siamo tutti alle corde. Palazzo dei Bruzi tace in ogni sua articolazione. L’Atene di Calabria nelle sue antiche pietre trasformata in una piccola Haiti. E altre zone della città restano preda di piccole tribù di delinquenti che possono fare quello che gli pare e piace. Svegliamoci e non giriamoci dall’altra parte.
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Avevo meno di 18 anni quando ho letto con passione il libro “Africo” di Corrado Stajano pubblicato con successo da Einaudi. Il mio sentire estremo tra quelle vicende di preti buoni e cattivi, di rivoluzionari e mafiosi che sembravano usciti da un film di Sergio Leone, si legò molto alla pagina finale che descrive la mamma dei protagonisti, Rocco e Sebastiano Palamara, stare al fuoco mentre recita l’atipico rosario “piombo e sangue”. Fu una forzatura dello scrittore, come quella di definirla “vecchia e pazza”. Francesca Palamara non era tanto vecchia in quel 1979 e tantomeno pazza. È morta lo scorso 5 marzo a 96 anni come hanno annunciato i due figli in un articolo sulla loro pagina Fb “68 aspromontano”
Una vita pesante come la montagna d’Aspromonte quella di Francesca Palamara di Africo, frazione Casalinuovo, là dove “era meglio nascere capra invece che donna”. Scampò per miracolo alla terribile alluvione degli anni Cinquanta con i suoi tre figli; ne nacquero altri 9 nel campo profughi al mare dove gli africoti di montagna furono deportati. Firmava le lettere al marito e al figlio emigrati in Germania con il simbolo della chioccia. Aprirà la sua casa a fidanzati in fuga e ai giovani rivoluzionari amici dei figli in lotta con la mafia del posto andando per ospedali a trovare feriti e in carcere a sostenere i detenuti. Provarono a farle chiudere il forno quelli della cosca ed era in casa nel Capodanno del 1977 quando uccisero il genero. Ha vissuto con determinazione i giorni del Covid e si mise a dipingere quadri che mostravano chiocce e galletti. Uno per ogni ricorrenza. Il quadro di Natale era riuscito perfettamente. Quello dell’8 marzo da dedicare “a tutte le donne del mondo” è rimasto incompiuto. Resta il ricordo della sua vita intensa.
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Raccontiamo da qualche tempo i successi del professore universitario calabrese Luca Addante in servizio tra Torino e Parigi. Il suo ultimo libro “Le colonne della democrazia. Giacobinismo e società segrete alle radici del Risorgimento” ha avuto un’appassionata recensione a tutta pagina di Massimo Firpo nella sezione Cultura di Repubblica e poi ripreso in un ampio estratto nel sito mainstream, Dagospia. Il libro mercoledì scorso è stato presentato al dipartimento di Scienze Politiche della Sapienza di Roma. Auspichiamo che in Calabria (sono molti i riferimenti territoriali nel libro) trovi accoglienza nei diversi festival e iniziative.
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Il prossimo 24 settembre saranno cento anni della morte di Paolo Cappello, muratore socialista della Massa ucciso da una squadraccia fascista. Per celebrare la ricorrenza, lo storico Matteo Dalena e il creator digitale Boris Lee, recentemente salito alla ribalta per le immagini in stile Pixar dei paesi calabresi con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale, hanno creato la graphic novel “Quel garofano spezzato” che presto sarà in vendita in edizione limitata sul sito della casa editrice “Le pecore nere”. In anteprima esclusiva vi mostriamo alcune immagini.
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Anteprima di Giorgio Dell’Arti è una pregiata newsletter di attualità molto apprezzata da diversi addetti ai lavori. Ha scritto Dell’Arti, passato glorioso a Repubblica e in diversi giornali: “Ottimo in via Cola di Rienzo il negozio di Callipo. Oltre alle confezioni di tonno – vendute a peso d’oro – una marea di delizie calabresi, ‘nduja da spalmare, amaro Milone, soppressata di suino nero”. Al capo ha voluto associarsi il suo collaboratore Massimo Parrini che in controcanto ha scritto il giorno dopo: “A proposito di roba venduta a peso d’oro, le cipolle rosse di Tropea in agrodolce che compro da Castroni si chiamano senza inutili ciance Oro viola”. I buoni prodotti si pagano. (redazione@corrierecal.it)
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