LAMEZIA TERME L’omicidio di Sergio Cosmai e di Filippo Salsone al centro della nuova puntata di Quarta Parete, la rubrica di approfondimento in onda su L’altro Corriere Tv e diretta da Paride Leporace. La storia dei due dirigenti penitenziari cosentini approda su Cose Nostre, il programma su Rai1 che ha dedicato loro la puntata “Per un’ora d’aria”. «Sergio Cosmai, l’unico direttore di carcere ucciso in Italia, a mia memoria, per aver contrastato il potere dei clan cosentini all’interno delle carceri di Cosenza» ricorda Leporace. L’omicidio avviene il 12 marzo 1985, mentre il direttore del carcere stava andando a prendere la figlia a scuola. «Di lui esce il ritratto di un personaggio che andava a ballare, conosceva la filosofia, era un intellettuale, non era un reazionario, ma visse l’antagonismo all’interno del carcere in maniera dura per la contrapposizione che vi era posta». In quel carcere, come ha ricostruito il giornalista Arcangelo Badolati, vi era il capoclan dei Perna, ma anche i fratelli Bartolomei e i fratelli Notargiacomo.
Ma dalla trasmissione, che ha intervistato anche l’ex procuratore Mario Spagnuolo, emergono anche altri dettagli inquietanti. «Il dottor Spagnuolo – dice Leporace – ha detto davanti le telecamere che quando arriva a Catanzaro apprende dell’esistenza di una sorta di stanza con tutte le carte, i faldoni delle deposizioni dei pentiti che ricostruivano anni di storia criminale che qualcuno aveva ignorato». Aspetto dal qual deriva un interrogativo: «Chi furono quei magistrati che tennero intonsa questa stanza con le carte della criminalità cosentina e che non si volevano andare a vedere e risolvere?». A questo fatto si aggiungono le dichiarazioni del pentito Pranno che «ha detto che il clamoroso verdetto della Corte d’Appello di Bari, che assolse i killer oggi reo confessi, fu comprato con 70 milioni di vecchie lire. A chi andarono quei 70 milioni? A qualche giudice? Non c’è mai stata nessuna inchiesta su questo punto».
Infine, c’è il tasto più dolente: l’omicidio quasi dimenticato del maresciallo Filippo Salsone, braccio destro di Cosmai e amico di famiglia, ucciso nel suo paese d’origine con il figlio di 10 anni ferito. «Non sappiamo niente di questa questione. Badolati ci ha spiegato bene come andarono i fatti: all’interno del carcere, nella lotta contrapposta, il clan Perna si assunse la responsabilità di uccidere Cosmai. Il gruppo Pino fece uccidere Salsone, anche se il pentito Pino dice di non saper nulla di questo omicidio perché stava marcendo in galera. Una spiegazione non molto convincente». La triste conclusione, spiega Leporace, è che «se Cosmai è stata una vittima di mafia di serie b che solo ora, grazie a moglie, pochi giornalisti e a qualcuno ha una memoria, la morte del maresciallo Salsone è di serie c». (redazione@corrierecal.it)
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