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Chissà che il caso di Bari porti ragione

Dallo strumento amministrativo di deterrenza antimafiosa alle soluzioni per ribaltare lo spopolamento e i 250mila volumi della biblioteca di Cosenza affidati ad un pool di esperti

Pubblicato il: 23/03/2024 – 7:00
di Paride Leporace
Chissà che il caso di Bari porti ragione

Il caso Decaro a Bari posto sotto la possibile ghigliottina dello scioglimento per mafia a poche settimane dal voto, nonostante la Procura non abbia trovato riscontri nei confronti del sindaco, è diventata questione nazionale, e mi sembra vicenda di rilievo anche per la Calabria.
Giovedì, a Cosenza, in occasione della manifestazione pubblica che ha visto l’ex ministro Orlando dei Ds e il segretario nazionale del Psi Maraio partecipare ad una levata di scudi da potente falange di campo largo aspettavamo parole d’ordine molto nette. Ne è arrivata una parziale dal sindaco socialista Franz Caruso: «La destra a Bari vuole sciogliere il Comune con la commissione d’acceso, in Calabria vuole sciogliere tre consigli comunali per procedere ad fusione con un atto d’imperio. Solo io parlai nel 2021 di città unica, ma con regole democratiche e con un referendum vincolante. A Bari e a Cosenza, pertanto, la destra si presenta con volto autoritario. Con un volto che dopo il ventennio non avevamo mai visto». Ohibò, bene Decaro, ma il commissariamento per mafia di Rende dove è finito? Cosenza citata solo per l’unione dei tre capoluoghi con Rende e Castrolibero? Qualcosa non torna. Nelle ore precedenti insieme a Caruso anche Giuseppe Falcomatà e Nicola Fiorita, sindaci di Reggio Calabria e Catanzaro, hanno tuonato a favore di Bari e taciuto di Rende. Possibile che nessuno abbia letto il provvedimento del Tribunale di Cosenza che con sentenza ha decretato la candidabilità del sindaco Marcello Manna, primo cittadino civico di sinistra, che oggi sappiamo che con i suoi comportamenti amministrativi non ha per nulla concorso allo scioglimento di un Comune che ha nel suo dna una storia di buon governo soprattutto urbanistico, certamente più cristallino di quello di Bari.

simona-loizzo

È stato lo stesso Laboratorio Civico che sostiene Manna a far notare “il silenzio della politica e degli amministratori” sulla vicenda, con l’eccezione di Simona Loizzo della Lega e di Enza Bruno Bossio del Pd. Poli opposti ma concezione unica. La parlamentare leghista, che non manca di spirito critico, ha infatti dichiarato che «la legge sullo scioglimento dei comuni va rivista e presto. Bisogna garantire il diritto dei cittadini a che il loro voto sia protetto dalla mafia quanto dagli errori di giustizia», un pronunciamento più alla Pannella o alla Mancini che alla Salvini mi viene da osservare. on è una novità invece la posizione di Enza Bruno Bossio, garantista da tempo e abbastanza isolata nel suo partito. Ne ha parlato, infatti, con il giornale “Il Dubbio” in un’intervista con Valentina Stella ricordando che lei aveva provato a cambiare la legge “folle” ma nessuna maggioranza l’ha voluta sostenere.
Eppure la deputata proponeva un provvedimento di buon senso, ovvero che gli amministratori sospetti potessero esprimere un contraddittorio con le Commissioni di accesso. Quello che oggi manca nel testo di legge che lede il diritto del cittadino elettore del proprio sindaco violentato dallo strapotere dei prefetti come ha fatto notare Pasquale Simari con un editoriale del Riformista di ieri.

La Calabria ha il record dei comuni sciolti per mafia in Italia, sono ben 133. Tanti, Situazioni diverse che spesso hanno mostrato contraddizioni e incertezze come nel caso di Rende. Sono spesso piccoli municipi con comunità contaminate dalla mafia, ma il provvedimento è di natura liberticida. Si puniscano i colpevoli, non si ponga sotto una malapianta l’intera popolazione.
Uno strumento amministrativo di deterrenza antimafiosa si è trasformato sempre più in uno strumento di lotta politica delle opposizioni per ribaltare le maggioranze. La Calabria riteniamo non ne abbia bisogno. Chissà che il caso di Bari porti ragione.

Pollino

In Calabria parliamo troppo poco di aree interne. Eppure dovremmo parlare di questo spopolamento che tra il Pollino e lo Stretto riguarda ben 236 comuni su 404, il 58,4% dei nostri municipi, siamo la terza regione d’Italia dopo Basilicata e Molise. Questo significa che abbiamo una regione che per oltre la metà non ha servizi di base e poca popolazione anziana residente, mentre l’altra parte della Calabria ha almeno un liceo e una scuola tecnica, un ospedale avanzato, una stazione con almeno 2500 passeggeri che viaggiano. Sono due mondi distanti di una regione diseguale che deve ripensare il suo presente per poter aver un futuro. Sono troppi i paesi che l’Istat in Calabria classifica come Intermedi, Periferici, Ultraperiferici. Sono spesso presepi stupendi adagiati su colline e montagne ma sono rimasti senza pastori. Accendono le luci per Natale, Pasqua e d’estate. Poi tutto si spegne. Se ne parla poco. C’è tanto da fare perché vi si continui a nascere, amare e morire. A breve si spopoleranno anche i cimiteri. Soluzioni per ribaltare lo spopolamento ne esistono. C’è bisogno di autostrade digitali che permettano alle nostre medie e piccole azioni di successo di andare a lavorare nelle aree interne. E di buona impresa non ne manca. Lo abbiamo ravvisato leggendo sul Sole 24 ore la classifica delle “Stelle del Sud” che stila i risultati in base alle performance di successo, numero di dipendenti e immobilizzazioni materiali e immateriali nel corso del triennio 2019-2022, quindi parliamo del periodo Covid. Qui si ferma per capirci la fuga dei giovani di valore. Scopro al quindicesimo posto meridionale, la No.Do e Servizi, società di Costruzione e ingegneria situata a Rende ma con articolazioni a Madrid e in altre parti d’Italia. Ideatore e capataz l’ingegnere Carmine Guido che dal 2003 è stato capace con la moglie di innovare l’azienda di famiglia che è alla quarta generazione e che schiera ben 10 milioni di fatturato. Più distanziate in graduatoria ma da segnare come best practice anche la gioielleria Scintille di Cosenza di Segio Mazzuca che da commesso apprendista è diventato imprenditore con 90 dipendenti e 20 milioni di fatturato. Molte sono le aziende di famiglia di successo come la Schifino Legnami di Frascineto, la Tbk (ventesima del Meridione) che produce a Lamezia Terme serramenti e schermature solari. Non poteva mancare il gusto come chi ha rianimato il Caffè Imperiale 1892 di Catanzaro con annesso amaro storico, non manca il post moderno come la cooperativa di 60 soci Cig Eureka che ha clienti in tutto il mondo per le telecomunicazioni e nell’installazione di fibra ottica che tanto serve alle nostre aree interne per non sparire dal mondo.

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Gottlob Paola calabresità

E nelle aree interne dobbiamo lavorare anche con l’Intelligenza Artificiale. Sappiamo di essere avamposto di modernità ma lo ha ribadito, ancora una volta il dossier di Repubblica che nei 500 italiani che contano in materia ha elencato ovviamente nella sua mappa il professore Georg Gottlob che ha scelto di insegnare ad Arcavacata insieme al rettore Nicola Leone, e ai docenti Francesco Scarcello e Gianluigi Greco, quest’ultimo coordina anche il Comitato presso la presidenza del Consiglio. Tra le grandi aziende non dimentichiamo Altilia di Massimo Ruffolo, ben 24 anni di successo in materia e che è anche ricercatore del Cnr e docente Unical anch’egli. Un bel pacchetto di mischia che si spera possa far nascere nuove start up.

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Biblioteca-Civica-Cosenza

Chiudiamo con un’altra buona notizia. Quella della Biblioteca civica di Cosenza, la più grande del Mezzogiorno dopo Palermo e Napoli. Chiusa da sei anni per debiti e mala gestione. Il presidente dell’Accademia che per Statuto la gestisce, il professore Antonio D’Elia, fu travolto dalle critiche quando decise di chiudere sei anni fa per ristrutturare locali e preziosi volumi. Ha avuto ragione lui, grazie ai fondi Cis di Agenda Urbana sta ripulendo le opere e archiviando i 250.000 volumi della biblioteca affidato ad un pool di esperti. Poi partiranno i lavori di riqualificazione che si dovrebbero concludere nel 2026. Resta il debito di un milione di euro per pagare le spettanze dei dipendenti andati in pensione e dell’unica impiegata in servizio. La Fondazione Giuliani, privata, si è detta disposta ad entrare nel Cda dell’Accademia. Come non dare un “dieci” ad Antonio D’Elia per aver ribaltato una situazione da tutti considerata impossibile da recuperare. Non lasciamolo solo. (redazione@corrierecal.it)

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