MILANO L’interno di un furgone, quattro persone e una microscopia pronta a captare ogni parola pronunciata e ogni movimento. Tutti elementi che avrebbero permesso agli inquirenti della Distrettuale antimafia di Milano di riannodare i fili e poter addirittura stabilire una data: quella del primo vero incontro tra Andrea Beretta e Antonio Bellocco. È il pomeriggio del 16 novembre 2022 e il drammatico epilogo dello scorso 4 settembre, l’omicidio di Totò Bellocco proprio per mano di “Berro”, non era neanche lontanamente immaginabile. Il tutto è stato ricostruito dagli inquirenti della Distrettuale antimafia di Milano e confluito nell’ordinanza firmata dal gip del Tribunale del capoluogo lombardo, Domenico Santoro, che ha portato all’arresto di 19 persone, di cui 16 finiti in carcere e tre ai domiciliari.
In quell’occasione captata dagli inquirenti lombardi sarebbe emerso che, all’interno del Ford, oltre a Beretta erano presenti tre soggetti che si esprimevano con inflessione dialettale calabrese, tra cui proprio Bellocco e atri due soggetti non indagati. Il gruppo si era diretto a Pioltello ed è stato visto intrattenersi presso il negozio “We Are Milano” gestito dallo stesso Beretta. Questo, dunque, sarebbe stato il primo incontro tra Bellocco e Beretta «tant’è che i due si sarebbero anche scambiati le foto dei figli», annota il gip nell’ordinanza. Inoltre – come si legge – Beretta, rivendicando la sua leadership in seno alla tifoseria organizzata nerazzurra, «ha illustrato le prospettive di lavoro a Totò Bellocco, rappresentandogli il possibile impiego nei diversi settori legati allo stadio dai quali poter trarre ingenti profitti». Un business incentrato oltre che sulla rivendita dei biglietti, anche sulla gestione dei parcheggi e degli esercizi commerciali ambulanti. In buona sostanza, durante l’incontro, Bellocco e Beretta si pongono come la coppia che avrebbe dovuto governare la curva: «(…) con te al mio fianco… combiniamo un macello…» dirà proprio Bellocco a Beretta. Come ricostruito dagli inquirenti, al termine dell’incontro il gruppo si scambia il numero di cellulare, invitato proprio il calabrese a limitare quanto più possibile le comunicazioni. «A me sai che mi piace? Mi piace pure caricare…» «Picchio. Picchio e scasso! Hai capito come… io sono malato di queste cose mi piace spaccare la testa…».
«Mia mamma ha 25 anni di carcere fatto, 16 anni di 41bis! È ancora in galera. Eh… ha 74 anni…». A chiusura dell’incontro di quel pomeriggio, quasi come monito finale e giustificativo del suo impegno, Antonio Bellocco, dopo aver mostrato l’album di famiglia, «ricorda agli interlocutori il peso della sua appartenenza all’omonima cosca» scrive il gip, all’interno della quale aveva un assoluto ruolo di rilievo la madre, Angela Sparò, detenuta al carcere duro. Dopo l’incontro, così come ricostruito, Bellocco riparte in aereo per la Calabria, dopo aver raggiunto Milano nella stessa giornata. «È stato accertato che entrambi i biglietti aerei erano stati prenotati in due momenti differenti» annota il gip, «ma il numero lasciato era l’utenza di Marco Ferdico, altro capo ultrà della Curva Nord dell’Inter. Inoltre, dopo l’incontro del 16 novembre, la sua presenza a Milano «sarebbe diventata sempre più frequente».
Le diverse volte in cui il giovane rampollo della cosca di Rosarno si è recato a Milano, «avrebbe ricevuto supporto logistico da Marco e Gianfranco Ferdico, padre e figlio, e Andrea Beretta» prodigatisi per l’acquisto di biglietti aerei e l’individuazione di strutture ricettive dove alloggiare.
Nel piano ideato dal gruppo era previsto il definitivo trasferimento di Antonio Bellocco nella provincia di Milano. Per queste ragioni i due Beretta e Ferdico si sarebbero attivati per fargli ottenere un contratto di lavoro attraverso un’assunzione fittizia e stabilire il suo domicilio in provincia di Milano, con regolare contratto di affitto. Un progetto che subisce delle battute d’arresto «a causa delle vicende giudiziarie che hanno visto coinvolto Bellocco e la sua famiglia nel corso degli anni», annota il gip nell’ordinanza. Ma, a dicembre del 2022, il giovane rampollo sarebbe venuto a conoscenza di un’informativa dei Carabinieri che lo riguardava, «così temendo l’eventuale emissione di un provvedimento restrittivo nei suoi confronti» scrive ancora il gip nell’ordinanza. L’affermazione di Bellocco su una eventuale operazione a suo carico ha destato stupore perché nella notte tra il 12 e il 13 dicembre, i Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro, coordinati dalla Dda di Reggio Calabria, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 65 soggetti, appartenenti alla cosca Bellocco, tutti considerati responsabili di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, estorsioni, usura e danneggiamenti aggravati dalle finalità mafiose, riciclaggio e autoriciclaggio, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Blitz che, tra l’altro, non ha interessato Antonio Bellocco, senza così intaccare i piani per il trasferimento a Milano del rampollo del clan. (g.curcio@corrierecal.it)
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