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supplemento d’indagine

La Calabria ha il primato per enti sciolti per infiltrazioni mafiose. Sull’efficacia della legge si è acceso il dibattito

Il Viminale pensa all’accesso ispettivo nei Comuni e alla «sospensione dei dipendenti coinvolti». L’opinione di Doris Lo Moro e Oreste Morcavallo

Pubblicato il: 03/10/2024 – 10:27
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La Calabria ha il primato per enti sciolti per infiltrazioni mafiose. Sull’efficacia della legge si è acceso il dibattito

LAMEZIA TERME In 33 anni, da quando è stata introdotta la legge, ci sono stati 387 scioglimenti per infiltrazioni mafiose, di cui 380 comuni e 7 aziende sanitarie. Ben 19 enti sono stati sciolti per ben tre volte, 56 per due volte. Tra questi l’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia, che solo pochi giorni fa ha ricevuto il secondo provvedimento per infiltrazioni mafiose in pochi anni. Numeri che hanno riaperto la questione sulla funzionalità o eccessiva rigidità della legge sullo scioglimento dei Comuni. È stato questo il tema della seconda puntata di Supplemento d’indagine, il format in onda il mercoledì alle 20:40 su L’Altro Corriere Tv, canale 75. Ospiti di Danilo Monteleone, l’ex sindaca di Lamezia Terme ed ex magistrato Doris Lo Moro e l’avvocato Oreste Morcavallo, esperto del tema che di recente ha pubblicato il libro “L’informazione interdittiva antimafia e lo scioglimento dei Comuni”, edito da Giuffrè.

I tre scioglimenti di Lamezia Terme

Tra i 19 enti sciolti tre volte per infiltrazioni mafiose c’è proprio Lamezia Terme, di cui è stata sindaca Doris Lo Moro, appena dopo il primo scioglimento. «Mi sono trovata in una situazione complicata, da poco c’era stata la morte dei due netturbini, trucidati senza nessuna colpa, poi quella del poliziotto Aversa e della moglie». Episodi che hanno colpito l’ex sindaca, anche per via di alcune situazioni personali: «Anche io sono stata familiare di vittima di violenza e questo mi ha reso molto sensibile sull’argomento». Dopo i violenti omicidi e il primo scioglimento, racconta Lo Moro, «la città era scossa ma aveva voglia di riscatto. Cosa che non ho visto dopo i due scioglimenti, quasi come ci fosse un’assuefazione. E su questo dovremmo chiederci il perché». Sull’efficacia della legge si è acceso, di recente, un dibattito. Diversi sindaci di Comuni sciolti, ma anche parlamentari ed esperti giuristi, hanno iniziato una battaglia per richiedere il cambiamento della legge.

Doris Lo Moro

La legge del 1991 e la modifica del 2009

«La Calabria ha il primato dei comuni sciolti» spiega l’avvocato Oreste Morcavallo, che nella sua carriera da amministrativista ha seguito numerosi ricorsi e casi di amministrazioni colpite dal provvedimento. «La prima stesura di questa legge era anche più restrittiva, bastavano “semplici” collegamenti tra l’amministrazione e la criminalità organizzata. Poi nel 2009 il legislatore si è reso conto che doveva intervenire, ha così introdotto, una modifica importante, gli aggettivi “concreti, univoci, rilevanti” alla parola “collegamenti”» racconta l’avvocato. È rimasto, però, il problema della discrezionalità dei prefetti di intervenire. «Se noi guardiamo le relazioni ministeriali e le commissioni d’accesso questi sono rimasti alla prima stesura». Alla rigidità delle leggi si aggiunge il fatto che, risponde Lo Moro, «cittadini e amministratori ormai guardano in maniera disillusa questa legge». Da essere riforme «emergenziali» rischiano di diventare elementi «strutturali». «Il problema di fondo – aggiunge l’ex magistrato – è che la politica non dà risposte. «Ci si dimentica che non c’è solo il diritto di elettorato attivo e passivo ma c’è anche il dovere di amministrare le città, di fare politica, di svolgere funzioni pubbliche con disciplina e onore. Un sindaco di fronte allo scioglimento dovrebbe prendere atto che è successo qualcosa di irreparabile dal punto di vista della disciplina e dell’onore, invece, succede che ci sono ricandidature e discorsi che si trascinano quasi che non fosse possibile trovare una soluzione diversa».

La necessità di soluzioni alternative

Di soluzioni alternative allo scioglimento totale ne parla da anni l’avvocato Morcavallo: «è necessario che vengano trovati rimedi intermedi, sanzioni alternative, moratorie che colpiscano un solo amministratore e non sul Comune con effetti devastanti». Anche perché «lo scioglimento non è una condanna penale o una sentenza penale, ma si entra nell’ipotesi prevista dalla legge Severino su incandidabilità, ineleggibilità e decadenza. Si tratta di elementi “concreti, univoci, rilevanti” che possono non sfociare o derivare da un procedimento penale». Per quanto riguarda le azienda sanitarie, si aggiunge il problema dello sperpero di denaro pubblico, come sottolinea Doris Lo Moro. «Nel momento in cui si scioglie un ente, si deve pensare anche a ripianare i debiti lasciati. Altrimenti se la spesa ricade sul cittadino di tratta di una doppia ingiustizia». L’ultima, per ordine di tempo, ad essere sciolta è stata l’Asp di Vibo: «Da quanto ho letto nelle cronache regionali sembra che qualche personale abbia fatto il bello e cattivo tempo. Siamo in una fase delicata, il fatto che ci sia stato un provvedimento del genere durante un commissariamento è una cosa gravissima».

Oreste Morcavallo

Il dibattito sulle interdittive antimafia

Tra le misura discusse e al centro dei dibattiti c’è anche l’interdittiva antimafia indirizzata alle imprese. «In un convegno recente il presidente del Tar di Napoli ha detto che l’interdittiva è l’ergastolo dell’imprenditore» continua Morcavallo. «Significa la fine economia dell’impresa. È come lo scioglimento dei Comuni, ma i presupposti sono ancora più labili perché è regolata dal codice antimafia che assegna ai prefetti una discrezionalità amplissima». Non servono prove effettive, ma è sufficiente una «presunzione probabilista che l’impresa nel futuro possa essere influenzata da elementi conniventi alla criminalità organizzata. Una soglia di valutazione addirittura inferiore alla soglia penalistica». Uno strumento che «entra in contraddizione con altri principi» aggiunge Doris Lo Moro. La ricaduta poi è su chi lavora con l’imprenditore in odor di mafia. «Una legge che andrebbe usata con molta prudenza». «Naturalmente ci sono gli effetti perversi, ma le interdittive nascono per tutelare l’economia sana. La nuova legge può portare buoni risultati, perché bisogna avere comunque prove certe per dare il provvedimento».

Il riscatto della Calabria

Tra scioglimenti e interdittive, il “riscatto” della Calabria passa soprattutto dalla buona politica. «Siamo abituati a parlare delle cose negative, ma l’Italia, come la nostra regione, è fatta di lavoratori e persone perbene. Parliamo dell’esercito di giovani che si lascia influenzare dalla criminalità, ma la maggioranza sono i giovani che vanno via o restano per lavorare con dignità. Qui c’è una vitalità enorme e significa che la malapolitica non ha distrutto tutto. Certo, se Lamezia ha avuto tre scioglimenti qualcosa non ha funzionato. Ma Lamezia- conclude Lo Moro – come la Calabria, sono ancora capaci di risvegliarsi, riscattarsi e andare avanti». (redazione@corrierecal.it)

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