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La Milonga del Fútbol, il viaggio romantico e albiceleste di Buffa tra calcio, poesia e storia

Sabato al Politeama lo spettacolo per il Festival d’Autunno. Al Corriere della Calabria, l’avvocato e giornalista racconta e si racconta

Pubblicato il: 24/10/2024 – 7:48
di Fabio Benincasa
La Milonga del Fútbol, il viaggio romantico e albiceleste di Buffa tra calcio, poesia e storia

CATANZARO Il 26 ottobre 2024, al Teatro Politeama di Catanzaro, Federico Buffa porterà in scena La Milonga del Fútbol. Lo spettacolo inserito nel cartellone del Festival d’Autunno, intreccia calcio, poesia e storia. Il celebre giornalista e storyteller guiderà il pubblico in un viaggio albiceleste attraverso le vite di tre leggende del calcio: Renato Cesarini, Omar Sivori, Diego Armando Maradona.

Buffa si racconta…

«Ti troverai bene in questo spettacolo». Qualche chiacchiera prima di passare alle domande, quelle di routine: Federico Buffa “si racconta” al Corriere della Calabria, narrando storie di un fùtbol ancora romantico, capace di resistere ai dollari americani, alle follie arabe, al “business is business”. Questa nuova concezione del calcio, che da sport sta diventando sempre più entertainment, non piacerebbe a Gianni Brera e neanche a Gianni Clerici e non piace a Federico Buffa.

Federico Buffa

«Stanno rubando il calcio ai poveri»

Per fortuna c’è l’Argentina. Ma perché il calcio in Argentina diventa rifugio sicuro dei tifosi nostalgici e disincantati? «Il valore sociale che ha il calcio nel mondo sudamericano, in Argentina in particolare, non è neanche vagamente paragonabile al nostro. Il “Loco” Bielsa recentemente ha avuto un’uscita delle sue, ha detto “stanno rubando il calcio ai poveri” ed è sacrosanto. E’ una battaglia che perderà ovviamente da Don Chisciotte qual è, ma è così. Leggevo che i biglietti al terzo anello della partita Milan-Juventus, terzo anello vuol dire che sei molto lontano dal campo, costano 88 euro. Ora, 88 euro significa che stai veramente rubando il calcio ai poveri, stai creando un sistema come fosse l’Nba, ma l’Nba è basata su un principio totalmente diverso. Insieme allo sport c’è lo spettacolo. Il calcio dovrebbe poter garantire che ci siano dei posti ancora popolari».

Come si fa?

«Metti una tribuna centrale a 400 euro, ma là sopra devono essere dei posti che stiano sotto i 50 euro. È esattamente quello che dice il “Loco” Bielsa».

E in Argentina?

«Questo problema è minoritario. Gli stadi non sono contemporanei come quelli in Europa, non parliamo del Nord America, sono stadi vetusti, pieni di storia. Adesso ne fanno uno nuovo, ed è una meravigliosa storia».

Raccontala…

«E’ questa la risposta alla tua bella domanda. Il San Lorenzo ha dovuto cedere il suo terreno dello stadio di Boedo su cui è stato edificato uno supermercato francese, il Carrefour. I vecchi tifosi del San Lorenzo andavano a rifare i gol storici in quel campo, avendo identificato vicino alle casse le porte. Quando le cassiere vedevano arrivare le masse dicevano “ma cosa fanno questi?”. Stavano rifacendo il gol del ’69 e qualcuno sussurra “stanno dieci minuti, poi vanno via”.

E poi cosa è successo?

«Una sottoscrizione popolare mondiale, dove sono sicuro che, magari non dichiaratamente, ma anche Papa Bergoglio, super tifoso del San Lorenzo, abbia partecipato. Certamente i soldi li ha messi Viggo Mortensen, che in un film è riuscito anche a mettere l’adesivo di San Lorenzo nel pulmino che guidava».

Il romanticismo ha battuto il business?

«Si, Carrefour ha accettato di ridurre le dimensioni del supermercato, che è quello che vende di più in Argentina, per far di nuovo spazio allo stadio. Adesso, dimmi se in Italia si potrebbe solo pensare a questa cosa. In Italia, invece, si vuole buttare giù San Siro per fare uno stadio con il centro commerciale». Anche in Calabria, qualche club ha pensato bene di aumentare il costo del biglietto per assistere alle gare di campionato in curva. La conseguenza diretta e inevitabile è la fotografia di un impianto deserto. «L’unico messaggio che puoi mandare è quello. Non ci vai».

Federico Buffa sul palco

Torniamo allo spettacolo, perché la Milonga?

«La milonga non va intesa come genere musicale, ma come luogo. Io volevo un posto dove delle persone, insieme a me c’è un pianista, la cantante e il narratore che sono io, si incontrano e parlano di tante cose. I primi 20 minuti sono sull’immigrazione italiana, mi piace raccontare come andava per gli italiani, perché all’inizio del ‘900 a Buenos Aires ci sono milioni di abitanti e un terzo sono italiani, che non vengono chiamati “Tanos” che è il diminutivo di napoletano. L’Italia è proprio in mezzo all’Argentina».

Tornando al fùtbol, filo conduttore dello spettacolo, se penso a Redondo, Veron, Maradona, Caniggia, Bielsa, El Trinche Carlovich sono un cronico nostalgico o un malinconico realista?

«Tutte e due le cose. Tu ed io siamo malati di calcio romantico perché l’abbiamo visto. Però è anche vero che il calcio italiano fra 7-8 anni sarà esclusivamente nelle mani dei fondi americani e non sono qui per il calcio, ma per il business. Vogliono guadagnare».

Pensando alla Calabria, ci sono almeno due calciatori che meriterebbero di essere raccontati: Marulla e Palanca

«Assolutamente si, io Palanca lo trovo da tutte le parti, perché ogni volta che superi la provincia di Catanzaro, ma già a Lamezia Terme ti ricordano il gol da calcio d’angolo che non si chiama “gol olimpico” ma “alla Palanca”. Credo che Massimo Mauro sia stato un gran giocatore, ma a Catanzaro sembra che sia andato solo Palanca. E’ grandioso, meraviglioso, un personaggio d’altri tempi».

Sei pronto per lo spettacolo di sabato?

«Non vedo l’ora. Faccio un riferimento alle famiglie italiane, come i Cambiasso o i Zanetti. Quando si avventurano in queste terre argentine sterminate che confinano col vento, sono sorpresi, vengono da un paesaggio collinare e lì invece l’orizzonte è molto più in alto e quindi nostalgicamente piantano gli alberi dal mondo dal quale provengono, quindi i Batistuta (che sono dei friulani) piantano il larice, i Milito che sono calabresi piantano la palma. E’ veramente uno spettacolo che coinvolge non solo il ‘900 argentino, ma anche il ‘900 italiano». (f.benincasa@corrierecal.it)

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