TORINO C’è un elemento dirimente e che avrebbe fornito una prova ulteriore della presenza di un «forte sodalizio di ‘ndrangheta» attivo nel territorio di Carmagnola e con un legame indissolubile con la Calabria. I radar sono tutti indirizzati a Sant’Onofrio, roccaforte storica del clan Bonavota e portano alla latitanza di un super ricercato: Pasquale Bonavota.
L’ex primula rossa e capo clan designato per discendenza dell’omonimo clan, infatti, è stato arrestato il 27 aprile del 2023 a Genova, poi è stato condannato a 28 anni di carcere, al termine del processo “Rinascita-Scott” celebrato nell’aula bunker di Lamezia Terme. Come ricostruito dagli inquirenti della Distrettuale antimafia di Torino, Pasquale Bonavota nel periodo della sua latitanza avrebbe «goduto del sostegno dei sodalizio piemontese attraverso le condotte di Domenico Ceravolo, Antonio Serratore, Rocco Costa e Francesco D’Onofrio, che hanno operato quantomeno d’intesa con Onofrio Garcea, storico capo dell’articolazione ‘ndranghetista di Genova, a sua volta collegata con il locale di Sant’Onofrio». Lo scrivono gli inquirenti nel fermo di indiziato di delitto emesso nei confronti di 6 soggetti.
In occasione del suo arresto avvenuto nel capoluogo ligure lo scorso anno, durante la perquisizione i Carabinieri ritrovano una copia della carta d’identità di Domenico Ceravolo. Le indagini, coordinate anche insieme alla Dda di Genova, avrebbero permesso quindi di dimostrare come Ceravolo, Serratore, D’Onofrio e Costa abbiano collaborato nel garantire tale protezione, e lo abbiano fatto in ragione della loro appartenenza alla ‘ndrangheta, ed in particolare all’articolazione di Carmagnola. Subito dopo l’arresto di Pasquale Bonavota la pg – come si legge nel fermo – registra una prima fase di fibrillazione tra gli indagati. C’è in particolare un ristoratore, in passato legato proprio a Bonavota, che saputa la notizia contatta Ceravolo e, allarmato, dice: «Passate però che è importante! Passate che è importante veramente!» e, infatti, l’incontro si terrà nel pomeriggio del 30 aprile 2023. C’è, poi, un altro importante particolare emerso subito dopo l’arresto del latitante: nel corso della perquisizione presso l’abitazione in cui si nascondeva Bonavota, «sono state rinvenute anche le fotocopie della carta d’identità e della tessera sanitaria di un soggetto la cui cugina era un’amica della compagna di Pasquale D’Onofrio» annotano gli inquirenti. Questo soggetto, secondo l’annotazione della pg, avrebbe affittato un’abitazione a Genova attraverso il marito di una locataria, la stessa che sarebbe stata contatta in più di un’occasione da Pasquale Bonavota, tant’è che nel suo telefono cellulare il contatto era stato salvato come “Sign. Affitti Centro”.
Nelle attività di supporto alla latitanza di Pasquale Bonavota sarebbe coinvolto anche Antonio Serratore. Come emerso dall’inchiesta e dagli atti della Dda di Genova, infatti, l’uomo «avrebbe ospitato, nel mese di novembre 2022, all’interno della propria abitazione di La Loggia, Vincenzo Bonavota, figlio di Nicola, prima che lo stesso si recasse a Genova ad incontrare lo zio latitante». Ma non solo: grazie agli approfondimenti resi possibili dall’analisi della copia forense dei contenuti dei devices sequestrati al latitante, è stato possibile accertare come «Serratore abbia finanziato la latitanza stessa» annotano gli inquirenti nel fermo.
Dall’analisi del Nokia in uso a Pasquale Bonavota «è emerso che quest’ultimo fosse in contatto con un soggetto che viveva a Torino, nei pressi di Moncalieri» registrato come “CAM” nella rubrica. I contatti avvenivano con messaggi – annotano gli inquirenti nel fermo – nei quali Pasquale Bonavota rivolgeva a “CAM” varie richieste tipo “olio buono”, “calze corte adulto rs 500 nere” “3 confezioni di Riopan” e citava «un certo “muratore” che si sarebbe recato a Genova ed al quale “CAM” avrebbe potuto consegnare tali beni» si legge ancora. Dunque, sempre secondo gli inquirenti, considerate le prove raccolte è effettivamente possibile stabilire chi sia “CAM”. «Non tanto e non solo perché, come segnala la Pg, l’acronimo riporta a “Compare Antonio Moncalieri”, e dunque a Serratore che si chiama Antonio e vive a La Loggia, comune limitrofo a Moncalieri quanto e soprattutto perché «la vicenda dimostra come sia stato lui ad aver inviato del denaro al latitante e ad aver ospitato un suo congiunto a La Loggia per poi metterlo in contatto con il latitante stesso», si legge ancora nel fermo.
Ma non è tutto. Il ruolo attivo da parte di Antonio Serratore quale «esponente del sodalizio carmagnolese nella gestione del latitante» sarebbe stato documentato «in modo inequivocabile», poiché avrebbe finanziato il latitante nel 2021. L’indagato, infatti, avrebbe «operato un trasferimento di denaro attraverso la compagnia “Ria Italia” per un importo di 600 euro in data 04/10/2021 a favore di un certo Francesco Lopreiato. A distanza di un mese, il 3/11/2021, si verificava un ulteriore trasferimento di denaro a favore del medesimo Lopreiato di importo pari a 640 euro» si legge ancora nel fermo. In merito alle due operazioni, gli inquirenti hanno poi acquisito i documenti d’identità dei soggetti coinvolti nelle transazioni, evidenziando che in entrambe le circostanze «il beneficiario Francesco Lopreiato si identificava in realtà in Pasquale Bonavota». (g.curcio@corrierecal.it)
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