COSENZA C’è un passaggio della sentenza di ieri della corte d’Assise del processo Bergamini presieduta da Paola Lucente, che ha condannato a 16 anni di reclusione Isabella Internò, passato quasi in secondo piano. Riguarda la figura di Roberto Internò, cugino dell’imputata nonché fratello di Dino Pippo. Quest’ultimo, nel corso di questi tre anni di processo, era risultato testimone e al tempo stesso indagato dalla procura di Castrovillari in un altro procedimento parallelo riguardante sempre la morte di Denis Bergamini, per omicidio volontario in concorso con ignoti. La sua posizione era stata successivamente archiviata.
Ieri, nel corso della lettura della sentenza, Paola Lucente ha disposto la trasmissione degli atti al pm di Castrovillari Luca Primicerio «affinché valuti la posizione di Roberto Internò in relazione all’art 575 del codice penale (omicidio).
L’uomo, nel maggio del 2023, era salito sul banco dei testimoni, ripercorrendo i momenti salienti della sera del 18 novembre del 1989, giorno in cui morì Bergamini a Roseto Capo Spulico. Nel suo racconto aveva parlato della telefonata di Catia (sorella di Isabella) a casa dei suoi genitori a Santa Chiara di Rende, evidenziando come tra i presenti ci fosse anche il fratello Dino Pippo. Dopo la chiamata di Catia, partì alla volta di Roseto Capo Spulico. «Mio zio Franco – aveva affermato Roberto Internò – mi ha chiesto di accompagnarli con la mia auto. In macchina eravamo io, lui, zia Cettina (Concetta Tenuta, madre di Isabella ndr) e Luigi D’Ambrosio. Sulla strada abbiamo trovato una fila di macchine, io non sono sceso perché certe cose mi fanno impressione. Quando è tornato, mio zio mi ha detto che Bergamini aveva l’intestino di fuori ed era adagiato sotto il camion. Abbiamo preso Isabella alla caserma di Roseto e siamo tornati a casa. Durante il viaggio lei diceva che Bergamini si era buttato a pesce sotto il camion e che le aveva regalato la macchina. Quando siamo partiti – aveva detto ancora Internò – non sapevo della morte di Bergamini. Arrivati a Cosenza Isabella voleva fermarsi a Castiglione per andare dai calciatori, ma io ero arrabbiato perché durante il viaggio la macchina aveva avuto un problema e l’ho accompagnata a casa sua. Dopo quella giornata io mia cugina l’ho vista solo al funerale di mio padre, non ne ho più voluto sapere nulla». Al teste era stata mostrata anche una foto del funerale di Bergamini e gli era stato chiesto di indicare i presenti davanti al feretro del calciatore. Tra questi figuravano anche il cugino Pietro Casciaro che, come emerso in una conversazione telefonica intercettata con il fratello Dino Pippo, fa finta di riconoscere. «Volevo tenerlo fuori dalla vicenda – ha sottolineato l’uomo –, è una brava persona. Io non andai al funerale. Dopo aver visto quella foto dissi a mio fratello “Tutti in prima fila eravate, come mai?” (riferendosi ai familiari di Isabella Internò, ndr)». L’uomo durante la sua deposizione si era scagliato anche contro Michele Padovano, affermando che gli inquirenti avrebbero dovuto chiedere a lui le ragioni della morte di Bergamini.
Sempre quel giorno in aula era stata ascoltata anche la moglie di Roberto Internò, Michelina Mazzuca. L’avvocato Anselmo aveva fatto ascoltare alcune intercettazioni ambientali del 2019 in cui emergono dialoghi a dir poco accesi tra Mazzuca e suo marito Roberto, a pochi giorni dalla seconda testimonianza della donna dopo quella resa nel 2017 alla procura di Castrovillari. In quelle circostanze Michelina Mazzuca non nasconde le sue perplessità sul racconto di Isabella Internò e sul suicidio di Bergamini: «L’orologio non si è rotto, il viso era pulito». E poi ancora: «va prima al cinema e poi si suicida?», a cui Roberto Internò replica sempre con rabbia: «Io non so niente, non mi importa niente. Non sono cose che ti riguardano». Sempre Roberto Internò in più occasioni rimprovera alla moglie di parlare troppo, «dobbiamo dire tutti le stesse cose», afferma, e arriva a minacciarla di morte e a lanciarle un posacenere sul ginocchio. «Mio marito – aveva detto poi Mazzuca in udienza – mi ha sempre chiesto di parlare di meno perché sa che certe parole a volte vengono interpretate male. Lui è diverso, lui non parla tanto. A noi di questa Isabella non ci frega proprio niente, non abbiamo rapporti. Roberto mi ha tirato il posacenere sul ginocchio perché parlo troppo».
La figura di Roberto Internò, anche se il suo nome non è stato fatto in modo esplicito (ma gli sono state mostrate alcune foto), è emersa anche nel corso della testimonianza di Tiziana Rota, moglie del calciatore Maurizio Lucchetti e in quegli anni amica intima di Isabella. Dodici giorni prima della morte di Bergamini (esattamente il 6 novembre 1989), Isabella Internò aveva incontrato Rota davanti a una pasticceria di Commenda. Il procuratore della Repubblica di Castrovillari D’Alessio, lo scorso 20 settembre in fase di requisitoria, ha ricordato le parole della moglie di Lucchetti durante la sua escussione. «Tizià l’ho perso, stavolta per sempre», avrebbe detto quel giorno Isabella Internò all’amica, la quale, in quella circostanza, avrebbe provato a tranquillizzarla dicendole «il mondo è pieno di uomini». Immediata, sempre secondo la testimonianza di Rota, la risposta di Internò: «No Tizià, è un uomo morto, se non torna con me lo faccio ammazzare. Lui mi ha disonorata, deve tornare da me perché io lo faccio ammazzare, è un uomo morto. Tu non puoi capire perché che sei del nord». Successivamente, sempre secondo il racconto di Rota, Internò le avrebbe chiesto di «chiudere la bocca» per paura che i cugini, presenti sul posto, potessero sentire: «Se racconto loro la verità, se sanno che Denis non è più con me, lo ammazzano».
Oltre a condannare in primo grado a 16 anni di reclusione Isabella Internò (escluse le circostanze aggravanti della crudeltà e dell’avere agito con mezzo venefico o insidioso, concesse le circostanze attenuanti generiche) e a trasferire gli atti al pm di Castrovillari per valutare la posizione di Roberto Internò, la corte d’Assise ha condannato l’imputata al pagamento delle spese processuali, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, nonché all’interdizione legale per la durata della pena. Isabella Internò è stata condannata anche «al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede, nonché alla rifusione delle spese dalle stesse sostenute, che si liquidano in complessive euro 11.059,00 per Denis Dalle Vacche; euro 11.059,00, per Zerbini Maria ed euro 21.010,00 per Donata Bergamini, Alice ed Andrea Dalle Vacche». Per la donna anche la condanna al «pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva nei confronti delle costituite parti civili nei seguenti termini: euro 100.000,00 per Maria Zerbini; euro 100.000,00 per Donata Bergamini; euro 25.000,00 per ciascuna delle residue parti civili».
La corte ha inoltre disposto la «trasmissione degli atti al pm in sede nei confronti di Trezzi Assunta, Tenuta Concetta, Internò Roberto, Internò Dino Pippo, Mazzuca Michelina, D’Ambrosio Luigi e Pisano Raffaele, come richiesto dal pm». Tra novanta giorni il deposito delle motivazioni della sentenza. (fra.vel.)
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