Alcuni storici, parecchio criticati, sostengono che Luigi XIV, detto anche “Re Sole”, sia stato il più grande sovrano che la Francia abbia mai avuto. Senza entrare in giudizi di merito, c’è da dire che Luigi di Borbone della dinastia dei Capetingi, sia stato senz’altro il monarca che ha regnato più a lungo, e con più prestigio internazionale, nel Paese d’Oltralpe.
Nato nel 1638, la sua formale incoronazione ufficiale ebbe luogo a Reims nel 1654 e dal 1661, alla morte del Cardinal Mazzarino, rinunciò a nominare un nuovo Primo ministro e decise di governare in prima persona, costituendo dei Consigli consultivi senza alcun potere reale e avvalendosi per le faccende importanti della collaborazione subordinata di due grandi personalità, Jean-Baptiste Colbert per gli affari economici e finanziari e Michel Le Tellier per quelli militari.
L’oggettivo accentramento del potere nelle sue mani ne fece il monarca assoluto per eccellenza, al cui modello di governo si ispirarono, o tentarono di farlo, numerosi sovrani d’Europa, sia suoi contemporanei che per poco meno dei successivi due secoli.
Non si può dire che il suo lunghissimo regno, durato dal 1661 al 1715, sia stato per la Francia un periodo di pace e prosperità. Infatti Luigi fece quattro guerre (di Devoluzione, d’Olanda, della Lega d’Augsburg e di Successione spagnola), guidando il Paese in continui conflitti, che imposero costantemente pesanti tasse alla popolazione, nobili ed ecclesiastici esclusi,
Anche la sontuosissima Reggia di Versailles che Re Sole volle far edificare, la cui costruzione iniziò a partire dal 1664 e durò circa cinquant’anni, drenando enormi risorse, rappresentò un simbolo potentissimo del potere assoluto della monarchia francese.
Essa era più di una semplice residenza reale, ma costituiva un centro in cui si esercitava l’assolutismo di Luigi XIV, che se ne servì tanto per obbligare ad una residenza forzata per una parte dell’anno la nobiltà più riottosa, in modo da tenerla sotto controllo, che un luogo in cui esibire il suo mecenatismo, dando ospitalità a pittori, musici, scultori ed artisti in genere.
Ma, proprio quando i lavori della reggia era iniziata da qualche anno, nella notte del 19 giugno del 1667, ebbe luogo un episodio che cambiò radicalmente le abitudini del giovane re. Infatti, mentre i raggi lunari filtravano tra le tende di broccato, Luigi si svegliò di botto tutto sudato e dando un poderoso calcio al valletto che dormiva ai piedi del suo letto, gli ordinò di andare a chiamare subito Francois Vatel, il cuoco più celebre di Versailles e di fargli portare con sé carta, penna e inchiostro.
Ma cos’era accaduto? Re sole aveva avuto un terribile incubo, nel quale si vedeva seduto a capotavola di un desco coperto da un’elegante tovaglia d’organza e con innumerevoli piatti vuoti di raffinata porcellana di Sèvres, delicati calici di cristallo di Boemia e preziose posate in oro. Ma di cibo non si vedeva neanche una nobile ombra.
All’improvviso entrò nella stanza buia, illuminata solo da un modesto candeliere di bronzo, con sei dozzinali candele di sego, che per il puzzo e il fumo emanato stonavano visibilmente con tutto il resto, una figura che a Luigi sembrò luciferina, interamente vestita di porpora e con un mantello di pari colore, che così si rivolse al re: “Maestà, oggi ho l’onore di presentare al suo nobilissimo gusto, i migliori piatti della nostra cucina, con l’augurio che sua Signoria apprezzi il lavoro e la dedizione degli impareggiabili cuochi che ci vantiamo di avere al nostro servizio!”.
Detto questo, Luigi vide uscire dietro il mantello, un nano completamente vestito di nero, recante in mano un vassoio in cui si intuiva esserci del cibo. “Questo è il primo piatto: – disse lo sconosciuto in porpora – violette provenienti dal Ducato di Parma glassate con miele delle Indie olandesi”. E senza perder tempo il nano depose davanti a Re Sole una scodellina con tre microscopici fiorellini, con una copertura color ocra e dal gusto decisamente acidulo. “E ora passiamo alle minestre: – continuò l’uomo – tutte squisitezze cucinate apposta per sua Maestà”. Anche questa volta il nano fu rapidissimo, presentando di seguito a Re Sole tre piatti contenenti rispettivamente: cinque centilitri di brodo di datteri nordafricani in cui galleggiava un petto di colibrì delle Nuovo Mondo, sei centilitri e mezzo di zuppa di fegato di foca danese e nove centilitri di Potage di sedano della Catalogna. Prima che il nano continuasse a servire l’annunciato centimetro quadrato di “coscia di gnu lessata nel latte di renna svedese”, Luigi si svegliò di colpo dall’incubo e tutto bagnato e tremante gli parve di poter giungere credibilmente a due importantissime conclusioni.
Primo: quello che aveva visto era Belzebù in persona, ed il suo demoniaco assistente Gnocco, e il luogo dove era seduto era una stanza dell’inferno dei Monarchi, Ade raffinato ma nonostante questo decisamente lugubre, del tutto diverso da quello della plebe, con fiamme e diavoli malvagi in cui finiva il popolino, che comprendeva anche nobili traditori ed ingordi alti prelati, nonché tutti gli altri viventi non discendenti da dinastie secolari.
Secondo: quella che aveva sperimentato era la prova che i sovrani di alto lignaggio per diritto ereditario non morivano solo una volta, ma subivano ripetuti decessi ogni poche settimane, per fame indotta dalle microscopiche porzioni di cibo a loro destinate. Per poi rinascere e crepare ancora per denutrizione, con le quantità di raffinate ma micidiali pietanze riservate ai monarchi.
Così quando arrivò nella sua camera da letto il cuoco Francois Vatel, Luigi XIV , dopo aver dato un ulteriore calcio al valletto per placare l’agitazione, gli disse: “Informa il maitre che da domani si cambia! Scrivi che il più importante sovrano del mondo è degno solo di ricevere pasti suntuosissimi e di varietà, quantità, originalità e ricchezza pari solo al suo alto lignaggio e fai preparare al meglio tutto quello che ordino!”.
Così dal giorno successivo il pranzo del monarca assoluto previde: come Antipasti: zuppa di tartaruga, molto apprezzata all’epoca, pasticcio di carne, un timballo ricco e saporito e ostriche al verde, servite con una salsa a base di erbe aromatiche, I Piatti principali erano: Pollo alla Financière con una salsa ricca e cremosa, Filetto di cervo in salmì accompagnato da un’ulteriore salsa a base di vino rosso e Percebes alla provenzale, una ricetta di frutti di mare servita con un intingolo di aglio e prezzemolo. Inoltre, casomai Luigi ne avesse voglia, non mancavano cigni, fagiani, anatre, pernici, lepri, oche, vitello e manzo, cucinati nei modi più raffinati e disparati. I Contorni prevedevano: Insalata di finocchi e arance, un contrasto fresco e agrumato, Purè di patate al burro, un classico intramontabile e Asparagi bianchi con salsa olandese.
I Formaggi comprendevanoun assortimento di Brie, Camembert, Roquefort con pane fresco e frutta secca. Anche i Dessert erano ricchi ed enumeravano: Torte di frutta, con pesche, pere e frutti di bosco, Marzapane, a base si mandorle, che fu anche utilizzato per creare sculture e decorazioni, Mousse preparate con uova, zucchero ed aromatizzate con vaniglia e cioccolato e Macaron, dolci tipici francesi’. La Frutta era un tripudio di ananas, banane, arance amare, limoni, pompelmi mele pere, pesche,fichi, uva, ciliegie,uva passa, fichi secchi, cedro e arance candite.
Anche gli ulteriori pranzi quotidiani, le cene o le merende pomeridiane di Re Sole, il cui piatto più gradito era una dozzina di uova sode, di cui il monarca era goloso, si presentavano altrettanto ricercate, abbondanti ed appetitose, in coerenza con la strategia mentale che la notte del 19 giugno 1667, dopo l’incontro in sogno con Belzebù e Gnocco, il monarca aveva elaborato.
“Se all’inferno dei sovrani intendono vedermi morire di fame dopo pochi giorni , per poi farmi rinascere e destinarmi e crepare ancora per denutrizione, e così all’infinito, la loro delusione sarà più che memorabile”.
“Io, per gli anni che mi restano, mangerò così tanto cibo, vario, ricco, sontuoso e raro, cucinato con sapienza, fantasia, originalità ed attenzione dai migliori cuochi di Francia e d’Europa, in modo che quando tirerò le cuoia e finirò all’inferno per tutti i miei regali peccatucci, sarò così sazio che qualunque tipo di cibo, anche in infinitesime quantità, mi farà specie e potrò così sopravvivere all’inferno senza nutrirmi 100, 300 o forse anche 500 anni, tanto da far rodere il fegato satanico che si ritrovano sia al crudele Belzebù che al malefico Gnocco”. Nel mettere in atto il suo piano Re Sole doveva però considerare ancora due cose: Primo, i crudeli demoni avevano tempo da perdere a iosa. e per loro due settimane o tre anni non faceva differenza. Ma se anziché per anni lui sopravvivesse all’inferno per secoli, quale senso di rabbia e impotenza si augurava avrebbe fatto subire ai malvagi satanassi?
Secondo, come gli spiegarono i medici di corte, “Qualsiasi organismo umano, anche quello della sua eccellentissima Maestà, non può sopportare di nutrirsi di una così enorme e continua quantità di cibo, senza a lungo andare non risentire effetti dannosi e rischiosissimi per la salute”.
-Alt! – li interruppe immediatamente il sovrano – Questo discorso non mi garba affatto! Siete voi i medici, quindi, se non volete finire sulla forca finché le orbite dei vostri occhi non si riempiranno di vermi, dovrete trovare una soluzione affinché io possa mangiare a piacimento senza riportare nocumento alcuno per la mia salute”.
“Da ora vi do 24 ore di tempo per consultarvi e trovare un rimedio, altrimenti anziché sulla forca, sto meditando di farvi squartare da quattro cavalli e dare in pasto le vostre interiora ai miei cani da caccia!”.
Cosi, terrorizzati dalle minacce di Re Sole, che senz’altro avrebbe messo in atto, i malcapitati si riunirono a consulto esaminando testi medici francesi, britannici, greci, latini, e addirittura traduzioni islamiche, e dopo 14 ore di estenuanti riunioni, rivolsero una preghiera corale ad Ippocrate e si recarono dal sovrano con quella che si auguravano fosse la soluzione al nobile quesito.
“Maestà, – esordì Gui-Crescent Fagon, il più influente medico di corte – io e i miei colleghi abbiamo studiato e dibattuto al lungo il problema propostoci da Sua Signoria e, consultando i più dotti scritti sapienziali esistenti, siamo giunti alla conclusione che la soluzione più appropriata sarebbe quella di far uso sistematico di clisteri.
Questa pratica è consigliata dai più dotti esperti in materia, a cominciare da Galeno, affinché ripuliscano l’intestino dando modo a ciò che è depositato nello stomaco di giungere senza ostacoli più rapidamente nelle visceri, che andranno poi trattate con clisteri ulteriori e così di seguito.
Fu così, che convintosi della soluzione prospettata, il Re di Francia si convinse a sottoporsi a tale terapia, tra l’altro non insolita ai suoi tempi, ed effettivamente gli sembrò di ottenere dei risultati, defecando spessissimo ed avendo minore gonfiore allo stomaco.
Contento dei risultati, Luigi XIV continuò a mangiare le squisitezze preparate in varietà e quantità notevolissime dai suoi cuochi, apparentemente senza saziarsi mai. E la leggenda popolare vuole che nei suoi 72 anni e 110 giorni di vita si sia sottoposto a più di 5.000 clisteri.
In realtà furono molti di meno, sebbene non sia possibile quantificarli, ma una cosa è certa: Re sole fu convinto fino alla fine che Belzebù e Gnocco presi da violenti attacchi di bile, non l’avrebbero avuta vinta e data la sazietà che aveva contraddistinto decenni e decenni delle sue giornate, questa gli avrebbe permesso di sopravvivere secoli alle torture micro gastronomiche dei demoni, fino a renderlo anche nell’inferno dei monarchi una leggenda di Assolutismo Immortale, in parallelo a come in vita era stato in Francia e nell’intera Europa un esempio di Assolutismo politico ed accentratore.
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