PALMI «Questa indagine ci restituisce la fotografia di una comunità la cui vita economica e finanziaria era controllata da un gruppo di ‘ndrangheta che attraverso pressioni, intimidazioni e minacce condizionava la vita di queste persone». Lo aveva detto il procuratore della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri poco più di 4 anni fa – era il 16 giugno 2020 – commentando l’operazione “Libera Fortezza” eseguita a Polistena da Carabinieri e Guardia di Finanza nei confronti di 22 persone, raggiunte da ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Quattro anni dopo, però, l’aggravante mafiosa non ha retto. Al termine del processo, infatti, per i giudici l’impostazione accusatoria non regge fino in fondo, con la condanna di 20 persone e l’assoluzione di altre 11.
Secondo i giudici, infatti, molti reati contestati sarebbero stati commessi dagli imputati, escludendo sia l’accusa di associazione mafiosa, riqualificata in “associazione a delinquere semplice”, sia l’aggravante del metodo mafioso per tutti gli altri reati. Secondo l’accusa, invece, il clan “Longo-Versace” aveva deciso di controllare il respiro dell’economia. A margine, i sodali della ‘ndrina avevano elaborato un articolato sistema di riciclaggio, con il coinvolgimento di più persone, per sostituire gli assegni “sospetti” con denaro contante, che a sua volta continuava ad alimentare il sistema illecito di finanziamento.
Sono stati condannati:
Assolti: Antonio Cutano, Francesco Cutano, Luigi Cutano, Antonio Ierace, Domenico Longo, Vincenzo Longo, Ruggero Palermo, Agostino Alessandro Iarapoli, Rocco Longo, Vincenzo Politanò, Maria Pronestì.
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