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sette giorni di calabresi pensieri

Lavoro in Calabria, industriali predatori e cococo tartassati

Fedez, Lamberti Castronuovo e la cruna dell’ago. Chi si taglia una ciocca per la curda innocente in carcere?

Pubblicato il: 14/09/2024 – 7:03
di Paride Leporace
Lavoro in Calabria, industriali predatori e cococo tartassati

È un problema il lavoro in Calabria? Da quando avevo i calzoni corti nel pensiero comune “‘u lavuru” è una questione che assilla le famiglie. A leggere i dati italiani il tasso di occupazione nel secondo semestre ha raggiunto il record del 62,2 per cento e quello di disoccupazione è sceso sui livelli minimi: 6,8 per cento. Anche in Calabria? Gli scettici dicono che il record italiano riguarda lavoro povero e precario. Chiedere ai Cococo che lasciano la metà del lordo all’erario mentre qualche industriale calabro ha 8 berline sotto l’ufficio, yacht al porto, incassa finanziamenti pubblici e non paga i dipendenti modello Santanchè e mai nessuno persegue il sanguisughe geniale. Ma al nero profondo si oppone il bianco splendente. Il gruppo Lutech, digitale e Intelligenza Artificiale complice Unical ha annunciato cento assunzioni a Cosenza. Lavoro qualificato e di eccellenza che gratifica le passioni e la busta paga. Fanno parte delle eccezioni a vedere altre statistiche.
Nella provincia bruzia i lavoratori del privato infatti percepiscono una retribuzione media lorda annua di 14.313 euro. A Milano e provincia invece raggiunge i 32.472 euro. Più del doppio. Capisco perché le ‘ndrine mandano la loro linea verde al Nord, c’è più guadagno. Peggio di Cosenza quota Vibo Valentia, ultima provincia d’Italia dove in un anno un lavoratore del settore privato in media porta a casa solo 12.923 euro lordi. Evidenzio che siamo nel migliore distretto turistico calabrese, quello in cui lavorano molti stranieri, per questo motivo i barman calabresi preferiscono lavorare in Gran Bretagna invece di Parghelia. Ci rifacciamo con le pensioni. A Reggio Calabria più pensioni che stipendi. Ben 85000 il segno positivo. Non è un paese per giovani. Il bianco c’è ma il nero non manca.

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Maysoon Majidi

Ricordate quando assessore e consigliere comunali di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza si tagliavano un ciocca di capelli davanti al cellulare e postavano il loro video indignato su social e chat? Era la protesta collettiva per Mahsa Amini, la ventiduenne curda arrestata e picchiata a morte dalla polizia morale iraniana perché non indossava correttamente il velo. Ha ragione il fumettista Zero Calcare, che la questione curda la conosce bene, quando riflette sul fatto che non tutte le curde sono uguali. Anche Maysoon Majidi è una curda iraniana come Mahsa Amini. È un’attivista e regista detenuta in Calabria da nove mesi accusata di essere una scafista e portata in carcere prima a Castrovillari e poi a Reggio Calabria. E’ considerata dai magistrati l’aiutante del capitano di una barca che la notte di San Silvestro trasportò 77 disperati a Crotone. Le prove a suo carico sono molto contraddittorie. La trasmissione “Le Iene” ha rintracciato due testimoni in Germania che hanno dichiarato di non averla mai vista e che la barca era guidata da un turco. Controverso anche un video trovato sul cellulare della donna in cui saluta il padre e ringrazia il capitano dell’imbarcazione. Un segnale concordato per sbloccare il pagamento del viaggio. Secondo l’avvocato di Majidi 50.000 euro per arrivare in Europa.
Ora l’attivista perseguita dal regime iraniano è tornata allo sciopero della fame, protesta che aveva intrapreso nei mesi scorsi. In carcere. Majidi in carcere ha ricevuto la visita del consigliere regionale Fernando Laghi che ha riferito di averla trovata molto depressa ma sostenuta dalle lettere che riceve.
I magistrati sono per la linea dura, hanno infatti negato tre volte gli arresti domiciliari. Il dibattimento entra ora nel vivo e dovrebbe andare a sentenza il 5 novembre. Alla vicenda da evidenza il quotidiano “Il manifesto” che venerdì ha aperto il giornale con la vicenda di Majidi ospitando anche una lettera del padre che trova assurde le accuse contro la figlia. Chi si taglierà una ciocca di capelli per un’attivista curda in prigione in Calabria?

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A Reggio Calabria iniziata la festa di Madonna. Il caso Fedez si è molto ridimensionato. Non erano tutti i parroci in rivolta ma solo due. Gli oppositori del sindaco hanno esultato per i soli 100 presenti al live di Valerio Lundini e Vakkanizzi (anche le minoranze hanno diritto alla festa) ma è stato successo grande per Ron. Il calabrese pensiero lo dedico a la curia di Reggio Calabria che ha scritto a futura memoria : “accogliere tutti, anche chi ci insulta, come raccomanda Gesù nel Vangelo, e testimoniare con la nostra presenza e il nostro comportamento il Vangelo della Carità e del perdono”. Mi e’ sembrato di rileggere le parole dei francescani di Assisi in favore di Pasolini quando invitarono a curare con l’olio le ferite e a non versarvi aceto. Se ne faccia una ragione Eduardo Lamberti Castronuovo che ha definito “Inaccettabile l’apertura del vescovo”. Sta scritto nel Vangelo con parole del Cristo “E’ più facile che un cammello passi per la cruna dell’ago che un ricco entri nel regno dei cieli”.

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Apprendo che per la Curva Nord dell’Inter si sono riuniti in 200 al baretto di San Siro dopo l’omicidio di Bellocco da parte del loro capo Beretta. Per la prossima partita con il Monza lo striscione della curva nord perde la dicitura Milano. Nessun commento sull’ammazzamento. Duecento quaquaraqua tra i tanti del tifo contemporaneo non sanno dire una parola pubblica. Intanto nessun funerale «in forma pubblica», ma solo una «tumulazione sobria e privata» all’alba per Antonio Bellocco. È un ’ndranghetista. Io non ci sto. Anche un boss ha diritto a una sepoltura lacrimata. Questo è il mio calabrese pensiero. (redazione@corrierecal.it)

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